Le due mogli di Adamo. Eva e Lilith: modelli di donna a confronto

Perché ridi? Certo che non ci credo, ma queste storie mi piace raccontarle, mi piaceva quando le raccontavano a me, e mi dispiacerebbe se andassero perdute. Del resto, non ti garantisco di non averci aggiunto qualcosa anch’io: e forse tutti quelli che le raccontano ci aggiungono qualche cosa, e le storie nascono cosi.
(Lilit e altri racconti, Primo Levi)

Inizierò da questa citazione di Primo Levi per parlare di uno dei miti più antichi della storia occidentale: il mito della creazione. Tutti noi, credenti e non, siamo cresciuti con un bagaglio di immagini tratte dai testi sacri cristiani. Che ci piaccia o no, il testo del Genesi, con la narrazione della creazione della donna da una costola dell’uomo ha per secoli condizionato il modo di percepire il rapporto tra i generi. Il mito che voglio introdurre si colloca proprio tra il racconto della nascita dell’uomo e della nascita della donna, che come sappiamo è avvenuta in modo differente.

Michelangelo, Peccato originale e cacciata dal Paradiso

Michelangelo, Peccato originale e cacciata dal Paradiso

Per millenni il racconto biblico delle origini ha incanalato su i suoi binari tutto ciò che concerne i rapporti tra uomo e donna e le identità di genere, ha permesso di giustificare e rendere necessarie le gerarchie tra maschile e femminile, imprimendo a fondo una forma mentis che rimane indiscussa per qualche millennio.
Fino al XVIII secolo, nessuno aveva mai avanzato il dubbio che l’antico testamento fosse stato scritto da mani diverse e durante un lungo arco di tempo, anzi, la tradizione più ortodossa ritiene che esso sia stato scritto interamente da Mosè circa 1500 anni prima di Cristo. Il primo a formulare dei dubbi a riguardo fu Baruch Spinoza, nel 1670, accendendo la miccia di quella che oggi viene definita come Ipotesi documentaria.
Per fare un po’ il quadro della situazione bisogna ricordare che il testo della Genesi è il primo libro della Torah ebraica e della Bibbia cristiana, è suddiviso in 50 capitoli, di cui i primi 11 narrano la preistoria biblica, ovvero la creazione, il peccato originale e il diluvio universale. I primi due in particolare narrano della creazione del mondo e dell’uomo, con una versione diversa in ognuno dei due capitoli.
Per intenderci, il primo libro narra della creazione di uomo e donna a immagine di Dio:

E Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”. Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.

Nel secondo capitolo la storia della creazione però si ripete nella versione che più conosciamo, quella di un Adamo creato da solo, troppo solo, al punto che Dio se ne rattrista e vuole dargli una compagna: «Poi il Signore Dio disse: “Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile”. Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo».

Sembra quasi una bestemmia la scena in cui dio fa sfilare tutti gli animali davanti ad Adamo sperando che questi peschi da quel mucchio una compagna idonea, eppure è quello che descrive il secondo libro del Genesi.
Il creatore, vista l’insoddisfazione dell’uomo, quasi che Adamo capisse meglio di Dio che gli altri esseri erano profondamente diversi da lui, fa calare sulla sua creatura un profondo sonno e gli sottrae una costola. Da qui creò la donna: Eva, femmina dell’uomo. Nasce così, da un furto, l’altra metà del genere umano, da una rapina perpetrata nel torpore del sogno.
Nella donna l’uomo riconosce la sua specie:

«Questa volta essa
è carne dalla mia carne
e osso dalle mie ossa.
La si chiamerà donna
perché dall’uomo è stata tolta».

È qui importante sottolineare la presenza di un aggettivo dimostrativo ad apertura della frase messa in bocca ad Adamo. «Questa volta» è in contrapposizione a un altro evento? Vi è già stata una volta precedente, o l’uomo si riferisce semplicemente al tentativo di Dio di cercargli una compagna tra gli animali?
Come è possibile che nel primo libro si parla di una creazione di «maschio e femmina» a immagine e somiglianza di Dio e plasmati nello stesso istante?
A questi interrogativi le interpretazioni bibliche dell’ebraismo antico hanno dato risposta con un altra storia: quella di una donna creata prima di Eva.
In queste due versioni contraddittorie della creazione affonda le radici un mito oggi poco conosciuto, quello della prima moglie di Adamo, Lilith, creata come lui a immagine e somiglianza di Dio.

