Anatomia di un istante – 8/14 gennaio 2018

Una decina di persone di mezz’età, contro sole, con un ombrello colorato in mano. C’è il sole, a Napoli, malgrado sia ancora gennaio, il 13 per l’esattezza. Ma loro hanno un ombrello in mano, colorato. Alcune scritte, poco chiare per gli effetti di luce. Riconosciamo soltanto le parole di un unico ombrello giallo, abbassato: quiete pubblica.

Gli occhi sono stanchi. Due persone, le più evidenti nella foto, tengono l’ombrello in maniera simmetrica, come a incrociarsi. Lui ha le occhiaie appena pronunciate e una faccia tra l’ironico e l’imbarazzato. Lei è velata dagli occhiali da sole, le labbra strette.

Un cartello, sulla sinistra: “Movida molesta = Lavoro nero e sottopagato”.

Dietro, coperta dagli ombrelli, la cupola della Basilica di San Francesco di Paola, come a completare una delle cartoline più classiche, quella di Piazza del Plebiscito.

 

L’aggressione immotivata a un ragazzo, da parte di una baby gang, ha riunito i cittadini e i residenti di Chiaia, crocevia della movida napoletana. Un corteo di circa 300 persone ha sfilato da Piazza Matteotti a Piazza dei Martiri. Bersaglio, secondo i manifestanti, è un tipo di sottocultura che tollera qualsiasi tipo di comportamento, comprese le minacce, le intidimidazioni e le prevaricazioni. Sugli ombrelli, oltre a termini indiscutibili come legalità, onestà e rispetto, trovano posto anche decoro, tranquillità e persino silenzio, che spostano la protesta su altre considerazioni, sull’eterno scontro tra gli abitanti e i frequentatori di un quartiere.

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