In viaggio verso un sogno chiamato Canada – Parte seconda

Whistler, una cittadina completamente rimessa a nuovo per le olimpiadi invernali di Vancouver 2010, ci si presenta come una tranquilla località di montagna che ospita uno tra i più importanti comprensori sciistici del Nord America e, d’estate, offre moltissime attività da svolgere a stretto contatto con la natura selvaggia che la circonda.

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Il Whistler Mountain Bike Park richiama appassionati di biking da tutto il mondo, e vederli scendere a tutta velocità con salti di almeno due metri e curve al limite dell’impossibile è davvero uno spettacolo che non si vede tutti i giorni.
I numerosi sentieri percorribili a piedi e in bicicletta, ci permettono di raggiungere luoghi nascosti e “dimenticati”, come l’ipnotico Lost Lake: qui ci fermiamo sotto la pioggia battente ad ascoltare il ticchettio delle gocce che cadono sull’acqua grigia del lago, dove un uomo pesca tranquillamente incurante del brutto tempo e del diluvio in corso.

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Ovviamente, è proprio in quell’esatto momento che i miei amati (e vecchi) scarponi decidono che è giunta l’ora di rompersi, lasciandomi a mezz’ora dall’albergo in mezzo alla foresta. Se prima eravamo indecisi se proseguire o meno, gli scarponi non danno scelta e ci avviamo verso il centro di Whistler alla ricerca di qualche souvenir che comprenderà anche un bel nuovo paio di scarpe da trekking.
Anche il giorno dopo, il meteo non sembra essere dei migliori, ma essendo il nostro ultimo giorno a Whistler, decidiamo di non lasciarci scappare la grande attrazione del posto, la famosa funivia Peak to Peak, che appunto collega le due cime del monte Whistler e del monte Blackcomb.

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Questa funivia, unica nel suo genere, percorre più di quattro chilometri nel vuoto, sorvolando la vallata tra le due montagne da un’altezza di quattrocento metri: i 436 metri raggiunti nel punto centrale costituiscono un record mondiale!

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Inutile dire che il panorama che ci si presenta in basso è meraviglioso (se non si soffre di vertigini) e scopriamo anche che il fiume che scorre nella vallata sotto di noi genera energia pulita che alimenta tutte le attività della cittadina di Whistler…niente male questi canadesi!

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Sul monte Blackcomb facciamo conoscenza con decine di marmotte molto simpatiche che si lasciano fotografare facendoci perdere la cognizione del tempo.

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IMG_8846Il clima non è molto clemente quel giorno, e tra nebbia fitta, neve e temperature quasi invernali decidiamo di fermarci e completare l’escursione con una bella tazza di cioccolata calda con panna: è difficile credere di essere a fine maggio e non in settimana bianca.
Una volta rientrati a Whistler, è l’ora di ripartire alla volta di Kamloops e Clearwater, le due tappe intermedie che ci separano dalla cittadina di Jasper sulle Rockies e dal relativo parco nazionale, il più grande delle Montagne Rocciose. Se Kamloops si presenta come una cittadina del tutto normale e poco affascinante da un punto di vista strettamente turistico, lo stesso non si può dire per i paesaggi che scorrono davanti ai nostri occhi nei trecento chilometri che percorriamo per raggiungerla.

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Montagne innevate si alternano a laghi cristallini, ghiacciai e foreste lasciano lentamente il posto ad un paesaggio quasi desertico, un vero e proprio canyon che ci porta un po’ in confusione: siamo in Canada o in Arizona? Ci rendiamo conto che la vera bellezza del Canada è proprio questa, l’enorme ricchezza di ecosistemi naturali così diversi e allo stesso tempo così armoniosi…sembra quasi di fare un giro del mondo pur restando nello stesso Stato.

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Lungo il viaggio, troviamo anche un po’ d’Italia, superando la città di Savona.

