Dal Matto al Mondo Francesca Matteoni Intervista Recensione

Dal Matto al Mondo. Intervista su scrittura e tarocchi a Francesca Matteoni

La prima volta che per gioco mi hanno letto le carte avevo 26 anni, e diversi mesi di giri a vuoto davanti. Ero a Genova, nella casa trovata su Internet di qualcuno che non conosco, insieme ai miei amici più cari. Quello che mi mostrò i tarocchi era l’unico tra noi designato a dormire sull’amaca, visto che non c’erano abbastanza letti per tutti. Ripensarci adesso dà un tono di surrealtà a tutta la storia, perché dopo tanto tempo ho iniziato a leggere Dal Matto al Mondo, il libro su tarocchi e poesia di Francesca Matteoni, casualmente dalla metà. Cioè dall’Appeso.

Tarocchi Rws Appeso Matteoni

L’Appeso (mazzo RWS, 1909).

E questa, ecco, è la sensazione che in genere danno i tarocchi. È tutto un gioco, ma non così tanto. È una storia che parla di te, del quartiere in cui vivi, della scuola che hai frequentato, delle notizie sul giornale, delle domande che ti fai sul futuro o sul passato, delle persone che vivono dall’altra parte del mondo mentre non ci pensi. 

I tarocchi sono carte su cui è disegnata la storia della Storia, e le origini risalgono forse al Rinascimento, forse ancora prima. Come ha trovato modo di definirli Francesca, sono “un libro sfuso”, le cui pagine possono essere scambiate, e ogni volta che lo apri dà un racconto nuovo. Il mondo è pieno di libri sui tarocchi – tarocchi storici, psicologici, esoterici, divinatori, da gioco, da collezione, con i personaggi dei telefilm, coi gatti. 

In Dal Matto al Mondo. Viaggio poetico nei tarocchi (Effequ, giugno 2019) Francesca ha trovato comunque il modo di parlare di questa storia vecchia in modo inedito, ricamandola insieme alla letteratura e alla poesia, ma soprattutto alla realtà in cui viviamo.

Il volume è strutturato secondo tradizione. Oltre alle sezioni introduttive, 22 capitoli sono dedicati a ognuno dei 22 Arcani Maggiori, 4 capitoli ai semi degli Arcani Minori – bastoni, coppe, spade, pentacoli – e un capitolo unico racconta le figure quotidiane di paggi, fanti, re e regine del mazzo.

Dal Matto al Mondo Matteoni Effequ Cover

Dal Matto al Mondo. Viaggio poetico nei tarocchi (Effequ, 2019).

È un libro che racchiude in una maniera semplice – tanto semplice da essere arcaica – narrazione, critica, arte e antropologia. Ogni Arcano parla sempre di qualcosa che ti riguarda, usando la sua immagine che il tempo ha restituito in decide di versioni diverse, o attraverso le parole di Dante, di Yeats, di Leopardi e di Dickinson, ma anche con l’istintiva saggezza del gatto o dello scricciolo

Francesca usa i tarocchi per parlare al lettore tenendogli la mano, riesce a condurti fuori da te stesso, dal tuo ombelico, per farti vedere quante cose esistono al mondo legate a ciò che pensi sia solo tuo. Fino a farti capire che sei anche tu parte del mondo.

Sono andata un po’ lunga, ma credo che questo libro meriti qualche parola di troppo. Lascio spazio all’autrice, e la ringrazio per le risposte che ci ha dato: un valore aggiunto a un testo già tanto prezioso così com’è.

 

Come ti sei avvicinata ai tarocchi per la prima volta?

Prima di tutto sono venute la divinazione con le comuni carte da gioco quando ero un’adolescente. Qualche anno dopo mi sono imbattuta in mazzi di tarocchi artistici, che rappresentavano elfi e folletti – allo stesso tempo leggevo con grande passione William Butler Yeats, su cui poi mi sono laureata con una tesi in storia delle religioni, indagando i miti celtici e l’esoterismo nella sua poesia. Yeats usava i tarocchi, se ne trovano ampie tracce nelle sue opere, cosa che vale per altri poeti e scrittori. Da lì ho iniziato ad approfondire e le immagini mi hanno catturato: erano la bellezza, la strana familiarità delle figure, perfino l’inquietudine che ne derivava ad attrarmi. Se le carte hanno qualcosa di magico, questo non è la loro possibilità di predire il futuro, ma di aprire porte e metterci davanti ai nostri segreti, a un sapere che è nel mondo e che ci tocca ogni volta che guardiamo con attenzione e attiviamo i poteri di sogno e memoria.

