Dogman – Quando l’uomo è lupo all’uomo

dogmanQuesto, a giudicare dalle uscite di maggio, sembra davvero essere l’anno del cane. Dopo Isle of Dogs, di cui si è già parlato in questo articolo, arriva infatti in sala Dogman. Il regista Matteo Garrone, da sempre attento alla realtà dei bassifondi (L’imbalsamatore, Gomorra, Reality…), sceglie ora di ispirarsi direttamente a un fatto di cronaca: la triste vicenda del “Canaro della Magliana”.

Ed è appunto nell’omonimo quartiere di Roma, già sede dell’efferata banda, che ha luogo uno dei crimini più spietati degli anni ‘80. Pietro De Negri, che alterna lo spaccio all’attività di toelettatore per cani, dopo l’ennesimo sopruso da parte del suo complice, l’ex pugile e cocainomane Giancarlo Ricci, decide di seviziarlo fino a causarne la morte. La notizia farà il giro di tutti i giornali, che non esitano a riportare anche i particolari più raccapriccianti, ma così non fa Garrone, il quale non solo cambia nome ai personaggi, ma rievoca l’accaduto attraverso la voce del suo responsabile. L’operazione, magari poco attendibile nella ricostruzione dei fatti, assume tuttavia il valore di una parabola, trasformando un episodio criminale nella storia di una lenta, quanto inutile, rivalsa. dogman1Si potrebbe quasi azzardare, considerata anche la stazza dei personaggi, un biblico paragone con Davide e Golia, se non fosse che in questa storia non vi è nulla di davvero eroico. Forse lo è l’abnegazione di Marcello, che rischia la galera per liberare un cane e finisce in prigione al posto dell’amico, ma è più che umana, pur nelle sue drammatiche conseguenze, l’esasperazione che lo porta a ribellarsi. Il suo è un gesto estremo, di chi ormai non ha nulla da perdere ed agisce soltanto nella speranza di un riscatto. In questo Garrone è più lucido di Tarantino, cantore per eccellenza della vendetta su celluloide, negando infatti allo spettatore l’agognata, e troppo facile, catarsi. Il protagonista, cedendo alla violenza da lui stesso subita, lo fa non tanto per vendicarsi del maltorto ma, piuttosto, nel disperato tentativo di recuperare la stima perduta. Ancora una volta si dimostra quindi ingenuo, manipolabile, non rendendosi nemmeno conto di agire così per conto di altri: è ormai diventato il sicario del quartiere, uccidendo, insieme a Simone, quel che restava della propria vita.

221724830-deb2c5bd-f69a-4b58-bcea-0e87fcb6e470Dogman è un film dal finale amaro, in cui i deboli, pur riuscendo con fatica a ribellarsi, finiscono comunque per venire sopraffatti. La morale, ammesso che sia giusto cercarne una, è dunque tutt’altro che edificante. Diversa è però la testimonianza di Marcello Fonte, che grazie a questo ruolo si è aggiudicato la Palma d’oro, il quale ci conferma invece che un riscatto è sempre possibile. Così è stato per lui, che da piccolo si immaginava gli applausi nella pioggia battente sulle lamiere, e che ora, finalmente, quegli applausi se li è conquistati. Dobbiamo quindi essere grati, a lui come a Garrone, per la performance che ci hanno regalato e, ancor di più, per averci ricordato che il cinema, tra i tanti suoi meriti, ha pure quello di affrancarci dalla realtà più squallida.

Un lavoro, insomma, tutt’altro che da cani.

Photocredits: www.repubblica.it; www.imdb.com; www.leganerd.com

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