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Dopo la sosta a Kamloops, lasciamo la pianura e ci dirigiamo nuovamente verso le montagne, arrivando a Clearwater, piccola cittadina della British Columbia che deve la sua importanza all’adiacente parco provinciale di Wells Gray. Lungo il percorso, decidiamo di fare un paio di soste per ammirare le Helmcken Falls e le Spahats Falls, due affascinanti cascate immerse nella natura più incontaminata. Le prime, di 140 metri, sono puro spettacolo: l’acqua si getta in un vero e proprio canyon coperto da macchie di neve e ghiaccio. Facili da raggiungere, sono una tappa obbligata per chi passa da queste parti: il viewpoint sapientemente costruito consente di ammirarle nel migliore dei modi e le aspettative non sono affatto deluse.

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Anche le Spahats Falls meritano una sosta: un po’ più basse delle vicine Helmcken, offrono allo stesso modo uno spettacolo unico con l’acqua che si getta nel canyon di roccia vulcanica scavato nel corso dei secoli passati.

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Il termine Spahats, inoltre, che letteralmente significa “orso” nella lingue delle First Nations, la dice lunga su chi è il padrone di questa zona: gli orsi neri sono diffusissimi così come dimostrato dai numerosi cartelli presenti sul territorio che ci avvisano sui pericoli e su cosa fare in caso di incontro ravvicinato. Proseguendo il viaggio on the road, ne incontriamo un paio proprio lungo il ciglio della strada e il fatto di essere in macchina ci fa sentire decisamente più sicuri, anche se alla nostra vista gli orsetti spariscono immediatamente, tuffandosi nel bosco che ci circonda.
Dopo una trentina di chilometri di curve e strada sterrata, arriviamo finalmente all’Alpine Meadows Resort, una struttura completamente isolata sulle rive del lago Hallamore, circondata solo da montagne e da silenzio. Un vera oasi di pace, con piccole casette affacciate sulle acque del lago.

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Qui, troviamo canoe e barche a disposizione dei clienti del Resort e ovviamente non ci facciamo scappare la possibilità di metterci un po’ in ridicolo remando per una mezz’oretta lungo le sponde del lago, ammirando l’incredibile panorama tutto intorno. Pian piano, calato il sole e debitamente saltata la cena extra lusso dai costi improponibili, ci ritiriamo per mangiare qualche avanzo della spesa del giorno prima in perfetto stile vacanza (very) low budget.
Recuperate le forze, la mattina è tempo di ripartire, non prima però di una bella colazione tipicamente canadese: succo di mirtilli e butter pancakes con tantissimo sciroppo d’acero …una meraviglia per cominciare bene la giornata (un po’ meno per le calorie…ma siamo in vacanza no?!)

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Abbandonare la Columbia Britannica non è affatto facile, ma ad attenderci c’è Jasper, una cittadina di quattromila abitanti immersa nel verde dell’omonimo parco nazionale e il distacco non è poi così traumatico.

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Il piccolo cottage che ci ospita per un paio di notti è molto accogliente e dobbiamo lottare per non rimanere in casa e dormire fino al giorno dopo. Ma il tempo è davvero poco e dobbiamo sfruttarlo al massimo. Decidiamo, così, di avventurarci e arrivare all’Old Fort Point Summit, un punto panoramico raggiungibile con una camminata di mezz’ora.

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La vista da questo viewpoint ripaga la fatica della salita: lo spettacolare punto di osservazione non presenta nessun ostacolo e offre una vista mozzafiato sulle cime innevate e sulla vallata del fiume Athabasca. Non credo di poter riuscire a trovare le parole giuste per descrivere quello che si prova osservando il paesaggio sottostante: la vista lascia senza fiato. Le acque dell’Athabasca sono impetuose, di un colore gelido a metà tra il bianco e il grigio, e formano sentieri liquidi dalle numerose ramificazioni. Siamo quasi al tramonto e la luce perfetta rende tutto più magico, come se fossimo all’interno di un dipinto. A farci compagnia, troviamo anche un gruppetto di pacifici arieti o bighorn sheep, che scopriremo poi essere tipici di questa zona e in generale delle Rockies.

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IMG_9257A cena, la pizza da asporto che prendiamo nel locale indicato dalla guida non è affatto male per gli standard italiani e ci riconcilia un po’ con i pasti fatti fino a questo momento. Anche la colazione del giorno dopo, con muffins e succo di mela, risulta deliziosa e ci prepara al meglio a una giornata lunga e intensa alla scoperta del Maligne Canyon e dei laghi intorno a Jasper.

