Isle of Dogs – I cani e Wes Anderson

Germania, 1940. Dopo aver aizzato il Paese contro gli Ebrei che ne fanno parte, il regime nazista escogita un piano per liberarsene. La cosiddetta “soluzione finale” non è ancora stata varata, e l’idea che al momento circola è invece quella di una deportazione di massa. La meta, il Madagascar.

Isle of DogsNon è di questo che parla Isle of Dogs, l’ultimo film del regista Wes Anderson, eppure è inevitabile scorgere somiglianze con quanto poi (non) è successo. La pellicola è ambientata nel Giappone del 2037, a Megasaki City, dove il primo cittadino Kobayashi, attraverso un decreto da lui stesso emanato, sancisce l’espulsione di tutti i cani dalla città. Da sempre avverso alla razza canina, il sindaco la contagia con dei virus appositamente studiati, sfruttando poi la minaccia batteriologica come alibi per stabilirne la quarantena. A nulla servirà l’antidoto del Partito della scienza, il cui leader, pur avendo diritto di parola, sarà presto messo a tacere. La sua battaglia verrà però portata avanti da Tracy Walker, agguerrita studentessa americana, e da Atari Kobayashi, nipote dello stesso sindaco. Il coraggioso dodicenne, ribellandosi alla sua stessa famiglia, decide infatti di partire verso l’isola della spazzatura alla ricerca del suo cane Spots, trovando qui il sostegno dell’intera comunità canina. Scopriamo così l’esistenza di un vero e proprio lager, con cani sottoposti a torture e esperimenti, nel quale, tuttavia, c’è ancora traccia di umanità. Come mostra anche il doppiaggio, sono infatti gli animali ad avere una voce umana, a differenza dei padroni dal linguaggio incomprensibile.

Isle of Dogs 1«E i cattivi non sono cattivi davvero. E i fratelli non sono nemici davvero. Ma anche i buoni non sono buoni davvero», come cantano appunto I Cani in Wes Anderson. Nell’universo creato dal regista, dove tutto è simmetrico e perfettamente a fuoco, c’è però spazio per le sfumature e la profondità, ed è proprio grazie a queste condizioni che la storia può prendere vita. Si tratta pertanto di vera animazione, certamente virtuosistica ma mai fine a sé stessa. In quest’opera, ancor più che nelle precedenti, Anderson riesce infatti a dar spessore ai personaggi, grazie anche, ma non solo, alle magie dello stop-motion. Con una maestria che ha dell’incredibile, il regista affianca Bosch e Hiroshige agli scenari post-atomici di Akira, i “Cani Randagi” del maestro Kurosawa al più celebre Hachikō, e riesce, come ormai pochi sanno fare, a divertirci in maniera seria. Per quanto leggera, la sua è infatti un’opera tutt’altro che superficiale. È anzi in grado di addentrarsi nel tempo e nello spazio, muovendosi tra culture ed epoche diverse per proporre un messaggio che ha dell’universale.Isle of Dogs 4 Lo stesso dicasi delle musiche di Alexandre Desplat.

Che dire, insomma? Il duo, ancora una volta, è riuscito a fare centro.

Photocredits: www.imdb.com

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