Questa figura risale ai miti e le leggende antiche della Mesopotamia, che molti studiosi fanno risalire addirittura al 3000 a. C, e appare come un insieme di demoni legati al vento e alla tempesta. A differenza delle popolazioni a cui erano assoggettati, gli Ebrei adottarono una religione monoteista e la stretta convivenza con le civiltà assire e Babilonesi fece si che alcuni elementi della loro religione fossero accolti anche nei testi ebraici. Probabilmente assimilata all’interno della religiosità ebraica intorno al 700 a. C., la figura di Lilith si mostrò funzionale a colmare il vuoto letterario tra il primo e il secondo libro del Genesi.
Secondo i tradizionali commenti alla Torah ebraica Dio diede ad Adamo una prima compagna, ed entrambi vissero nel giardino dell’Eden finché non si scontrarono a causa del rifiuto della donna di stare sottomessa all’uomo. A seguito del litigio Lilith fugge dall’Eden e si rifugia tra i demoni, ma Dio manda una schiera di angeli a cercarla e a intimarle di tornare indietro. Lilith rifiutò, determinata a non tornare.
Ribellatasi a Dio, ella si stacca dalle origini, prende consapevolezza di sé e sceglie di vivere la propria vita.
Le fonti ebraiche che parlano di lei sono numerose, spesso viene descritta come una donna di una bellezza ammaliante, ma terrificante, con lunghi capelli rossi o blu, con coda di serpente o con ali di uccello. Insomma, nei secoli il mito si è arricchito di ogni sorta di fantasia e dettagli, invadendo spesso anche il mondo dell’arte. Numerose sono le figure di riferimento con caratteristiche simili: le Arpie, le Sirene, Echidna e la sua stirpe (Sfinge, Medusa, Scilla), Idra, le Strigi, le Nereidi. Nelle tradizioni europee ed arabe troviamo invece Melusina, Oumm es Sibyan, Lorelei. Alcuni azzardano ad accostare la figura di Lilith a quella del vampiro e del lupo mannaro, ma queste al momento possono risultare solo vane speculazioni.

Lady Lilith,Dante Gabriele Rossetti | Lilith, John Collier

Lady Lilith,Dante Gabriele Rossetti | Lilith, John Collier

Tra i tanti pittori affascinati dal mito demoniaco di Lilith non si possono non citare John Collier e Dante Gabriele Rossetti, così come viene spontaneo pensare a testi poetici che ne parlano esplicitamente, come Il ritorno di Lilith di Joumana Haddad.
Trasformata dalla mitologia ebraica in un furioso demone che tormenta le notti degli uomini, Lilith raccoglie in sé tutti i tratti oscuri e distruttivi che sembrano raccogliere la testimonianza di un’antica paura, ovvero quella del sovvertimento degli schemi tradizionalmente imposti. Lilith rappresenta l’archetipo della donna riluttante alla sottomissione e si carica nel tempo di tutti gli aspetti negativi della femminilità presenti nell’immaginario popolare: adulterio, stregoneria e lussuria.  Tra le famiglie ebree ortodosse esiste ancora l’usanza di appendere degli amuleti alle culle dei bambini maschi per proteggerli da questo demone, che potrebbe ucciderli negli otto giorni che intercorrono tra la nascita e la circoncisione.
Un’interpretazione di tipo antropologico tende a mostrare come Lilith e altre figure femminili legate alla divinità siano state demonizzate dalle religioni di impianto maschile, probabilmente come risposta alla necessità di sgomberare il campo dai residui di preistorici culti di tipo matriarcale e femminili. Queste teorie non si basano però su fonti storiche o archeologiche, ma su interpretazioni di stampo psicoanalitico, promulgate tra gli altri anche da Carl G. Jung, che non si riferiscono a un’entità realmente esistente nello spazio e nel tempo, ma a un’immagine interiore che agisce sulla psiche umana, a un archetipo.

