Grand Hotel Abisso: Distopia o eccessivo realismo?

Una delle firme di punta del catalogo Tunuè è David Rubín, versatile fumettista spagnolo, autore completo di opere come Dove nessuno può arrivare o L’eroe, ma anche disegnatore che si presta a collaborazioni interessanti, come dimostrano The Fiction, Ether o Beowulf realizzati rispettivamente insieme a Curt Pires, Matt Kindt, Santiago Garcìa e sempre pubblicati da Tunuè. Ed è proprio una collaborazione anche questo Grand Hotel Abisso, scritto da Marcos Prior, al suo esordio per la casa editrice di Latina.
Gli amanti del disegno di Rubín ritroveranno in quest’opera lo stesso tratto grottesco e imponente dei suoi fumetti precedenti. La realizzazione artistica, aiutata anche dall’originale formato orizzontale, è ai massimi livelli, e certe sequenze d’azione, specie nella prima parte, coniugano la sequenzialità della lettura con una rappresentazione monumentale che ricorda alcuni dipinti classici della storia dell’arte.

Dal punto di vista narrativo però non siamo alla stessa altezza. Il racconto, diviso in quattro capitoli più un prologo, ci mostra storie diverse che sembrano svolgersi nello stesso lasso di tempo e nello stesso luogo. Tra le principali abbiamo: un terrorista che supera le transenne della polizia e fa esplodere il parlamento con una bomba, dopodiché l’evento viene commentato su tutti i (social) media da opinionisti vari; un importante economista, ideatore della formula per calcolare la pensione minima, che viene rapito e rinchiuso per vedere se riesce a sopravvivere con gli stessi soldi che lascerebbe ai cittadini; poliziotti e pompieri che si scontrano durante un incendio, per decidere chi ha la supremazia della protezione dei cittadini.
Queste e altre situazioni si susseguono senza una forte connessione, sfiorando a volte il non-sequitur direbbe McCloud, e la ruota di istantanee che si crea lascia infine un’impressione di verosimiglianza forse troppo eccessiva.
Non tutto in GHA è uguale al nostro mondo: alcune trovate stupiscono, come gli scudi dei poliziotti ricoperti da loghi di carte di credito o il già citato scontro tra poliziotti e pompieri. Molto altro però sembra solo una versione di poco alterata del nostro presente, come l’onnipresenza degli schermi sulla pagina, le violenze della polizia, la confusione di mille rivendicazioni diverse. Le stesse notizie date dai telegiornali suonano terribilmente familiari a quelle che sentiamo tutti i giorni.

Ci troviamo quindi di fronte ad un paradosso: una rappresentazione così realistica e precisa in una storia di finzione, se non trova lo scarto che la distanzi dal reale finisce per assomigliare più a un reportage che a una distopia, e lascia poco spazio all’immaginazione del lettore. Effetto simile fanno gli appelli in seconda di copertina: “Intendiamo risvegliare il Tyler Durden che alberga sotto la crosta di normalità autoimposta. Reagisci dunque, stringi il culo e CAMBIA IL MONDO, potresti essere tu la scintilla che accende TUTTO”, che suonano eccessivamente retorici e più adatti a un proclama politico che ad un fumetto (oltreché un po’ ingenui, se si pensa alla storia di Fight Club, recepito in maniera del tutto diversa dall’intenzione originaria dell’autore). Anche GHA però potrebbe avere diversi livelli di lettura: forse i due autori ci stanno suggerendo che in un mondo violento l’unica risposta, comunque deprecabile, è sempre e solo la violenza.

Quale che sia l’interpretazione scelta, GHA resta un’opera ambiziosa, con ottimi disegni, il cui problema principale è all’esterno: la difficoltà di estremizzare un presente che sembra già alla deriva nella realtà.

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