La rivoluzione è facile se sai come farla – Lo spettacolo dai giovani per i giovani

Pioggia, tanta pioggia. Un po’ di attesa per ritirare il biglietto e si entra al TPO dove si terrà lo spettacolo La rivoluzione è facile se sai come farla, uno spettacolo di Kepler-452, scritto da Daniele Rielli (in arte Quit The Doner), con la regia di Nicola Borghesi e la partecipazione di Lodo Guenzi e Paola Aiello, e musiche de Lo Stato Sociale, di cui fa parte Lodo. È stato presentato per la prima volta a novembre 2015 a Bologna, in occasione del Festival 20 30, progetto nato nel 2014. Riscontratone il successo, si è deciso di portare in giro per l’Italia lo spettacolo che nasce dai giovani per i giovani.

Al buio, una voce fuori campo (per la precisione, quella di Bebo, che è stato anche ospite di Nubi), legge il significato della parola Rivoluzione secondo il dizionario Treccani.

Nell’uso scient., per un corpo in movimento intorno a un altro corpo, lo stesso che giro completo, e anche il relativo moto, più propriam. detto moto di r.; in senso meno proprio è usato come sinon. di rotazione (di un corpo intorno a un asse).

Due i protagonisti: un ragazzo e una ragazza, in cui è facile immedesimarsi. Perché? Perché hanno un sogno (artistico) nel cassetto: il primo vorrebbe che il suo romanzo L’inderogabile altitudine della rivoluzione fosse pubblicato, la seconda mira a diventare una drammaturga perché «l’arte deve essere riconosciuta come un bene di prima necessità!». Entrambi hanno un nemico, diverso ma uguale. Il solito tipo che un giovane è, per forza di cose, destinato ad incontrare nella sua vita: colui che sta un gradino o più sopra di te oppure dall’altro lato della scrivania, colui che ti giudica e un po’ ti illude, un po’ ti ferisce con le sue parole gentili.

Il ragazzo, di Bologna, parte raccontando le sue giornate, scandite da una monotona routine: guardare le puntate di serie tv perché ormai «il grande cinema passa per le serie tv», controllare Facebook, rispondere ai gruppi di whatsapp «perché è cortesia», una o più birre al Pratello perché gli amici lo invitano e tutti, accomunati da precarietà, pensano che sia il caso di dimenticarsi, almeno per un po’, della loro condizione, bevendo qualche bicchiere. Ma l’alcool non è l’unica consolazione, c’è anche il Tavor in tasca, non si sa mai. Menzione notevole al gergo bolognese, i vez e le balotte non mancano.

Dall’altro lato c’è Chiara, l’aspirante drammaturga che ha rifiutato Londra per amore e poi, come da copione, se ne pente perché la storia d’amore è finita male. La sua, ormai ex, ragazza l’ha lasciata per un ragazzo. Ed è proprio su questo che si incentra il suo testo teatrale. Ma, ovviamente, al presidente della Fondazione questo testo non piace, cerca di sottolineare che non sia a causa della storia omosessuale, ma ovviamente si intravede nelle righe del suo discorso che è tutto falso e che proprio quello sia uno dei principali motivi: «La storia di una ragazza che lascia una ragazza per un ragazzo non è credibile», dice.

Nel frattempo, l’aspirante scrittore invia il suo manoscritto a tantissime case editrici, e si esalta quando riceve una lettera da un editor. Poiché non siamo al cinema e non stiamo guardando un film in cui la vita del protagonista ha quella fortunata svolta, non si resta poi tanto delusi quando la lettera viene letta e si scopre che l’editor fa alcuni complimenti al ragazzo e gli augura «Buona fortuna», ma (ed è proprio questo ma che fa male ai giovani) gli argomenti trattati non sono appropriati ai romanzi che la casa editrice pubblica.

Quante volte le nostre velleità si scaraventano al suolo? Eppure, ci fa piacere se qualcuno ci fa un complimento su qualcosa che abbiamo scritto, creato. Ci fa stare un po’ meglio, d’altronde un giovane cerca di trarre sempre il meglio, di vedere quella fioca luce in fondo tunnel.

Fine primo tempo

Quando lo spettacolo riprende, viene letta un’altra accezione della parola Rivoluzione:

Mutamento radicale di un ordine statuale e sociale, nei suoi aspetti economici e politici: In senso stretto, il processo rapido, e per lo più violento, attraverso il quale ceti, classi o gruppi sociali, ovvero intere popolazioni, sentendosi non sufficientemente rappresentate dalle vigenti istituzioni, limitate nei diritti o nella distribuzione della ricchezza che hanno concorso a produrre, sovvertono tali istituzioni al fine di modificarle profondamente e di stabilire un nuovo ordinamento.

I due ragazzi, ormai disillusi, tentano con i mezzi a loro disposizione una rivoluzione, o forse no. Il ragazzo, grazie al fatto di «essere il figlio di…» comincia la sua esperienza lavorativa all’anagrafe, Chiara, invece, fa quasi un gesto disperato per riuscire ad ottenere qualcosa. Le loro vite si incontrano e si incrociano per un momento, forse è questa la loro rivoluzione, darsi, a vicenda, qualcosa: l’appagamento delle rispettive velleità artistiche.

Io, quando sono uscita dalla sala, ho pensato che tutto lo spettacolo stimolasse la riflessione: dobbiamo scendere così in basso per ottenere quello che vogliamo? Non possiamo essere accettati per quello che siamo? Perché non può essere accettato quello che vogliamo realmente fare? E perché le nostre passioni vengono scambiate per una semplice perdita di tempo?

Ritengo che tutto stia nella provocazione che vuole essere insidiata nello spettatore, del tipo «Non siamo stanchi di stare a guardare? Non è il caso di agire?».

Inutile dire che La rivoluzione è facile se sai come farla è caldamente consigliato.

N.B. Ho ripreso i significati dal vocabolario Treccani online, non so se fossero proprio quelli del testo, ma i concetti erano quelli.
L’immagine in evidenza è stata scattata da Beatrice Ruggieri.

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