La generazione di Flavia Biondi – Affrontare il ritorno

Da tempo volevo leggere La generazione di Flavia Biondi, graphic novel edito da Bao Publishing pubblicato nel 2015. Ho aspettato un po’, non so perché. Da settimane era posteggiato sulla mia scrivania, l’ho portato con me in un mezzo trasloco e ancora niente. Forse perché avevo deciso che lo avrei letto in treno, durante una breve tratta che mi avrebbe fatto trascorrere fuori Bologna il weekend. Aspettare è servito.

Dopo essere stato tre anni a Milano, Matteo, il protagonista ventiduenne, decide di tornare a casa. È la prima volta, dopo tanto tempo, che rimette piede nel paese in cui è cresciuto. A causa di alcune questioni irrisolte col padre, decide di rifugiarsi a casa della nonna, pensando di potere trovare un po’ di solitudine, ma è soltanto un pensiero che non si concretizza. A casa della nonna, infatti, si accorge che le cose sono cambiate dall’ultima volta: scopre che le sue zie (soprannominate A, B, C) e sua cugina Sara vivono lì e che la nonna, nonostante sia arzilla mentalmente, è invecchiata e malata. Matteo non sa come spiegare a cosa sia dovuto il suo ritorno, ma per un fortuito caso, sono le zie a toglierlo dall’imbarazzo credendo che lui abbia lasciato l’università. Il protagonista, allora, si appiglia a questa bugia, inventata dal padre per spiegare – a sua volta – la partenza di Matteo tre anni prima.

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Il protagonista passa a casa i primi giorni, finge di avere bisogno di tempo per pensare, mente a se stesso quando, in verità, gli fa paura la ripresa del contatto con la realtà che aveva lasciato anni prima. Spreca le sue giornate senza far nulla, pensa agli amici che ha lasciato a Milano, non esce mai. Non ha il coraggio, teme di incontrare suo padre, o peggio ancora, vecchi compagni di scuola. Inoltre, i conflitti in casa non mancano: zia B gli fa pesare la sua nullafacenza, a causa dei loro diversi caratteri le zie battibeccano, la nonna non vuole parlare con zia C. Nessuno menziona il padre di Matteo anche se quest’ultimo ci pensa spesso, crede che le sue zie lo abbiano informato del suo ritorno e si domanda perché suo padre non abbia ancora fatto il primo passo. A poco a poco, però, le cose cominciano a cambiare: Matteo si apre con sua cugina Sara e si riscoprono dopo tanto tempo e poi conosce meglio Francesco, l’infermiere della nonna, che riesce finalmente a fargli affrontare il mondo, facendolo uscire di casa. Inoltre, grazie ai rimproveri di zia B, Matteo decide di prendere in mano la sua vita e lo fa diventando il badante della nonna. La nonna è davvero una figura portante all’interno della storia perché, anche se non si vede, tiene in mano le redini della famiglia come una vera matrona.IMG_20171008_115218

Zia B dice che siamo tutti mele. Che le famiglie sono come un albero carico di frutta. E che quando siamo maturi, succede che ci stacchiamo e andiamo via.

In questo fumetto si affronta la questione del ritorno. Giusto qualche giorno fa, durante una conferenza, si parlava di Un’invincibile estate, romanzo di Filippo Nicosia, in cui il protagonista non sa se partire o restare. Mi è tornato in mente perché ritornare, spesso, è difficile. Non si tratta di ritorno a casa per le vacanze di Natale o per quelle estive. Il ritorno di Matteo è più lungo, anche se nemmeno lui ne conosce la durata. Si tratta di mettere in discussione la propria vita, il proprio passato, le scelte, gli sbagli, i rapporti, le proprie paure, i sogni di un adolescente che vanno in fumo. E oltre al ritorno, si parla di un tema, quello dell’omosessualità, questione spinosa nelle famiglie vecchio stampo. È cresciuto, Matteo, e non ha paura di dichiarare il suo orientamento sessuale, anzi, al contrario, cerca di prendere coraggio e affrontare suo padre da uomo a uomo. Ma l’essere umano è spesso soggetto alla paura di essere giudicato, soprattutto IMG_20171008_115142dalle persone a cui si vuole bene. E in questo Flavia Biondi è davvero talentuosa perché, attraverso i disegni, tratteggia sensazioni e sentimenti reali.

Il confronto tra le generazioni, richiamando il titolo, è alla base di questa storia. Quando si è adolescenti si vive in una bolla, involontariamente si pensa a se stessi, ai propri problemi, senza curarsi di chi ci circonda. L’adolescente medio ritiene di non essere compreso, ha paura di non essere accettato e, allora, esclude a priori il nucleo familiare: questo è ciò che fa Matteo e questo è ciò che, probabilmente, hanno fatto e fanno in molti. Il distacco dal nido può essere utile per scoprire se stessi e, poi, per riscoprire gli altri. È soltanto ritornando e facendo attenzione ai particolari che Matteo inizia a conoscere davvero la sua famiglia, ma soprattutto ad accettarla perché, inutile dirlo, nessuna famiglia è perfetta.

Il constatare che per vent’anni ero cresciuto in una famiglia di cui avevo volutamente ignorato la storia. Il racconto di quelle anziane matrone cui ero troppo indifferente per interessarmene. Arrabbiato perché loro non avevano sostenuto le mie battaglie. Quando io per primo avevo ignorato le loro. Battaglie di anni passati che avevano dato forma alla loro vita. A quella di mio padre e quindi alla mia. Mi sentii in colpa per tutte le nuove generazioni…che dal passato pretendono senza mai dare.

La generazione è una storia di crescita, di presa di coscienza. Ne ho apprezzato le espressioni facciali che danno forza al racconto, le frasi, la possibilità di rispecchiarsi nel protagonista, ma soprattutto la sincerità con cui questa storia è narrata.

Ti racconterò del giorno che ho imparato che non esistono fallimenti assoluti nella vita.
Che gli errori fanno parte della nostra valigia assieme alla gioia e ai ricordi.
Che siamo resistenti alle intemperie se conserviamo la memoria.
Ti insegnerò che quando una mela troppo matura cade dal ramo, l’albero continua a vivere.

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