Isabelle Thiltgès. Equilibrio, forma e voluttà. Sapere ciò che non si conosce. Essere in cantiere

Equilibrio

Equilibrio

Nata in Belgio da padre olandese e madre inglese, Isabelle Thiltgès inizia molto presto a seguire corsi di disegno e di scultura. Nel 1982 lascia Bruxlles e si trasferisce a Parigi dove inizia a frequentare, nel 1992, corsi di scultura di terra, è allora che viene ammessa all’atelier di Catherine Mathieu. Per dieci anni seguirà la formazione della “rue d’Armaillé” nel diciassettesimo arrondissement parigino, nel contesto del progetto ADAC (Association pour le Dévloppement de l’Animation Culturelle de Paris – Associazione per lo sviluppo dell’Animazione Culturale di Parigi). In questo stesso periodo si dedicherà a perfezionare il suo lavoro di scultura in terra, scoprendo contemporaneamente la sua poetica, o se vogliamo le linee essenziali della sua opera, ispirazione profonda che la guiderà anche nell’avvenire: il principio fondante di questa ricerca, di questa sua arte è la semplicità, similmente a Brancusi, Isabelle sente che «la semplicità è la complessità risolta» e ancor più profondamente l’artista considera che «la mano pensa e unisce il pensiero alla materia.»

Dopo l’esperienza in atelier, Isabelle decide di scolpire da sola in un proprio spazio, parallelamente inizia a familiarizzare con il bronzo. Così, nel 2002 si iscrive alle Belle Arti di Parigi per seguire dei corsi di disegno accademico. Al fine di perfezionare la sua tecnica, Isabelle riprenderà ancora una volta la sua formazione artistica nel 2010 scegliendo corsi di morfologia e disegno. Questa personalità sempre in evoluzione traspare anche nelle sue opere che trasmettono un senso di trasformazione permanente, una volontà di superare la facilità apparente delle cose, il talento di tirare fuori l’umano ed il suo universo dall’indistinto, il dare forma di carne alla materia ed al metallo.

thiltges1

Nel 2011 le sue opere vengono esposte all’Orangerie du Sénat all’interno dei Giardini del Lussemburgo di Parigi. Chi scolpisce chi? (Qui sculpte qui?). In quell’occasione lo psicanalista e scrittore Androvsky, recensendo la mostra, scrisse «Isabelle T. Possiede il gesto esatto dei ciechi e il tatto di coloro che non conoscono quello che sanno. Lei sa quello che non conosce e di conseguenza conosce quello che non sa. Allora, semplicemente scolpisce, fa scultura con la terra con l’eleganza di coloro che – spesso  per malinconia o incoscienza – hanno il coraggio di parlare un’altra lingua per essere compresi.

Ciò che traspira e appare dalle sue sculture – al di fuori della consistenza liscia, della sensualità e delle forme pulite e erose dalla storia del tempo – è la storia stessa di un essere in cantiere. Le sue sculture ci invitano all’arte, più precisamente all’arte di comprendere ciò che assomiglia all’arte.»

envol

Artista confidenziale e inclassificabile, Isabelle Thiltgès realizza la sua prima esposizione individuale nel 2001. Le sue preoccupazioni artistiche distintive sono già presenti, in particolare – similmente a certi artisti che ammira – la sua arte ha una funzione che sottintende forzatamente una spontaneità ricercata. Sopra ogni cosa, Isabelle esprime il rispetto per la natura della terra che lavora, onorando la sua essenza vivente e tattile. La sua intenzione è quella di restituire questa sensuanlità, incarnando al meglio lei sue ricerche ed il suo rapporto al mondo. Lo scambio con la terra è fondamentale: la forza del materiale, la sua ricchezze e le sue esigenze guidano il lavoro al corpo a corpo che travolge l’artista. Il minerale monumentale e l’umanità poetica di Isabelle.

«Découvrir ou redécouvrir ses sculptures en bronze polymorphes, jamais répétitives, (qui) créent chaque fois la surprise par l’inlassable renouvellement de formes qu’elles proposent.»