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Il Pyramid Lake, il primo che ammiriamo, deve il suo nome al monte che si specchia nelle sue acque, caratterizzato da una riconoscibile forma piramidale. Le acque di questo lago, così come quelle del Patricia Lake, sono cristalline, di un intenso verde acqua (appunto) e si gettano dopo due chilometri nel fiume Athabasca. La piccola Pyramid Island, raggiungibile tramite un ponte di poco più di duecento metri, è un vero gioiello che ospita tantissime varietà di alberi e di animali, tra cui il red squirrel, e viene spesso utilizzata per celebrare matrimoni…con non più di cinquanta invitati! Il vicino Patricia Lake, raggiungibile a piedi da Jasper, è un vero e proprio specchio d’acqua, immobile, un luogo in cui la pace regna sovrana e dove verrebbe voglia di trasferirsi immediatamente. I sentieri che lo circondano, si intrecciano in mezzo alla foresta e regalano splendidi scorci sulle montagne più lontane e sui laghetti più nascosti.

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Il timore degli orsi è sempre presente, ma andiamo avanti sperando che loro abbiano più paura di noi…fortunatamente incontriamo solo qualche piccolo cervo intento a pascolare.
Il pomeriggio, l’ultimo qui a Jasper, decidiamo di avventurarci a una ventina di chilometri di distanza, per raggiungere il Maligne Lake, con una precedente tappa al Maligne Canyon, scavato dal Maligne River (non molta fantasia, bisogna ammettere). Il canyon si rivela una bellissima sorpresa; nonostante sole e caldo, in alcuni tratti del percorso troviamo ancora tracce di neve e man mano che si scende nella gola ci rendiamo conto di quanto l’acqua abbia eroso la roccia con la sua forza e la sua potenza, il tutto in uno scenario dai meravigliosi colori naturali che si tingono di un bellissimo arcobaleno pomeridiano che possiamo osservare da uno dei sei ponti presenti sul canyon.

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Per terminare la giornata giungiamo al Maligne Lake, poco più a sud, non prima di esserci fermati ad ammirare un pacifico orsetto sdraiato ai lati della strada. Il lago “Maligno”, così chiamato per via del particolare impeto del fiume che da qui scorre verso l’Athabasca, è una pura e semplice cartolina. Ci fermiamo ad ascoltare il silenzio, intervallato dal verso di qualche uccello di cui la foresta è piena, incantati dal panorama e dalla ritmicità delle piccole increspature date dal vento.

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La sensazione è di essere al posto giusto, al momento giusto…anche se quello che sembra l’ululato di un lupo in lontananza ci ricorda che forse è meglio rimettersi in macchina, non si sa mai.
Il tempo di ripartire è arrivato e un po’ a malincuore lasciamo Jasper e le sue innumerevoli meraviglie naturalistiche per scendere verso sud, lungo le Rockies, diretti verso la turistica cittadina di Banff. Finalmente siamo giunti al momento panoramico più atteso della vacanza, l’attraversamento delle Montagne Rocciose sulla Icefields Parkway o Strada dei Ghiacciai, una delle più affascinanti al mondo, che collega Jasper a Lake Louise situato all’interno del Banff National Park.

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Completata nel 1940, questa strada offre la possibilità di uno sguardo privilegiato sulle cime innevate delle Rockies, sui molteplici ghiacciai, e sui suggestivi laghi raggiungibili grazie a brevi sentieri costruiti appositamente. D’inverno è spesso chiusa a causa di ghiaccio e maltempo, per cui d’estate è naturalmente invasa da camper, bus turistici, macchine e biciclette per i più avventurosi. Perfino a giungo, però, in corrispondenza dell’Athabasca Glacier, veniamo colpiti da una violenta tempesta di acqua e neve, che ci invita a fare una sosta per salire ghiacciaio grazie ai tour organizzati dal Columbia Icefield Glacier Discovery Centre, una mega struttura molto ben organizzata e apprezzata dai numerosi turisti che la affollano.
La Glacier Adventure, in particolare, permette di raggiungere il ghiacciaio con dei veicoli appositamente realizzati, caratterizzati da grande potenza, ruote giganti e un costo alquanto proibitivo a detta della guida.

