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Scoprire un’altra Australia nei libri di Gerald Murnane

Da qualche tempo a questa parte si vocifera di un possibile premio Nobel che, per la prima volta, non è Haruki Murakami (a cui la stanno gufando da così tanto tempo che ormai si può paragonare all’affair Oscar per Di Caprio). Il nome di questo autore è Gerald Murnane e non preoccuparti se non l’hai mai sentito nominare prima: non compare su quasi nessuno scaffale internazionale. Eppure ha scritto una ventina di libri, è apprezzato da critica e scrittori, è considerato uno dei più importanti autori  di lingua inglese viventi, il tutto mentre conduce una vita ritirata in un paesino di poco più di 600 abitanti ai confini dello stato del Victoria, in Australia.

Is the Next Nobel Laureate in Literature Tending Bar in a Dusty Australian Town?
Titolo dell’editoriale di Mark Binelli su Gerald Murnane uscito sul New York Times nel 2018

Ogni tanto, se uno è fortunato, vive nell’epoca in cui questi casi appassionanti di scrittori mai sentiti che improvvisamente conquistano tutti e diventano, con una definizione che fa tanto bello dire, dei “casi letterari”, com’è stato per Kent Haruf pochi anni fa, si ripetono con una certa costanza, sorprendendo e catturando nuovi lettori e seguaci. A proposito di casi letterari, basti pensare che la figura di questo misterioso Gerald Murnane è data vincente per il Nobel contro un’altra grande misteriosa concorrente, Elena Ferrante.

Gerald Murnane, Le pianure
Safarà Editore

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Gerald Murnane, da miff.com.au

Chi è Gerald Murnane

Nella sua vita, iniziata nel 1939 a Cobourg, un quartiere periferico di Melbourne, Gerald Murnane ha pubblicato 19 libri, tra fiction e lavori autobiografici, e nel 2009 ha ricevuto il Melbourne Prize for Literature. Oggi viene nominato tra i papabili vincitori di un Premio Nobel a breve. Tra le persone che più lo apprezzano e lo sostengono nel mondo letterario, ci sono due scrittori statunitensi nati a cavallo tra il ’79 e il 1980, Ben Lerner (edito in Italia anche da Sellerio) e Joshua Cohen. Ora, mi sembra abbastanza legittimo chiedersi come sia possibile che due ebrei americani quarantenni siano ammiratori di un australiano ottantenne che fa una vita ritirata.

Perché già la sola vita di Murnane sembrerebbe quella di un protagonista che abita un romanzo o un film indipendente: quieto, con colori desaturati o molto intensi a contrasto, pochi o pochissimi elementi in scena, inquadrature semplici e molto ravvicinate. Gesti quotidiani, ripetuti, nessuna sorpresa, tanto accompagnamento. In tutta la sua vita, Gerald Murnane non ha quasi mai abbandonato lo stato del Victoria, Australia, non ha mai preso un aereo, oggi lavora nel bar del golf club dove tiene ogni tanto lezioni di scrittura.

Non speravano nel successo, ma in un fallimento memorabile contro forze preponderanti. Si proponevano di comportarsi, dopo la cattura, come cittadini di una vera e propria nazione che era tenuta prigioniera dalle forze di un’anti-nazione costituita dagli aspetti più negativi di tutti gli attributi dell’Australia Interna.
Gerald Murnane, Le pianure

 

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Gerald Murnane, da miff.com.au

Gerald Murnane, Le pianure

Pubblicato per la prima volta nel 1982 e oggi in Italia grazie a Safarà EditoreLe pianure è, senza ombra di dubbio, un libro riflessivo e di riflessione. Non potrebbe essere altrimenti: la chiave di tutto il romanzo è proprio come le pianure corrispondano a uno stato d’animo, una forma mentis, un modo di comportarsi, quello degli abitanti dell’Australia Interna. Se il tema del genius loci è fondante non solo della narrativa, ma anche dell’antropologia e degli studi sociali, in Murnane c’è la proposta irremovibile di una totale adesione: quasi che ci verrebbe da chiederci se siano nate prima le pianure o gli abitanti delle pianure.

I membri del gruppo insistevano che a commuoverli, più delle grandi praterie e dei cieli immensi, era il lieve strato di foschia dove la terra e il cielo si univano, nel punto estremo dell’orizzonte.
Gerald Murnane, Le pianure

Sicuramente, però, quello che ci tiene a sottolineare Murnane è che loro nascono in contrapposizione alle coste. Se queste sono una linea (costiera), le pianure sono campate di pittura, dense di materia, di colore e di senso. L’esistenza di un’altra Australia, che non sia quella delle grandi città costiere frutto di colonizzazione e punto di riferimento per l’industrializzazione, non è tanto da ricercare o da fondare, quanto da confermare, da attestare: è questa la missione del protagonista del romanzo Le pianure.

La traversata delle pianure come una sorta di percorso di formazione non è nuovo nella letteratura. Come dice il Terzo Latifondista a pagina 55 dell’edizione Safarà, «L’uomo che voglio studiare, però, è quello che si spinse nell’interno per verificare che le pianure fossero proprio come aveva sperato». Sembra una sorta di gioco della matrioska: Murnane osserva e segue il proprio protagonista che incontra, tra gli altri, il Terzo Latifondista, che vorrebbe osservare e studiare un uomo che è proprio come il protagonista – solo che non è in grado di riconoscerlo.

Improvvisamente, capisco come facciano Lerner e Cohen a trovare un’aderenza ai suoi temi e al suo modo di raccontare: io stessa riesco a vedere in questo libro delle somiglianze per me lampanti, che mettono Murnane sullo stesso piano di tanti scrittori (apparentemente) lontani geograficamente e temporalmente. Se mi chiedo cosa possano due ebrei americani acculturati e benestanti trovare in comune con queste terre ripetitivamente infinite, io vi ho rintracciato in modo lampante il João Guimarães Rosa del Grande Sertão, con la sua aderenza alla natura così forte da essere identificativa e fondante; persino, per rimanere nella stessa area geografica, lo stesso desiderio di promessa che spinge le persone a cercare Macondo nei Cent’anni di solitudine di Márquez; e ovviamente, per tornare invece vicino a casa, ricorda i viaggi di Giovanni Celati e le fotografie di Luigi Ghirri. La stessa mancanza di giudizio positivo o negativo, lo stesso desiderio di capire, di appartenere, di riconoscere – e di raccontare.

Il grande valore della teoria del giovane non era la possibilità di usarla per calcolare un unico stile tradizionale, ma il fatto che consentisse a  ciascuna famiglia di tracciare il proprio grafico, e mostrare così le coordinate culturali che rendevano unico il proprio stile. Sgombrò un tavolo, e chiamò il giovane perché lo aiutasse a tracciare il proprio grafico.
Gerald Murnane, Le pianure

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