Encuentro tra Perugia e Parigi

Ho pensato di scrivere questo articolo in onore di ENCUENTRO uno degli appuntamenti culturali e letterari più importanti che sta per avere luogo in Italia. Potrebbe apparire geograficamente più marginale rispetto al Book Pride milanese o al Salone di Torino e meno tradizionale-internazionale rispetto alla Bologna Children’s Book Fair, invece si tratta di un’occasione davvero al cuore del nostro Paese: Perugia. L’Umbria sta per ospitare (dall’8 al 10 maggio 2015) il Festival dedicato alle letterature ispanifoniche ed all’onore di questa seconda edizione sarà la prosa di Gabriel García Márquezencuentro

È capitato per caso che mi imbattessi nell’immensa Maison de l’Amérique Latine a Parigi, lungo Boulevard Saint Germain, métro Solferino, sull’ampio viale si apre la facciata di una residenza dall’architettura classica e dagli interni luminosi e raffinati che ospita esposizioni e incontri con artisti provenienti da tutto il Sud America. Il calendario costantemente curato e la qualità degli eventi mi hanno incoraggiata ad una frequenza assidua che si accompagna alla gioia della scoperta di autori, autrici ed opere che non avrei altrimenti potuto ammirare.

Vi propongo, quindi, un piccolo tour oltre oceano attraverso la produzione di una scrittrice ed uno scrittore, è anche il mio modo di partecipare e ringraziare il nostro Paese per aver pensato alla creazione di un Festival che apra al pubblico italiano le novità ed i classici editoriali ispanofonici – sudamericani compresi, esempio di questo rinnovamento culturale è soprattutto la giovane  e intelligente casa editrice SUR.

Parto proprio dall’avvincente blog di Sur. Sono personalmente d’accordo con la constatazione di un’attualità che consacra un “nuovo boom” della letteratura latinoamericana, ma non solo dal punto di vista editoriale, credo che si tratti di una Rinascita più profonda che coinvolge un continente dalla storia politica complessa, segnata da durezza, regimi, separazioni e dalla ricchezza infinita di una medesima lingua che si piega a mille inflessioni, dialetti, accenti, idiomi, frasari – a livello macro, proprio come il nostro italiano “territorializzato”.

Desidero però partire segnalandovi l’omaggio che Sur ha dedicato a  a Guadalupe Nettel ripubblicando uno dei suoi racconti: «Ptosis». Ma chi è Guadalupe Nettel?

nettelGuadalupe Nettel nata in Messico nel 1973 è autrice di numerosi racconti e tre romanzi. Dopo Petali (Pétalos y otras historias incómodas) e Il corpo in cui sono nata, è uscito il 10 aprile 2015 in Francia, La vita di coppia dei pesci rossi. In questa raccolta – piccolo bestiario del fantastico che parla del reale – il filo che cuce tutte le storie è: «I nostri destini e quelli degli animali che ci circondano sono legati, al di là dell’affetto che proviamo per loro?»

Matrimonio-Peces-Rojos-piccUna gatta che affronta la gravidanza nello stesso momento di una padrona incerta, dubbiosa, tra carriera e la prospettiva di diventare ragazza madre. Un padre di famiglia alla ricerca delle proprie origini che parte per la Cina e ne ritorna sconvolto, apparentemente calmo, inizia a ritirarsi sempre più di frequente, muto, nel proprio studio per fissare un serprente in teca che ha portato con sé dal viaggio. Una coppia di pesci rossi sull’orlo di una crisi, come ogni coppia che ha attraversato insieme tempi lunghi e mareggiate.

Narrazioni sensibili ed iconoclaste che confrontano il lettore a ciò che di più istintuale e animale – dunque, naturale – c’è in noi, in un’umanità complicata a volte, a volte in involuzione a causa di una ragione che pensa troppo, una logica che può compromettere le funzioni più primarie e immediate delle creature viventi.

Animali non per forza domestici i personaggi di questo libro, ci sono anche degli scarafaggi tanto indesiderati dalle comunità umane quanto inaddomesticabili e inestinguibili considerata la loro qualità mutante. Eppure, animali che condividono la quotidianità delle persone, basti pensare a molti appartamenti metropolitani in cui si cerca di debellare insetti capaci di passare dalle tubature.

nettelUn’ispirazione cortazarina, almeno in parte, quella della scrittrice, ma Guadalupe Nettel ci tiene a precisare che tutto viene dall’osservazione della realtà e da scene che sfiorano l’autobiografico. Gli stessi scarafaggi sono un ricordo del suo soggiorno a Madrid, si ingenerò una guerra per debellarli, tragicomica d’accordo, ma hanno vinto loro; una guerra che è anche metaforica e evocativa, per lo meno, così l’ho letta io, ricordando quando – nell’autobiografia Il corpo in cui sono nata – scrive del soprannome che la madre aveva attribuito alla sua schiena ricurva come il carapace di uno scarafaggio, una corazza protettiva da cui – come scrittrice – deciderà di uscire per affrontare de visu ogni nodo irrisolto. Melania Mazzucco scriverà: «Scrivere un romanzo sulla propria infanzia a trentotto anni è una sfida audace, un gesto liberatorio e una prova di maturità. (…) È un romanzo di iniziazione, ma anche un’autoanalisi che serve a comprendere come e perché si forma la persona che si è diventati e si è accettato di essere. È costruito infatti come un monologo il cui destinatario è una psicanalista. La “dottoressa Sazlavski” è assente: non interviene mai – non giudica, non corregge, non interrompe il flusso della narrazione, ascolta con pazienza le domande, gli sfoghi, le sentenze e le polemiche della voce narrante. Un po’ come il lettore.»