Anche la letteratura non strettamente religiosa ha subito il fascino di questo mito e lo ha fatto proprio accentuandone alcuni caratteri, come la sensualità e la pericolosità, soprattutto nella letteratura dell’età Romantica.
La Lilith del Faust di Goethe corrisponde in pieno a questo paradigma:

FAUST: Ma quella chi è?
MEFISTOFELE: Quella è Lilith
FAUST: Chi?
MEFISTOFELE: La prima moglie di Adamo,
Sta in guardia dai suoi bei capelli
Da quello splendore che solo la veste.
Fai che abbia avvinto un giovane con quelli,
E ce ne vuole prima che lo lasci1

La manifestazione letteraria più interessante in Italia è quella che abbiamo con Primo Levi, in Lilit e altri racconti, anch’esso ambientato in un campo di concentramento nazista. Nel racconto in questione è l’ebreo “Tischler” a parlare di Lilith e a metterne a conoscenza Primo Levi: «Se tu avessi letto bene la Bibbia, ricorderesti che la faccenda della creazione della donna è raccontata due volte, in due modi diversi: ma già, a voialtri vi insegnano un po’ di ebraico a tredici anni, e poi finito… Si, è raccontata due volte, ma la seconda non è che il commento della prima», e poi più avanti:

«nel primo racconto sta solo scritto “Dio li creò maschio e femmina”: vuoi dire che li ha creati uguali, con la stessa polvere. Invece, nella pagina dopo, si racconta che Dio forma Adamo, poi pensa che non è bene che l’uomo sia solo, gli toglie una costola e con la costola fabbrica una donna… c’è chi crede che non solo le due storie, ma anche le due donne siano diverse, e che la prima non fosse Eva, la costola d’uomo, ma fosse invece Lilit. Ora, la storia di Eva è scritta, e la sanno tutti; la storia di Lilit invece si racconta soltanto.
La prima storia è che il Signore non solo li fece uguali, ma con l’argilla fece una sola forma, anzi un Golem, una forma senza forma. Era una figura con due schiene, cioè l’uomo e la donna già congiunti; poi li separò con un taglio, ma erano smaniosi di ricongiungersi, e subito Adamo volle che Lilit si coricasse in terra. Lilit non volle saperne: perché io di sotto? non siamo forse uguali, due metà della stessa pasta? Adamo cercò di costringerla, ma erano uguali anche di forze e non riuscì, e allora chiese aiuto a Dio: era maschio anche lui, e gli avrebbe dato ragione. Infatti gli diede ragione, ma Lilit si ribellò: o diritti uguali, o niente; e siccome i due maschi insistevano, bestemmiò il nome del Signore, diventò una diavolessa, parìi in volo come una freccia, e andò a stabilirsi in fondo al mare. C’è anzi chi pretende di saperne di più, e racconta che Lilit abita precisamente nel Mar Rosso, ma tutte le notti si leva in volo, gira per il mondo, fruscia contro i vetri delle case dove ci sono dei bambini appena nati e cerca di soffocarli. Bisogna stare attenti; se lei entra, la si acchiappa sotto una scodella capovolta, e non può più fare danno1».

primo levi

Fino a un secolo e mezzo fa i due modelli di donna dominanti erano quello della moglie e della cortigiana, i quali ripropongono la contrapposizione dei profili tradizionalmente attribuiti ad Eva e Lilith. La figura biblica di Eva si identifica con quella di madre e di donna che vive per la coppia, con l’ideale della donna come “angelo del focolare”, in voga fino all’Ottocento. Il suo sesso serve per procreare e per dare soddisfazione all’uomo.
Adamo non volle una compagna alla pari, ma una creatura sottomessa, a metà tra gli animali e se stesso, che era sovrano di ogni bestia che pascolava nell’Eden e tale voleva restare. Al di la del mito, al di la della tradizione, la storia di Lilith è soprattutto la storia della metamorfosi di un mito arcaico: donna, ma non madre, le vengono preferite per millenni le figure di Eva e Maria, spose sottomesse e ubbidienti.

Il mito di Lilith finisce per condensare in sé molte delle negazioni patriarcali della figura femminile, in quanto non rispetta lo stereotipo di “produttrice di figli” spogliata di ogni aspetto di autonomia e sensualità.

Con l’avvio dei processi di emancipazione, la donna si spoglia dell’abito che le era stato cucito dalla tradizione religiosa. In parallelo alla crescente emancipazione femminile nel mondo occidentale, la figura di Lilith diventa il simbolo del femminile che non si assoggetta al potere maschile, prima femminista della storia (mitologica).

 

1J. W. Gothe, Faust, Milano: Mondadori, 1982.

1P. Levi, Tutti i racconti, Torino: Einaudi, 2005.

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