Duets: Tutti cantano (ancora) Cristina

L’album di Cristina d’Avena, 53 anni portati come nessuna, è uno di quei casi dove il senso sta tutto nel sottotitolo.

Il titolo, Duets, ci fa sviare, avvicinandoci a quelle operazioni commerciali a metà tra gli anniversari, i tributi, le strenne di Natale e i cantanti in crisi di notorietà e di vendite. Si riprendono le canzoni, si aggiorna talvolta l’arrangiamento, la base, si ospitano altri cantanti figli dei talent o vittime anch’esse del tempo che passa, si inserisce uno scialbo inedito.

La scaletta di Duets sembra rientrare nel classico schema, tra Benji e Fede e i La Rua, Annalisa e Chiara Galiazzo. Il senso dell’operazione sta tutto lì, nel sottotitolo. Tutti cantano Cristina. Se i tormentoni durano giusto il tempo di un’estate, se negli anni 2000 sembra diventato impossibile creare un evergreen, le sigle di Cristina d’Avena rimangono delle hit a distanza di decenni, parole indelebili che hanno accompagnato due o tre generazioni.

-via film.it-

-via film.it-

Lo testimonia il tributo sanremese a furor di popolo nella finale del 2016, i concerti sold out in tutta Italia, l’affetto dei ragazzi di oggi e di ieri, perfino dell’altro ieri. Tra i bambini degli anni’80, cresciuti con le Hot Wheels e il Dolce forno, quelli degli anni ‘90 con l’Invicta ed il Game Boy, persino quelli degli anni 2000, con i Pokémon e le carte di Yugi-oh, mondi diversi e quasi incomunicabili tra loro, il filo conduttore sta nelle sigle dei Cartoni animati. Cartoni che si evolvono, dal contenitore di Bim bum bam agli appuntamenti fissi dopo pranzo, ma che in fondo rimangono sempre gli stessi. Come noi, insomma.

Nella quasi totalità dei featuring di Duets è palpabile l’emozione e la gioia di chi si è divertito a duettare con Cristina. Michele Bravi, pare, ha deciso di non cantare la storica sigla dei Puffi che gli era stata assegnata ma la versione I puffi sanno, pieni anni ‘90, perché era la sigla con cui era cresciuto. La sua sigla, in un certo senso.

Noemi che canta Lady Oscar, l’eroina da cui si mascherava a Carnevale, Chiara che canta Sailor Moon in cui si rivedeva, e che portava sempre con sé in una bambolina in tasca, sono gli esempi di un mondo, quello dell’infanzia, che non si riduce al postmoderno o alle operazioni commerciali da fine carriera: i cartoni animati vanno presi maledettamente sul serio.

Gli arrangiamenti si allontanano dagli originali, da quell’unione di musica e immagini che è il segreto di ogni sigla televisiva. Rispecchiano lo spirito del nostro tempo, come le barre di J-Ax e Baby K. in Pollon o Kiss me Licia, o quella è quasi magia, Johnny che nella versione dei La Rua sembra uscita da un album dei Coldplay. Altre si rifugiano una sensazione intimista che prende corpo nelle voci e i loro incroci, come la splendida Magica, magica Emi con Arisa, Piccoli problemi di cuore con Ermal Meta.

Escludendo alcuni passaggi a vuoto, rintracciabili alle voci Benji & Fede e Alessio Bernabei, l’album scaccia il timore di occasione mancata che sembrava inevitabile, e si rivela inspiegabilmente prezioso. Come se questa fosse l’unica possibilità per rivere la colonna sonora di un certo periodo della nostra vita, la versione 2.0 adattata a tempo che passa, il lavoro che incombe e i bambini che eravamo e che magari, adesso, sono diventati i nostri bambini. Chissà se anche loro ascolteranno Cristina.

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