Cade un muro, si apre una porta

Delle diciotto porte d’ingresso a Berlino, sopravvive ormai solo la maestosa Brandenburger Tor, che festeggia oggi 23 anni di rinnovato compleanno.
Il 22 dicembre 1989, infatti, a un mese e poco più dalla caduta del Muro, venne riaperta la Porta, il cui checkpoint era stato chiuso dalle autorità di Berlino est nel 1961. È il giorno che ha visto il cancelliere occidentale Helmut Kohl camminare incontro al cancelliere orientale Hans Modrow, il giorno di un’unità ritrovata e voluta, pure solo fisica, dato che quella legale verrà riconosciuta ufficialmente solo a un anno di distanza.

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Dove. Culmine dell’Unter den Linden, affacciata sulla Pariser Platz, la Porta divide e unisce i quartieri-cuore di Berlino: Mitte, attraversato dal fiume Spree, che comprende il centro storico e il gioiellino dell’Isola dei Musei, e Tiergarten, che ospita il quartiere governativo, le ambasciate e l’immenso parco cittadino.

La storia contemporanea. «Ieri la Adn aveva annunciato che l’apertura della porta di Brandeburgo era imminente. Più tardi però ha corretto la notizia: né oggi né stanotte, ha detto un portavoce della polizia. Ieri sera di fronte alla porta più di 3 mila persone aspettavano di assistere allo storico momento. Le tv di tutto il mondo avevano piazzato le loro camere. Dalla parte occidentale era schierata la polizia di Berlino Ovest, dalla parte della Unter den Linden la milizia di frontiera della Rdt. […] La pressione dal basso si rivela ogni volta più forte dell’autoconservazione del potere» scrive il 15 novembre 1989, a pochi giorni dall’abbattimento del Muro, Vanna Vannuccini, inviata de La Repubblica.
Bisognerà in realtà attendere più di un mese, il 22 dicembre appunto, perché la Porta venga effettivamente riaperta. Dalla caduta del governo della Germania Est, nell’ottobre di quell’anno, gli occhi del mondo erano rimasti concentrati in modo quasi ossessivo su Berlino, attendendo gli imprevedibili 127851-050-D0670589e minacciosamente imminenti risvolti: la riunificazione o una nuova guerra? D’altra parte, il Muro stava lì dal 12 agosto 1961, ma adesso era caduto. Tutto sembrava possibile e allo stesso modo probabile.
Formalmente il confine tra la Germania Est e la Westberlin era già bloccato dal 1952, ma l’esodo dei cittadini da una parte all’altra non accennava a diminuire: fu un attimo e si cominciò a concretizzare in una struttura fisica la barriera politica. Già il 13 agosto del ’61, giorno successivo all’innalzamento del Muro, si installò sotto la Porta un comando di soldati e carri armati, e a pochi giorni di distanza sorsero tutt’intorno torri di osservazione e altre mura di rinforzo. Cominciò così la divisione vera e propria, durante la quale la Porta rimase nella parte sovietica della città, mentre Pariser Platz venne dichiarata una sorta di terra di nessuno, dove ai civili era vietato l’accesso. La doppia fila del Muro, separata dalla decina di metri della striscia della morte e in un tratto parallela allo Spree, che fungeva da confine naturale, era interrotta da 13 punti di attraversamento, uno dei quali costituito dalla  Porta di Brandeburgo: fu uno dei primi ad essere chiuso, come atto simbolico.
Passano gli anni, è il 12 giugno 1987: sotto la Porta, alla presenza di ventimila persone, l’allora presidente americano Ronald Reagan pronuncia la storica sfida, la storica preghiera rivolta a Mikhail Gorbaciov, ultimo segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica: «Mr. Gorbačëv, open this gate. Mr. Gorbačëv, tear down this wall!».

Il resto è storia, ma lo ripercorriamo brevemente con questa simpatica immagine di Wikipedia, che ricorda così i giorni della riunificazione: «Gli estasiati berlinesi dell’Est furono accolti in maniera festosa dai loro fratelli dell’Ovest, spontaneamente i bar vicini al muro iniziarono a offrire birra gratis per tutti».

L’architettura. La Porta fu costruita nel 1788 a partire dal progetto di Carl Gotthard Langhans e per volere di Federico Guglielmo II di Prussia, che voleva trasformare il piccolo e spartano posto di controllo in un grandioso simbolo illuminista: non più una porta per chiudere la città, ma per aprirla agli influssi esterni e in particolare a quelli democratici e illuminati che la riscoperta dell’Antica Grecia e dei suoi valori artistici, filosofici e politici stava portando in tutta Europa.
Langhans, che ricopr26492_1402630474371_2583601_niva a quel tempo la carica di Soprintendente delle Costruzioni Reali, uno studente di legge e matematica autodidatta nel campo dell’architettura, ma destinato a fare la storia del movimento neoclassico tedesco, aveva davanti due opzioni: la struttura usata e strausata degli archi di trionfo, che si stavano diffondendo a macchia d’olio in Europa, e l’innovazione. Scelse la seconda, lasciandosi ispirare dalla ricostruzione dei Propilei dell’Acropoli di Atene comparsa sul Ruines des plus beaux Monuments de la Grèce nel 1758 con un disegno eseguito da Julien-David Leroy, grande storico dell’architettura (qui un esempio di ricostruzione del periodo).

Lo stile della Porta è quindi inequivocabilmente neoclassico, per la precisione un dorico semplificato e filtrato attraverso la compostezza romana (Langhans era grande conoscitore ed estimatore di Vitruvio): le colonne sono dotate di basi e sostengono la trabeazione, il fregio presenta delle mezze metope che ripercorrono alcune scene della mitologia greca. I Propilei, ideati come coronazione dell’opera di ristrutturazione architettonica attuata da Pericle ma mai terminati, costituivano l’ingresso monumentale all’Acropoli, un segno visibile anche a grande distanza dell’importanza del luogo a cui porta2permettevano l’accesso: così doveva essere per la Porta.
Realizzata in pietra arenaria, larga 65 metri e alta 26, sostiene uno dei simboli della Berlino attuale e dello storico Impero tedesco: la Quadriga, condotta da quattro cavalli e portante in origine la greca Εἰρήνη, una delle Ore e personificazione della pace (in linea con il messaggio positivo di Guglielmo II), che per altro aveva un suo tempio sull’Acropoli. Anch’essa ebbe vita travagliata: trasportata a Parigi nel 1807 come bottino di guerra dopo la vittoria di Jena da Napoleone, che fu anche il primo ad attraversare la Porta con una processione trionfale, fu riportata in città dai prussiani nel 1814, che vi aggiunsero la Croce di Ferro, trasformando così la pacifica fanciulla nella maestosa Vittoria tedesca.

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