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Una volta sul ghiacciaio, lo spettacolo che si presenta ai nostri occhi è unico, maestoso, di un bianco assoluto. La distesa di ghiaccio è intervallata da piccoli rigagnoli di acqua purissima dal celeste intenso. Qui, in mezzo al nulla, circondati solo da montagne che superano i tremila metri, ci sentiamo piccoli, microscopici, ma fortunati a poter ammirare uno spettacolo simile. Il prezzo del biglietto, non proprio contenuto, è uno dei lati negativi di questa esperienza, ma compreso nel prezzo c’è anche il tour al Glacier Skywalk, un ponte di vetro sospeso nel vuoto a quasi trecento metri d’altezza…da brivido!

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Doveroso dire, però, che si tratta di un pacchetto estremamente turistico che, in mancanza di tempo, può essere decisamente evitato, tante sono le attrazioni naturali da scoprire lungo la Icefields Parkway. Per questo, dopo aver ammirato il vuoto sotto i nostri piedi, raggiungiamo in fretta la macchina e ci rimettiamo in viaggio impazienti di trovarci di fronte ai magnifici laghi glaciali di questa regione.
Lungo la strada, facciamo tantissime soste non previste: ogni venti minuti incontriamo “posti di blocco” che scopriamo essere macchine di turisti intenti a fotografare orsi nascosti tra gli arbusti, a una distanza di sicurezza non proprio…di sicurezza.
Il clima quel giorno non ci assiste proprio e a tratti veniamo colpiti dal vento gelido e da sporadici fiocchi di neve, cosa che ci impedisce di godere al meglio della bellezza mozzafiato di questo selvaggio parco nazionale. Decidiamo così di raggiungere direttamente Banff, di sistemarci in albergo e di rimandare al giorno dopo l’avventura tra laghi e cime innevate. La cittadina di Banff è un piccolo gioiello incastonato tra le montagne rocciose, a 1460 metri, forse eccessivamente turistica ma decisamente degna di una sosta di un paio di giorni.

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Fortunatamente, il giorno dopo è illuminato da un caldo sole di fine primavera e ci rimettiamo al volante per raggiungere i due laghi che avevamo lasciato in sospeso il giorno prima. Il primo, il Bow Lake, è ancora coperto da lastre di ghiaccio su cui si riflette la luce del sole. Pur non essendo tra i più conosciuti, il Bow Lake è senz’altro degno di una sosta.

20668244_10212332641625319_1355876823_nNulla, però, raggiunge il fascino di Peyto Lake, un lago glaciale situato un po’ più a nord sulla Icefields, dalla forma facilmente riconoscibile e dai colori talmente intensi e brillanti da sembrare finti, ritoccati con Photoshop. Il lago, che si staglia di fronte a noi e che il perfetto viewpoint ci consente di ammirare dall’alto, lascia senza parole…basta dare un’occhiata alle foto per giudicare!

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Non credo di esagerare affermando che si tratta di uno dei più bei laghi al mondo, con sfumature turchesi che ipnotizzano.
Da qui, spostandoci più a sud facciamo tappa al Lake Louise e al Moraine Lake, altri due gioielli del Banff National Park. Il primo, il più celebre del parco, è affollato da tantissimi turisti e questo non consente di goderne a pieno, data la folla che si accalca sulle sue sponde. Essendo il più pubblicizzato, richiama tantissime persone, e pur essendo enorme e con imponenti montagne sullo sfondo, non lo metterei al primo posto…meglio altri luoghi più sconosciuti e più preservati.

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Il Moraine Lake, invece, è in assoluto quello che preferisco, una meraviglia naturale che si avvicina un po’ all’idea di perfezione.

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A inizio giugno, il lago è ancora ghiacciato: l’acqua trasparente è di un turchese intenso e le “Seven Sisters” sullo sfondo, cioè le sette montagne “sorelle”, osservano maestose il paesaggio sottostante. Pur essendo più piccolo del Lake Louise, il Moraine Lake è molto più scenografico, e il punto panoramico da cui lo osserviamo ci consente di scattare bellissime foto, proprio come quelle che si incontrano sfogliando riviste di viaggi e guide turistiche.

