I bravi ragazzi di Claudio Caligari

La figura del regista assume diverse forme in base al tipo di film che si cerca di creare: che sia un progetto nato da una sua idea originale, o che abbia dietro di sé una grande casa produttrice che spinge affinché il film sia visionabile da tutte le fasce di età per incrementare i profitti, o che “piccole” ma coraggiose società vedano del potenziale in sceneggiature che decidono di mettere in mano a lui. Qualunque tipo di film si stia facendo, dicevamo, alla fine tutte le responsabilità ricadono sulle spalle del regista. Un impegno importante che, al di là di buone capacità organizzative, prevede che, prima di tutto, ci sia un’idea a partire dalla quale il film si sviluppa; semplice o complessa che sia, questa visione dev’essere perseguita ad ogni costo.

mastandrea-caligariEd è qui che arriviamo a parlare di un regista italiano, Claudio Caligari, che in trent’anni ha girato soltanto tre film. Non si tratta di capolavori, né tantomeno di film inguardabili, parliamo piuttosto di opere che inseguono insistentemente delle idee di base molto interessanti e forti, che permette di connotare tutti e tre i film all’interno del genere pulp, ma non solo, poiché i fatti narrati seguono sempre vie traverse e assumono sfumature che vanno oltre il puro intrattenimento visivo, cercando di arrivare a un’ipotetica coscienza –o cuore- dello spettatore.

I film Amore Tossico (1983), L’odore della notte (1998) e Non essere cattivo (2015) possono pertanto essere riconosciuti come opere “importanti” appartenenti a un panorama cinematografico –quello italiano- che, proprio da trent’anni a questa parte, si è visto paurosamente inaridire.
Il suo primo e ultimo film presentano un’apparente somiglianza, poiché ci permettono di sbirciare nelle vite di alcuni ragazzi romani e del loro rapporto con la droga -eroina nel primo, droghe sintetiche nel secondo-. Partendo da questo presupposto Caligari decide però di prendere due strade molto diverse e seguire due distinte finalità nel raccontare queste storie, assumendo quindi un diverso ruolo come regista –e artista- cinematografico.

amore-tossico-roma-e1463131029657-730x490Da una parte, in Amore tossico, notiamo una ben precisa funzione documentaristica ed educatrice come idea di base del film, i cui giovani protagonisti non vivono un vero e proprio ciclo narrativo: osserviamo piuttosto un ripetitivo spaccato delle loro vite, mentre vagano per la città in cerca di un’agognata dose.
Caligari dipinge una gioventù che ha perso il senso della propria esistenza e il senso dell’orientamento che gli permette di tornare a un luogo sicuro da poter chiamare casa: questa, infatti, viene ritrovata soltanto sul fondo dello stantuffo di una siringa, usata nei parchi, in macchina, sulla spiaggia o in mezzo a una piazza.     Come altri film prima e dopo di questo (Requiem For a Dream e I ragazzi dello zoo di Berlino, per citarne un paio) il film sbatte in faccia agli spettatori una verità cruda, un incubo per niente distante dalle nostre vite, lasciandoci ovviamente con un pugno allo stomaco, come è giusto che ogni film neorealista faccia.
(ecco qui cosa ne pensa invece Andrea Guerrini)

Cosa succede invece, anni dopo quei fatti narrati, nelle stesse piazze della stessa città? Con questa domanda si apre Non essere cattivo, che nei primi quindici secondi di film cita shot-for-shot la prima opera del regista, con i protagonisti che mangiano un gelato che qui, però, viene subito buttato via con la punzecchiante frase «Mai che si faccia qualcosa di originale, eh?».
Il regista si prende gioco molto fugacemente di chi, guardando il film, si aspetta una copia della sua opera precedente rivista con occhi moderni, e ottiene invece una lettera ricca di realismo e compassione per dei ragazzi di strada che cercano disperatamente di non perdere la “retta via”. Cesare e Vittorio passano, infatti, le giornate guadagnando pochi spiccioli grazie allo spaccio di stupefacenti di cui anche loro fanno frequentemente uso, finché Vittorio, sconvolto da un bad trip indotto dall’ecstasy, decide di smettere con questa routine. Cesare, inizialmente spinto da necessità economiche e da una malattia che sta inesorabilmente portando alla morte la sua nipotina, segue le orme di Vittorio, solo per essere velocemente risucchiato in quel processo di autodistruzione che forse, in fondo, appartiene al suo spirito incontenibile.non essere cattivo fightI protagonisti anche stavolta sbagliano nelle loro azioni, e lo fanno spesso. Il pessimismo che permane la pellicola assume le stesse sfumature di quando vedevamo i protagonisti di Amore Tossico continuare, per loro stessa decisione, a bucarsi.
Eppure la vita che Vittorio e Cesare hanno “scelto” ci appare piuttosto come una prigione dalla quale cercano costantemente di fuggire. Il giudizio dello spettatore non è mai completamente negativo nei confronti di questi ragazzi, semmai compassionevole, come quello di un padre che vede un figlio sbagliare. Caligari ama questi ragazzi, e non decide mai di mettere in mostra le loro colpe, poiché probabilmente nella loro situazione nessuno di noi sarebbe in grado di resistere e non cedere all’edonismo puro -seppur breve- che certi tipi di “felicità” riescono a darci.
Ciò che è certo è che nessuno di loro, alla fine, può essere considerato una persona cattiva. Perché anche solo provando, con piccoli passi, a rendere migliori la loro esistenza, nonostante tutto ciò che gli accade intorno continui a risucchiarli in un baratro di disperazione, alla fine assisteremo alla nascita di una nuova speranza, quel sentimento che vediamo spesso perduto dai personaggi, ma che il regista e autore di questo film vuole insegnarci a non abbandonare mai.

8visdxcontroaperturafotopiccola

Claudio Caligari è deceduto questo 26 Maggio, lasciandoci con questa lettera d’amore e speranza per la sua città, Roma.
Come regista e sociologo ho ammirato la sua ricerca delle varie sfaccettature della personalità umana, da lui dipinte nei suoi film sempre con minuziosa attenzione e, soprattutto, mai banalmente. Questo suo ultimo film è stato scelto da dei critici per rappresentare il cinema italiano ai prossimi premi Oscar, una scelta sicuramente simbolica -ma di questo poco ci importa- e che piuttosto definirei giustificata.
Andatelo a vedere.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.