La zuppa dell'orco

Cosa bolle in pentola nella cucina dell’orco?

Questa settimana esce in libreria La zuppa dell’orco, una favola al contrario. Ne parliamo con l’illustratore Andrea Antinori

Si sa: entrare in libreria è sempre bello, ma oggi come oggi è anche un po’ una noia. Tutto e niente potrebbe fare al caso nostro. La vastità dell’offerta lascia quel genere di mal di testa che viene al supermercato di domenica. Il giro intero dei reparti è un pellegrinaggio dovuto, lunga sosta davanti ai banchi di offerte, novità, e se presente persino scaffale dei più venduti in settimana. Si alternano curiosità, breve sorpresa, biasimo, finalmente interesse, finale − costa troppo.

Eppure c’è un luogo incantevole in quasi ogni libreria, dove le poltrone sono morbide, i libri sono enormi, minuscoli o strani, e per la maggior parte delle volte sono belli. E costano poco.

Sono i libri per bambini. Mentre noi passeggiamo tra lo scaffale di saggistica e quello di giardinaggio, quando stiamo cercando una poltrona comoda per sfogliare un graphic novel grosso come un carrello, proprio in quel momento l’editoria per ragazzi sta producendo libri belli, colorati e accessibili a tutti.
I libri per bambini, negli ultimi anni, sono cambiati tanto. Noi avevamo le eterne coste a colori del Battello a Vapore, per buttare un occhio alla possibile gravità della trama e poco più.
Oggi i libri per bambini sono oggetti bellissimi. Alcuni sono estremamente complessi, e fanno del libro un oggetto cangiante, da girare, ruotare, costruire, toccare con attenzione.
Altri invece sono proprio come i libri vecchi: c’è dentro una storia, e nella storia ci sono i disegni. Cose da fare: leggere e guardare.

In questo senso, La zuppa dell’orco di Vincent Cuvellier, anche se appare in libreria per la prima volta questa settimana (biancoenero edizioni), è un libro come erano una volta i libri per i bambini: c’è una fiaba e ci sono i disegni. Eppure è un oggetto nuovo, bellissimo non solo per i bambini.

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Penna e coltello
La casa di un bambino è un posto sicuro. Le cose alte e quelle tonde sono tutte cose sicure. Gli angoli pungono solo per sbaglio, i coltelli tagliano ben lontani dalle dita.
Josef vive nel paese della neve e della notte, che pare sia anche il paese più povero del mondo. Josef e i suoi fratelli sono bambini molto poveri. La loro soffitta è di certo scura.

© Andrea Antinori per Vincent Cuvellier

© Andrea Antinori per Vincent Cuvellier

Casa di Josef non è un posto sicuro. Di notte, quando si ascoltano i discorsi dei grandi dalle scale, si sentono cose che rendono buio tutto il futuro. Josef e i suoi fratelli una soluzione a questo devono pur trovarla, e con lo stomaco vuoto. Quello che c’è fuori dalla casa, oltre il bosco, non sarà mai poi tanto peggio.

Le fiabe sono quelle storie vecchie che funzionano sempre allo stesso modo: il buono è buono, il cattivo è cattivo, poi il buono sconfigge il cattivo e non ci si può sbagliare, tutto torna normale.
Normale è quella sicurezza che dovrebbe essere la casa del bambino. Che fare se il cattivo non lo si può cacciare o uccidere, perché sta nel posto sbagliato, se sta non dentro il bosco ma prima? E le fiabe vecchie non ci dicono cosa fare, quando il cattivo è nella casa. Finora.

Per fortuna la penna, come la fiaba, è una cosa che cambia e che sa scrivere al passo coi fatti strani e nuovi, i cattivi sbagliati, i coltelli in giro per la cucina e tutte le cose davvero brutte.

Vincent Cuvellier è uno scrittore che di libri e fiabe ha cominciato a scriverne a 16 anni, e ora il suo catalogo di scrittore adulto conta più di trenta titoli, venduti in Francia e in tutto il mondo (per fortuna quindi anche in Italia).

Vincent Cuvellier è bene informato su questo fatto dei cattivi nuovi. Anche i suoi buoni sono in qualche modo sorprendenti: che sia proprio il fatto che ormai i vecchi cattivi sono dovuti andare in pensione?* La vecchiaia, si sa, rende le cose morbide, persino unghie e denti.

L’unica cosa che non è cambiata tanto sono i bambini. Più sono piccoli, più sono furbi: è la tradizione. Ai giochi nuovi giocano i bambini di sempre, dotati anche oggi della solita scaltrezza e di un veloce, leggero coraggio. Adesso la chiamano resilienza, ma forse c’è solo un po’ di disillusione in più.

Josef e i suoi fratelli ci mettono poco a capire dov’è il vero cattivo nella fiaba, e reagiscono andando in una direzione, forse quella sbagliata, ma sanno sceglierne una. Siamo lontani dai tardi fratellini Hansel e Gretel, che regalano il pranzo agli uccellini del bosco. Bei tempi, quando il nonno di Pierino faceva la voce grossa, a forza di dire: guarda che quello è il lupo, puoi star certo che è un lupo e che ti mangia. Il passo è lungo rispetto alle eterne Cenerentole, che finché non spunta una fata, un principe, un topo parlante, una verdura animata, niente, davvero non c’è proprio niente da fare.