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Il tour dei laghi dell’Alberta ci riempie di gioia e ogni volta che saliamo in macchina, pronti per la successiva tappa, siamo sempre più felici e increduli delle emozioni che la natura incontaminata può regalarci.
Per concludere la giornata, facciamo un salto all’Emerald Lake, il Lago Smeraldo, che già dal nome intuiamo essere una vera chicca di questa regione. Per farlo, sconfiniamo ancora una volta in British Columbia, esattamente nello Yoho National Park, istituito nel 1886. Una volta arrivati sul posto, le aspettative non sono deluse. Le acque del lago sono davvero simili al colore di uno smeraldo, quasi fosforescenti. Qui troviamo anche traccia di recenti valanghe, che insieme agli incendi sono un po’ la vera piaga di questi luoghi.

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A questo punto, consultata rapidamente la guida, decidiamo di allungare un po’ per raggiungere le Takakkaw Falls (che significa più o meno qualcosa come “è magnifico”), a cui si arriva tramite una spettacolare strada panoramica da cui si scorgono foreste infinite e rocciose pareti scoscese. Sfortunatamente, la strada per raggiungere le cascate è ancora chiusa, probabilmente per neve o frane e siamo costretti a tornare indietro.
C’è da dire, però, che questi canadesi sono fenomenali nel rendere attraente qualsiasi cosa per un turista e lungo la strada ci accorgiamo che hanno addirittura ideato un punto panoramico, un belvedere, per osservare i lunghissimi treni merci che si snodano lungo i tortuosi binari delle Rocky Mountains, attraversando gallerie a spirale.

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Ci fermiamo, incuriositi da questa particolarità, e proprio al momento giusto: sotto di noi stanno passando gli infiniti vagoni di un treno, ed è sensazionale osservare in che modo questo scorra sinuoso tra gli alberi, entri in galleria, attraversi la montagna e riesca avvolgendosi su se stesso, come un serpente che striscia lentamente su un sentiero di montagna.

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Pur non avendo previsto questa tappa, ci accorgiamo di aver assistito a qualcosa di molto caratteristico, di unico oserei dire, ed è anche molto interessante leggere la storia di come sono stati costruiti questi tunnel e del perché sono stati realizzati proprio in questo modo. Costruiti a fine Ottocento, costituiscono oggi una grandiosa opera di ingegneria che vale la pena fermarsi a osservare.
È giunto il momento di tornare verso Banff e di fare le valigie per ripartire il giorno dopo, in direzione di Calgary, ultima tappa del nostro viaggio into the wild. Sulla strada del ritorno, per concludere ancora più in bellezza l’intera giornata, scorgiamo anche un esemplare di grizzly non molto lontano da noi che, però, fatichiamo a fotografare, data la sua velocità nello spostarsi e gli alberi che ci limitano la visuale.

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Una volta giunti a Calgary, dove trascorriamo la notte dopo aver fatto un tranquillo giro tra le strade del centro, ci rendiamo conto che le tre settimane trascorse in questo meraviglioso Paese sono giunte al termine e trattenere le lacrime non è un’impresa molto facile.

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Visitare il Canada, attraversandolo in lungo e in largo, scoprendo città e villaggi, toccando le acque gelide del Pacifico e avventurandoci tra i ghiacciai delle Montagne Rocciose, ci lascia dentro una sensazione che difficilmente può essere descritta a parole. Il Canada mi ha arricchito, mi ha ricordato che è ancora possibile meravigliarsi di qualcosa, che tutto quello che serve per essere felici non è poi chissà cosa. Bastano un lago cristallino e una lontra a pancia in su, un fiume impetuoso che si getta dall’alto di una parete rocciosa e un tramonto infuocato sull’oceano. Mi ha ricordato che, per essere felici, non servono oggetti ma esperienze, scoperte e avventure. Esperienze, scoperte e avventure che solo la natura selvaggia e incontaminata sa offrire, a chi sa apprezzarla.

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