(Hélène Rizet d’Edelfelt, historienne de l’Art)

Un rapporto con il tempo e con l’equilibrio si instaura come tensione palpabile tra l’aspirazione artistica e l’intransigenza dell’opera: si tratta di privilegiare il materiale preservando la sua nobilità naturale, ma anche di trovare la bellezza nella forma e nel senso. La terra porta questa dimensione simbolica forte che Isabelle tenta non di addomesticare, ma di celebrare – opera dopo opera, in un’esperienza permanente di autenticità. A quel punto, la verità interiorizzata dalla materia genera la giustizia estetica e suscita dei sentimenti che non erano ancora intrinsecamente nella materia, ma che scaturiscono dall’incontro con l’artista.

Thiltges-1-12

«Le travail d’Isabelle Thiltgès met en scène un univers peuplé de personnages saisis dans leurs existences. Ces saynètes narratives expriment avec beaucoup de compassion les instants précieux de la vie de ces personnages et nous renvoient à nos propres expériences.» (Bruno Jansem)

isabelle

Femme – Donna

Sempre Androvsky ha affermato, «Ogni storia scolpita ha il suo peso di terra ma anche ogni grano di terra ha la sua storia. Alla fine, chi scolpisce chi? Questa è la questione che in maniera sottile Isabelle Thiltgès pone.»

Bruno Jansem Galerie, Paris - Esposizione 2013

Bruno Jansem Galerie, Paris – Esposizione 2013

La sua riflessione creativa concerne instancabilmente la solitudine, l’ambivalenza degli scambi relazionali, la differenza e l’incomprensione inerenti all’essere umano, l’opera d’Isabelle resta comunque ottimista. Lei sa interrogare l’uomo sulle sue debolezze, ma ama anche ricordare la bellezza dell’incontro e della condivisione. Anche se i soggetti che la ispirano sono spesso violenti, l’artista ama realizzare forme lisce e dolci. I diversi periodi del suo lavoro dimostrano, dicevamo, una evoluzione costante. Dal rotondo al magro nelle forme, dallo spontaneo al cerebrale nel concetto, le sue opere denotano un insieme poliforme, singolare, crocevia di stili eclettici che non perdono, però, mai, la preziosa sobrietà formale. Un lavoro identitario evocativo di una certa, ineluttabile, estraneità; un sentimento che si sposa all’armonia.

Solo una definizione è possibile per la sua arte: atemporale. Arte che si confronta al mondo in un gioco di reciproco ascolto, arte che esprime tutti i sentimenti sperimentabili: l’incertezza, l’angoscia, ciò che ci è sconosciuto prima ancora che ignoto, la tristezza, la libertà, la sottomissione. La percezione del corpo. Il desiderio di vivere e amare. La pienezza. Uno sguardo pudico e volontariamente distante ma mai distaccato sul nostro universo, le sue gioie e le sue pene. La serenità finale sembra invitare l’anima a librarsi nello spazio. La scultura come scienza dello spirito.

Ciò che Isabelle sa imprimere alla materia e che sorprende ad ogni sguardo è la luminosità. L’intensità della luce che le sue opere emanano potentemente e generosamente anche quando raccontano la fragilità. Isabelle sembra “contattare la terra”. Un’opera di contatto fertile. Le sue sono sculture che ci guardano, fenomeno dovuto a questo irradiamento. La luce nella materia, la luce dalla materia. Il valore dell’organicità dell’ambiente terrestre. Anche nelle sue opere monumentali recenti resta l’incanto, la leggerezza, il senso di “aspirazione”.

La rivista di arte contemporanea Art Actuel ha scritto sulle sculture e sulle installazoni di Isabelle: le loro forme eteree come i temi che affrontano, rappresentano uno dei temi più decisivi e identitari del lavoro dello scultore; un lavoro nel quale leggerezza e profondità non sono contraddittori, bensì complementari. Le sculture di Isabelle Thiltgès ci ricordano che effettivamente – come scrisse Simone Weil – «niente al mondo può impedire agli esseri umani di sentirsi nati per la libertà» e che appartiene a ciascuno di noi la facoltà di prendere il volo, che è un momento che arriva quando deve, ma che è, a quel punto, anche, momento scelto.

thiltges3

envol

Esposizione al Gouffre du Paradiac nel 2012

La bellezza nella sua pienezza, mai prudente, sempre con grazia. La poesia di Baudelaire ci incantava ripetendo luxe calme et volupté, Thiltgès, da parte sua, modella  equilibrio, armonia e sensualità.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.