 

Quando hai iniziato a studiare seriamente la tarologia, e come? A chi sta iniziando adesso, quali testi consiglieresti?

Ci sono stati due momenti: il primo durante la tesi di laurea, quando Yeats è stato il mio maestro attraverso le immagini: allora venni a contatto con testi di esoterismo cristiano e cabalistici, con la teosofia inglese del tardo Ottocento, con i simboli e con la possibilità di piegarli e trasformarli nella lingua poetica. Poi, molto più tardi, sono tornata ai tarocchi attraverso lo studio intuitivo e la pratica laboratoriale con altre persone, usandoli quali veicoli per le storie individuali e collettive. Allora ho ripreso a collezionare mazzi e a leggere testi. Si trova molta bibliografia sui tarocchi: buona parte dei libri in italiano però ha un approccio alto, precluso a molti che siano a digiuno di studi simbolici e occulti, miti, credenze religiose. Nello scrivere il mio libro senz’altro i libri che più mi hanno accompagnato sono stati quelli dell’americana Rachel Pollack, che consiglio a chiunque legga in inglese, e le splendide Meditazioni sui Tarocchi dell’Anonimo, un libro di esoterismo cristiano in due volumi che esamina in profondità gli Arcani Maggiori. Ma soprattutto consiglio, come primissima cosa, di guardare anche in rete i mazzi (ce ne sono per tutti i gusti) e scegliere quello che più ci colpisce. Quello sarà il primo libro indispensabile e ognuno potrà leggerlo adoperando la sua esperienza e la sua sensibilità. 

 

Ti capita mai di non sentirti presa sul serio su questo argomento? Se sì, cosa fai?

Moltissime volte! Ma ci sono abituata. Il pregiudizio e il sorriso di sufficienza altrui mi accompagnano: sono quella strana, che crede ai folletti, che si veste in modo assurdo, che studia le streghe e ancora e ancora… Non me la prendo e ricambio il sorriso, dicendo: sapete che i tarocchi nascono in Italia nelle corti rinascimentali? Insomma uso ancora una volta la narrazione e chi vuole ascolta. Le difese o gli scetticismi cadono poi quando le persone si mettono in gioco: mi piace molto distribuire carte e chiedere ai partecipanti se riconoscono una figura familiare, un fatto, un film, un libro, una canzone. Bisogna avere pazienza, ma quando funziona i tarocchi diventano uno strumento di parità e inclusione e io mi limito a tessere insieme le parole altrui. Un’altra cosa che mi capita di fare è allontanare, almeno inizialmente, il significato simbolico più diffuso degli Arcani e le paure che possono derivarne. Per esempio prendiamo la Torre, una carta che pochi amano trovarsi davanti – invece di chiederci cosa vuol dire, guardiamoci intorno: quante torri vediamo? Un campanile, una casa bizzarra su più piani, un palazzo, una rocca. Chi ci abita, cosa vuol fare? Vuole uscire, vuole restare all’interno? Ci sono porte o finestre? Dalla carta passiamo al mondo là fuori e poi torniamo a guardare l’immagine con una storia personale. 

 

Il tuo libro racconta attraverso le tue parole, le poesie, le figure e i mazzi che scegli – con grande cura – la storia contenuta negli Arcani. Ci sono alcuni momenti in cui questo viaggio va affrontato da soli. Ma questa storia di evoluzione vale anche per la comunità, che sia piccola o grande?

Certo. Ognuno ha un suo percorso, ognuno troverà dei significati in quanto vede, ma nel momento in cui siamo in gruppo, come accade nei laboratori, questo sapere viene condiviso e ci arricchiamo a vicenda. Non è sempre facile esporsi. Ci arriviamo per gradi. In questo senso il lavoro che faccio con le carte non è affatto dissimile dal mio impegno quotidiano nel paese e nella comunità dove vivo, ed è utile per riappropriarci del senso profondo dello stare assieme e del luogo nel quale ci muoviamo. Tarocchi o poesie da scrivere, anziani e bambini, gente di paese e gente di città – non cambia molto: quando qualcuno si apre questo ci riguarda e la sua storia tocca la nostra. E vale anche per me, che prendo parte e vengo risanata, divertita, commossa, coinvolta dagli altri. 

 

Da sempre le carte sono una miniera d’oro per chi scrive, grazie al loro potere di mostrare le cose da punti di vista alternativi. Tu le utilizzi durante il processo creativo?