I bambini di oggi sono un po’ cambiati, come i buoni e i cattivi, come la casa davanti al bosco. I bambini di Vincent Cuvellier non si fanno portare tra gli alberi con un tozzo di pane in tasca, non piangono di notte, non aspettano che qualcosa arrivi dal cielo (anche se, solo per loro, ogni tanto la Luna fa un sorrisino). Camminano, piuttosto, pensano, fingono, esplorano, raccontano e sanno mentire. E si salvano da soli. Per il bambino che sa come salvarsi da solo, l’orco è ormai l’ultimo dei problemi.
Questo è davvero bello, ma anche un po’ triste.

“Visto che i bambini avevano le mani, se le strinsero forte forte.
Visto che avevano i piedi, ballarono tutta la notte.”

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© Andrea Antinori per Vincent Cuvellier

© Andrea Antinori per Vincent Cuvellier

Matita e capelli
La zuppa dell’orco è un libro buio ma tanto colorato. La copertina ti guarda dallo scaffale con due occhi così, intanto che la zuppa sta lì a bollire pian piano. Una di quelle vellutate morbide, quelle della nonna, che sembra di sentire odore di cipolla e carota in cucina.

Questa storia è un po’ nera, eppure le pagine sono piene di colore. Dal colore passa una vitalità elettrica, che arriccia e drizza capelli, che allunga nasi gentili ai tronchi degli alberi, e spalanca occhietti cigliati nel mezzo della notte. Pagine nere nere, e ogni tanto la Luna, presa proprio in quel momento preciso e strano in cui fa l’occhiolino.

La paura è composta da piccoli dettagli, brevi elenchi di minacce. Invece la festa prende pagine di luce, neve e musica. Questa fiaba al contrario, dove il cattivo è in prima pagina, ha trovato le matite giuste: quelle coloratissime di Andrea Antinori. Nonostante la distanza tra autore e illustratore, l’uno francese e l’altro italiano, la convergenza tra penna e matita corre sulla stessa linea.

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Andrea Antinori ci racconta a modo suo come ha lavorato. La matita è un oggetto personale tanto quanto la penna.

2000px-tipi_di_virgoletteNon conosco Vincent Cuvellier, e sinceramente poco la sua opera, però quando ho letto La zuppa dell’orco mi è sembrato di trovarmi davanti a qualcuno che normalmente non scrive fiabe, e che, forse per provare, ha voluto rifarsi ai personaggi, alle situazioni e alle atmosfere delle fiabe più classiche, ma in una forma innovativa, ironica e decisamente molto contemporanea.

In questi termini mi sono sentito molto in sintonia con lui e con la sua modalità.
Anche per me era la prima volta che lavoravo su una fiaba, e più in generale mi capita raramente di imbattermi in progetti che illustrano storie nel termine più convenzionale.
Ho deciso quindi di buttarmi in questo esperimento, e come lui, di farlo a modo mio.

Non volevo legarmi a un approccio didascalico, rappresentando semplicemente gli avvenimenti contenuti nella storia, il mio intento era quello di prendere la storia come pretesto per aggiungere un livello molto personale, scegliendo determinati elementi per raccontare altro.
Ad esempio ho lavorato molto attraverso l’arte, alcune volte semplicemente ispirandomi all’opera di qualche autore, altre volte facendo esplicitamente citazioni di tele specifiche.

C’è un momento in cui i sette fratelli protagonisti della storia si immaginano il fatidico orco, senza averlo visto, ma solo sulla base di una diceria:

«Che orco?» le chiese Josef.
«Mamma e papà me ne parlavano spesso. Voi eravate piccoli e non ve lo ricordate, ma tutte le sere, prima di mangiare, loro dicevano: “Judith, se finisci la zuppa, l’Orco sporco verrà a prenderti”.»
«L’Orco sporco?»
«Sì, L’Orco sporco, sporco del sangue dei bambini che mangia.»

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© Andrea Antinori per Vincent Cuvellier

Letta questa descrizione, non mi sono sforzato tanto per trovare un’immagine adeguata, è stato immediato pensare al Saturno di Francisco Goya, tenebroso e terrificante, sporco del sangue dei figli che si divora.
Se lo si guarda sembra già un misto tra un orco e un gigante, come non poteva essere perfetto riadattato per questo contesto?

Magari è vero, l’immagine è un po’ cruda per un piccolo lettore, ma i protagonisti — anch’essi bambini — sono terrorizzati da questa fantasia, quindi, a maggior ragione trovo che funzioni, specialmente se riesce a spaventare (un pochino, non voglio creare traumi) chi legge.

E poi per fortuna l’orco si rivela più buono rispetto a questa fantasia, più umano. È un orco che non è cattivo e feroce per indole, ma al contrario, ha i suoi problemi, le sue paure e preoccupazioni, come tutti noi. E poi, suona anche un violino!

Quindi ho inserito un’altra parte di me a questo punto della storia. Ascolto molta musica popolare o influenzata da essa, e mi piace scoprirne di varie parti del mondo. In particolare ho un debole per la musica gitana, è quindi, l’orco che suona il violino è diventato un musicista zingaro. Forse, in questo modo, l’immagine ha acquisito un ulteriore livello, parla di me, ma parla anche di un tema molto attuale, quello della diversità e del problema ancora troppo presente della discriminazione.

E sembra il tema si adatti perfettamente, se si parla di orchi che conoscendoli si rivelano umani.»

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© Andrea Antinori per Vincent Cuvellier

© Andrea Antinori per Vincent Cuvellier

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* A proposito di cattivi in pensione: è buffa l’occasione capitata al Dottor Nefasto, ospite ne La casa di riposo dei supereroi di Davide Calì (biancoenero edizioni, maggio 2016).
Dentiere e superpoteri. Libro per piccolissimi, o per grandissimi.
Come dicevo, stanno diventando oggetti complicati.

 

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