La felicità viaggia su due ruote

La sera dell’8 gennaio, il Prodotto Interno Bici (PIB) è tornato a far parlare di sé anche in Italia. Il programma di approfondimento di Rai3, Presadiretta, ha dedicato un’intera puntata alla bicicletta, evidenziando i benefici e le potenzialità di quello che è molto più di un semplice mezzo di trasporto. Anche da noi, ci dice il conduttore Iacona, intorno alla bicicletta si è sviluppata un’intera economia che fattura oltre quattro miliardi di euro l’anno. Il PIB è proprio questo: il valore economico generato dall’uso della bici, a partire dalla sua produzione fino agli aspetti più indiretti e meno evidenti, ma non per questo meno importanti. Certo, se consideriamo altre realtà europee, il paragone non conviene neanche farlo: siamo indietro anni luce. Ma servizi come quello di Presadiretta ci ricordano che non è mai troppo tardi per diffondere gli esempi più virtuosi.

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«Uno straordinario antico prodotto dell’ingegno dell’uomo, tornato di grandissima attualità, un oggetto semplice e geniale. Molti scommettono che la bicicletta ci salverà». Ecco come Iacona esordisce per introdurre la protagonista della puntata. Ormai, le città fanno a gara per contendersi il primato di città più green, più eco-friendly o più smart. Ma al di là del marketing e dei simpatici slogan dell’ormai sbandierato sviluppo sostenibile, com’è che effettivamente ci si arriva? Un fattore imprescindibile è sicuramente quello della mobilità sostenibile, che si fa a piedi, con i mezzi pubblici preferibilmente elettrici e con la bicicletta, un mezzo relativamente economico che permette di essere indipendenti e di percorrere anche lunghe distanze senza particolari impedimenti. Il tutto, ovviamente, se c’è l’infrastruttura. Ed è proprio questo un punto caldo toccato dalla trasmissione, nel modo più crudo ma efficace possibile: mettendo a confronto Roma con Copenhagen. La prima, quasi tre milioni di abitanti e solo l’1% di spostamenti in bici, la seconda, neanche un milione e mezzo di cittadini e più del 60% di questi che quotidianamente pedalano. Si nota subito che qualcosa non va. Ciò significa che a Copenhagen hanno investito, a Roma no. Nel Nord Europa, nonostante freddo e pioggia per buona parte dell’anno, hanno capito da anni che l’unico futuro possibile per le grandi città è quello di eliminare progressivamente l’utilizzo dell’automobile privata, fonte di inquinamento, caos e cattiva salute.

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La capitale danese, quindi, ha costruito piste e ponti ciclabili, ha istituito servizi di bike-sharing, ha puntato sull’educazione dei bambini realizzando dei veri e propri corsi scolastici al termine dei quali si rilascia il patentino del ciclista. Questo, ovviamente, perché andare in bici è proprio come guidare un’automobile: occorre essere attenti, rispettare la segnaletica, conoscere le regole della strada. Che forse da noi il problema stia nel fatto che la segnaletica non esiste o che biciclette sono costrette a utilizzare la stessa carreggiata dei trasporti a motore? In Italia, il ciclista è spesso un nemico e a confermarlo sono i numeri: 252 vittime nel solo 2015, una media di 45 incidenti al giorno, un morto ogni 35 ore. A mancare, in Italia, è una vera e propria cultura della bicicletta, il che è sinonimo di poca lungimiranza. Il ciclista è ancora considerato un intralcio, è l’utente debole che nel 2018 rischia ancora di soccombere di fronte al traffico motorizzato privilegiato. Certo le cose stanno cambiando, non c’è dubbio. Bolzano, Pesaro, Ferrara sono esempi di come, con volontà e impegno, si possano raggiungere buoni risultati: circa il 28% degli abitanti di queste città si spostano in bicicletta, e la cosa migliore è che sono felici. Pedalare, infatti, mette di buonumore, libera energia e offre spazio a nuovi pensieri. Le aspettative di vita aumentano e secondo il World Happiness Report, i Paesi più felici sono proprio quelli in cui si pedala di più. Una semplice coincidenza?

bicicletta felicità

La realtà ci dice di no. La bici muove interessi economici e un giro d’affari di tutto rispetto, migliora la salubrità dell’aria e dell’ambiente, consente di rimanere in salute risparmiando i soldi per le tristi palestre, è un mezzo facilmente accessibile, silenzioso, poco ingombrante. Inoltre, come ci dicono i danesi, non si usa la bici perché è “cool”, la si usa perché è pratica! Le due ruote, infatti, fanno risparmiare tempo, riducendo notevolmente i tempi di percorrenza ed eliminando le infinite ore passate nel traffico. Ovviamente, il tutto funziona solo con le idee giuste, gli investimenti adatti e un radicale cambio di mentalità. Se per la Danimarca la bicicletta è parte del DNA culturale e dell’identità nazionale, per noi è ancora sinonimo di passeggiata domenicale, un mezzo da prendere quando fa caldo e c’è il sole, quando si ha del tempo da perdere. Il desiderio di usare la bici è in aumento, non ci sono dubbi. Ma fino a quando continueremo a realizzare piste ciclabili sui marciapiedi, limitandoci a dipingere due strisce bianche larghe neanche un metro per delimitare un’unica corsia a doppio senso, senza un’adeguata illuminazione, con i bidoni dei rifiuti e le fermate degli autobus in mezzo a quest’unica corsia, ecco fino a quando sarà così, non aspettiamoci che il numero dei ciclisti aumenti, né che quello delle automobili diminuisca. Serve un serio progetto da attuare ora per ottenere risultati futuri. La Danimarca lo ha capito già da tempo, noi quando ci arriveremo?

Photocredit: www.kth.se, arteascuola.com

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