Sì, mi succede spesso di pensare alle carte mentre lavoro, anche senza avere mazzi a disposizione, semplicemente visualizzando l’Arcano che mi interessa. Nei laboratori, che sono parte del mio lavoro creativo, usiamo i tarocchi per scrivere poesie o brevi prose. Le carte sono una specie di àncora: obbligano a restare fedeli a quanto si vede, ai dettagli. Più che divinatori allora i tarocchi sono strumenti poetici di meditazione e messa a fuoco.

 

Le carte sono state usate per scopi diversissimi: divinazione, meditazione, psicoanalisi, scrittura creativa, gioco. Conosci altri utilizzi sorprendenti?

Gli usi sono questi, ma si mescolano fra di loro, creando nuove vie. Terapia, creatività, comprensione di sé, rapporto col tempo e gli eventi sono tutte cose che si ritrovano nelle carte e che vanno sotto il nome di magia, ovvero vedere l’invisibile. Una cosa che mi piace fare, sia da sola che in gruppo, è usare i tarocchi per leggere i sogni, poiché da sempre ho un rapporto speciale col mondo onirico che nutre la mia poesia. Questo lavoro va bene anche per chi non ricorda i suoi sogni. Un po’ per gioco e un po’ seriamente (perché ogni gioco reale è serio) si può provare a meditare su una o più carte prima di dormire, per evocare il sogno. E poi annotare tutto al mattino. 

 

Ti è mai capitato che una stesa di carte ti spaventasse davvero? In questo caso, cosa si fa?

Sì, mi è capitato più volte e una non molto tempo fa. Lo spavento però viene dal fatto che già conosco quanto scorgo nelle carte … solo non voglio dirmelo. Che fare? Quello che si fa quando non si sceglie la politica dello struzzo. Ci si ferma a guardare, si cercano soluzioni e se non ce ne sono si vive comunque: magari, con il passare dei giorni o dei mesi, si torna su quelle immagini per rendercele meno ostili. Cosa fare quando soffriamo? Piangere, urlare anche. Se non accade il male peggiora, se accade stiamo malissimo, ma troviamo anche una via per attraversare il dolore – non per riporlo, ma per sapere che è attraversabile. Le carte non sono (nulla lo è) una maledizione che ci piove addosso – piuttosto uno specchio della vita e coprirlo non annulla le difficoltà, ci rende solo più ciechi, più arrabbiati, più in cerca di capri espiatori. 

 

Nel tuo libro indichi spesso persone o personaggi o situazioni che somigliano a un Arcano, e in questo modo entrambi ci diventano più chiari. Con quale o quali carte descriveresti il periodo in cui viviamo?

È una domanda difficile che mi sono posta di frequente. Mi limiterò a un Arcano Maggiore, non uno dei miei preferiti forse, ma uno che sempre mi arriva con grande chiarezza. Si potrebbe pensare per questi tempi al Diavolo che istiga e divide, a un Gerofante (Papa) in negativo che vuole menti ottuse e prone, all’imminente crollo del mondo come lo conosciamo a causa dell’emergenza climatica nella Torre. Io invece penso alla Giustizia. Con sete, timore, attesa. Mi è spesso capitato che prima di eventi disastrosi e “ingiusti” apparisse questo Arcano. Perché? La Giustizia è superiore agli umani e ai loro processi mentali e fisici di crescita e consapevolezza. Ella siede e attende, punto di svolta e di riequilibrio. Davanti a lei non serve chiedere: perché mi fanno questo? (Chi poi, cosa? La società, dio o gli dei, la natura, i parenti serpenti, il fato che si gioca i nostri sogni a dadi?). Serve invece chiedersi: come reagirò all’ingiusto? Se così stanno le cose, come camminerò sulla lama della spada, sulla via stretta, per riportare la Giustizia dentro di me e fin dove posso? Tutti conosciamo la famosa frase di Kant: “il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me”. A volte nella Giustizia questa frase si ribalta: la legge morale sopra (o intorno) a me, cioè nelle cose nel loro semplice essere e vivere come meglio possono, il cielo stellato dentro di me, ovvero la mia possibilità di non spegnermi, di guidare come una stella polare, di trovare sollievo anche quando tutto va storto, di far luce. Una luce piccola, forse, distante come le stelle, ma sicura. 

Tarocchi Rws Giustizia Matteoni

La Giustizia (mazzo RWS, 1909).

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