Juana Muller e il circolo delle scultrici

Un circolo nato attorno ad un luogo speciale, Parigi roteando intorno a una grande artista di origini cilene, Juana Muller.

Otto donne per la precisione, un giorno arrivarono a Parigi. Tutte nate lontano dalle capitale francese, in Russia, in America latina, in Bulgaria e in Germania.
Helen Phillips, Alicia Penalba, Juana Muller, Marta Colvin, Véra Pagava, Elvire Jan e Charlotte Henschel, Irène Zack. Tutte condividevano un sogno: diventare artiste.

Abitate dall’imperiosa necessità di creare, nessuna di loro avrebbe mai potuto immaginare una esistenza diversa da quella che dettava la loro vocazione.

Alcune amavano scolpire masse di pietra, altre modellare il gesso, altre sapevano far sorgere dall’argilla figure inedite, altre impastare colori e produrre nuove tinte. Tutte esprimevano il loro essere più profondo. Avevano scelto una via difficile, ben lontana dai sentieri tradizionali, con coraggio e determinazione. Fortunatamente, le loro famiglie, liberali e ben educate non contrariarono la loro determinazione.

Tutte e otto furono sedotte da Parigi e il destino volle che vi si trasferissero tra il 1920 e il 1950, ognuna con la propria storia differente…

La non figurazione s’impose un po’ per volta a questa giovane generazione come mezzo per rinnovare l’arte.  La battaglia fu rude e le polemiche che contrapposero i sostenitori del figurativismo a quelli che esaltavano l’astrazione.  Le nostre otto artiste participarono a questi sommovimenti creativi ciascuna col proprio ritmo e ciascuna secondo il proprio carattere.

La scultura primordiale di Juana Muller, allieva di Brancusi, cercava nella massa la silhoutte primordiale, delle creature primitive ma anche nel senso più esoterico della costituzione essenziale della materia e in effetti,  all’epoca, esisteva anche il celebre Gruppo Témoignage che incoraggiava l’alleanza de l’arte moderna con una nuova aura di spiritualità rinconquistata sul terreno del materialismo moderno e invocante una revalorizzazione delle virtù dell’artigianato tradizionale, ultimo bastione del quotidiano disumanizzato e meccanico e sottoposto all’Occupazione.

Proprio nel 1937, poco prima della grande Esposizione universale, Juana Muller divenne discepola stimata di Zadkine e solo recentemente le sue opere sono riscoperte per il respiro dei materiali – pietra e legno -, come per il disegno di corpi massivi, elementari, investiti, ironici, fermi sui loro basamenti.
Seppe realizzare il proprio linguaggio pregnante fedele all’idea fondamentale dell’unità dello spirito e della materia e al principio pilastro del carattere vivente della materia. Le sue opere dischiudono la metamorfosi e la capacità di trasformazione insita nella scultura stessa, effervescente e rigenerativa.

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