E su Doppio Zero, Federica Arnoldi aggiunge: «Per dirla con Sklovskij, “lavora nel proprio materiale facendolo a pezzi come uno scalpellino”. In questo senso, il silenzio della dottoressa è un altro espediente narrativo efficace, perché, nell’indurla a fare costantemente i conti con lo scarto tra intenzione ed esecuzione, obbliga la protagonista a orientarsi in quel labirinto di concatenazioni da cui proviene il romanzo stesso, che è il montaggio di una porzione di mondo su cui ha saputo infine esercitare un dominio intellettuale.»

Ed è proprio questo aspetto passivo-attivo, un’inerzia spesso – che ci troviamo ad affrontare nell’esistenza e che si riflette in questa coabitazione volontaria o involontaria con un mondo animale – sfaccettato, sconosciuto, misconosciuto – intorno a noi – che Guadalupe Nettel esplora. Destini che si incrociano e a cui a volte facciamo a malapena attenzione. Altrettanto insidiosi e pericolosi possono sembrarci gli istinti, le pulsioni e di qui tutta la difficoltà a gestire serenamente le emozioni e le fasi della vita: la maternità, i legami amorosi, la maniera di stare al mondo sono altrettanti temi totemici tanto naturali quanto avvolti da mistero e inquietante estraneità. La prosa è metamorfosi metaforica per eccellenza in questi racconti e resta a comprendere quanto sia cosciente il processo che ci porta ad essere più preoccupati che spontanei e a costruire identità rigide, paurose, precarie. Abbiamo il coraggio di affrontare noi stessi? La nostra storia, i nostri demoni? Conoscerci, accettarci? Accettare un futuro non ancora scritto, dunque invisbile, eppure tangibile? Gli animali intorno a noi – come noi – ci mostrano il loro modo di affrontare il ciclo vitale senza che la ragione snaturi e oggettivizzi ogni slancio.

Accanto all’estraneità, Nettel è una scrittrice che investiga e mette al centro della propria ricerca narrativa – la marginalità. Nata in Messico, ha trascorso la sua vita girando il mondo ed ha ricevuto la sua formazione a Parigi. C’è da precisare – questione non marginale – che redige le sue opere in lingua madre: lo spagnolo rimane il nucleo unitario della sua arte. Ne Il corpo in cui sono nata, racconta della propria storia familiare, segnata dalla separazione dei genitori e dalle esperienze cosmopolite vissute: tutta la sua biografia ha messo in contatto Guadalupe con la marginalità originaria che diventa un territorio fisico e mentale nel quale è possibile costruire una vita nuova ed infine riconciliarsi con la propria vera geografia, il corpo.

IMG_20150416_004929Questa geografia dell’esilio che ognuno di noi crescendo e trasformandosi si trova a vivere per rivelazione e poi per conoscenza è propria alla storia sudamericana, la stessa Guadalupe Nettel in Messico ha partecipato di una società eterogenea frutto di una storia senza pace, come gli esiliati sudamericani fuggiti dalle dittature. Questa situazione di rifugiato-esiliato è quella di Angel Parra.

Angel Parra è diventato scrittore, ma in realtà ha vocazione di cantante e compositore; figlio della grande Violeta Parra, è nato nel 1943 in Cile a Valparaiso. In quanto militante politico è stato arrestato dalla dittatura nel 1973 per affrontare poi l’esilio in Francia. Attualmente vive tra Santiago del Cile e Parigi ed è questa la storia del suo Andrés, protagonista di Bienvenido al paraiso.

parraUna storia semplice e radicale trattata con un umorismo impietoso, calzante, per non soffrire il dolore di quella parte di sé – morta per distacco – destinata a non tornare. Dopo trent’anni di esilio a Parigi, Andrés torna in Cile; è Maddalena, la sua compagna parigina, che gli offre il biglietto d’aereo mentre lo informa di essersi innamorata di un altro. Quel volo rappresenta  – secondo Maddalena – la medicina: la soluzione ai fantasmi ossessivi di Andrés, il suo passato. Tornato in Cile, Andrés sarà accolto dagli amici e ritroverà la propria cultura nel cibo, nella lingua parlata, nelle reminescenze, allora la nostalgia inizia fluire come emozione poetica e idealistica, fino a quando la realtà torna prepotente e gli svela il destino familiare legato all’attualità della società cilena. Forse, è questo il punto, con questo romanzo Angel Parra ha cercato un riscatto dell’utopia facendo giustizia poetica, letteraria, grottesca e radicale rispetto alle impunità le più insolenti.

La parodia diventa l’asso nella manica – o l’ultima strategia, anche psicologica – per ricongiungersi ad una madre patria ancora amata e irriconoscibile. L’aspetto più interessante dell’opera è la volontà di restituire questa poetica attraverso un linguaggio che mette a nudo le implicazioni politiche e culturali di un paese che per molti aspetti si è arrestato: i modi di dire, i proverbi, le credenze popolari.IMG_20150416_004856

Idiomi e campi lessicali che accorciano le distanze, rassicuranti, pieni di certezze e possibilità di costruirsi nelle regole già conosciute, su modelli già prestabiliti, ma la morte nell’immobilismo, nell’incapacità di rinnovare la propria lingua parlata, non attraverso processi estetici, bensì attraverso la concezione di nuovi significati.

La lingua materna come esorcismo, i personaggi come alter ego o riflessi di aspetti umani che a volte non sanno elevarsi e trascendere, con un luce che è la consapevolezza di un orizzonte inestinguibile: l’umiltà di imparare da ciò che il mondo ci fa incontrare per trasfromarci e realizzarci senza essere trascinati dalla paura e riappacificarci con il passato. Un cammino lungo, necessario, entusiasmante.

La letteratura chiude sempre una porta e mille abissi e apre la speranza.

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