Diario di viaggio | Postcard from Amsterdam

Quando ho detto a mio padre che sarei andata ad Amsterdam con il mio ragazzo,  lui, come da copione, non ne era entusiasta. Una brava figliola, che va in quel posto di perdizione, droga e quartieri a luci rosse. Ho provato a raccontargli e a raccontarmi che andavo lì per i musei, i monumenti e i tulipani. Ma presto le mie (dis)avventure mi avrebbero smentito su tutta la linea.

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IL BUS | Per risparmiare, ho preso un volo da Roma Ciampino a Eindhoven. Da lì un autobus ci avrebbe portato fino ad Amsterdam. Mi sono pentita non appena ho visto la tipologia di gente che sarebbe salita con me. Tutti italiani, poveri alla canna del gas che avevano raccolto gli ultimi spicci persi nelle fessure del divano ed erano partiti. Un gruppo di punkettoni che avevano superato la data di scadenza, coppie di fattoni sparse e qualche losco individuo in solitaria che guardingo indagava tutti i passeggeri. Ho attraversato per tre ore l’Olanda in tutta la sua essenza e verità, assaporando le periferie e le campagne, con tappa a Utrecht e a un’altra cosa dal nome impronunciabile e irricordabile. La natura non interrotta ma accompagnata dagli uffici e dalle banche, i ciclisti buttati nelle stradine bianche quasi per caso, a fare atmosfera, la vita sul ciglio dei canali. Come un cane, ho messo la testa fuori dal finestrino per annusare tutto, perché quella verità mi entrasse dritta nelle narici.

L’OSTELLO | trovare una camera disponibile ad Amsterdam è un’impresa ardua. Mamma, ora capisco cosa hai provato quando io, a sei anni, ti ho chiesto il Calzettone della Befana il cinque gennaio alle 19. Bisogna calcolare una serie di variabili, ma la vicinanza al centro non è una di queste. Non è una leggenda metropolitana (e mi scuso per l’infelice gioco di parole), ma i mezzi sono puliti e puntuali. Niente spinte, corse, ascelle o borseggiatori.amsterdam-canale

La metro non è una vera metro perché per la maggior parte del tempo viaggia in superficie e a te sembra di assistere a una sequenza di frame che scorrono su un nastro magnetico.

CENTRO, PIAZZA DAM | con lei è stato amore a prima vista. Io ero al centro di Amsterdam e mi sentivo al centro dell’Europa. Ero un personaggio di quell’acquerello nordico e pastellato, e già sentivo i contorni nazionali sfumarmisi in cosmopolitismo. La chiamerei “effetto Amsterdam” quella suggestione per cui non appena ci metti un piede dentro, Amsterdam ti teletrasporta al centro dell’Occidente. S’è proceduto senza seguire la cartina, senza chiedere informazioni. L’epilogo è scontato, ci siamo persi nel giro di pochi minuti. Il centro di Amsterdam è un piccolo labirinto che si snoda in stradine grigie affacciate su canali calmi e lunghi, incorniciate da casette storte e coloratissime. Mucchi infiniti di biciclette parcheggiate e in movimento si ammassano ai lati. Perdercisi dentro è stata una delle esperienze più belle della mia vita.

I COFFEE SHOP | se non ci entri non sei figlio di Maria. (Mi scuso per la seconda volta per l’infelice gioco di parole). Io mi aspettavo una cosa alla Paolo Brosio pre-conversione. Maracaibo, corpi con tutta la roba a penzoloni in giro e vassoi infarinati di cocaina. In pratica una discoteca di provincia, ma con più luci stroboscopiche. E invece mi sono ritrovata in un ambiente zen, una specie di Nirvana sociale in cui i clienti tutti insieme si facevano ognuno gli affari propri. Ognuno sul proprio divanetto, niente smartphone o Instagram, solo pace e sorrisi. Mi ha ricordato la scena conclusiva di C’Era una volta in America, in cui Noodles (De Niro) con la pace negli occhi si spara un bong in quella strana stanza orientale. Quindi, se come me immaginavate i coffee shop come il Cocoricò di Rimini, fate tabula rasa e sostituite con Chianciano Terme.

VAN GOGH MUSEUM | primo e unico museo da me visitato in tutta la vacanza. Piani e piani di edificio ricolmi di pazzia e genio pittorico. Il biglietto costa, la fila è lunga, ma ne vale la pena. Un po’ perché è tappa obbligata (tipo il Louvre a Parigi o gli Uffizi a Firenze), un po’ perché da sempre la pazzia è fascino e Van Gogh beh ne aveva da vendere. L’unica fregatura è che una volta entrato sei in gabbia e non puoi più uscire, e a meno che tu non voglia spendere migliaia di euro per un pacchetto di patatine, sei costretto a camminare chilometri e chilometri con il buco nello stomaco. Questo aumenta la possibilità i visioni extrasensoriali.

amsterdm-tulipesMERCATINI | ciao sono Chiara e ho un problema con lo shopping. Per questo motivo, ogni volta che devo andare da qualche parte, prima di guardare attrazioni, musei e monumenti, mi informo sullo shopping. I negozi più convenienti, con i vestiti e le scarpe più particolari ecc. Amsterdam era dipinta su internet come la città dei mercatini vintage. La mia panacea. E invece i mercatini sono stati deludenti. Robaccia e di vintage solo l’ombra. Nulla di particolare o interessante. Bocciati su tutta la linea. Tipico è invece il mercatino dei tulipani. Vale la pena visitarlo anche solo per riempirsi gli occhi di colori e il naso di profumi.

STREET FOOD | se vai in vacanze e poi mangi al ristorante italiano ti perdi metà del gusto. Vabbè che in Italia si mangia meglio, vabbè che la dieta mediterranea è la più salutare e che il nuoto è lo sport più completo, ma imparare ad aprirsi a nuovi sapori è la prima esperienza da provare all’estero. Io, che sono una buona forchetta per quello che mi pare, della serie che sono in grado di scofanarmi tre piatti di pasta di fila senza pause, ma tremo di fronte a un broccoletto, ad Amsterdam non ho avuto difficoltà. È una città tutta dolci, formaggi, zuppe, carne e…Street food. Non parlo di Mc Donald’s o di Burger King, ma di Febo e i suoi panini riscaldati dentro le cellette. Si infilano pochi spicci e come un distributore automatico ti dà il tuo panino, il tuo supplì che però non è un suppl ì o le tue patatine fritte. Febo e le sue porcate mi mancheranno tantissimo, più dei paesaggi, dei canali, più del mio fidanzato.

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Photo credits: Chiara Mezzetti

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