La tragedia di Lampedusa – Il mare ingoia vittime e ne restituisce gli oggetti

Un rumoroso silenzio continua ad estendersi in tutta Italia a tre giorni dalla tragedia. La strage di Lampedusa ha lasciato gli italiani in un limbo di sconforto e riflessione. Fa rabbrividire il numero dei morti: 111 il 5 ottobre (58 uomini, 49 donne, 4 bambini); 213 solamente due giorni dopo. E sono solamente i cadaveri restituiti dal mare. Provoca una certa tristezza sapere che molti sono morti abbracciati e che ad ogni uomo deceduto sia stato assegnato un numero. È strano come si passi la vita tentando di ottenere un’identità e fa rabbia vedere che ogni corpo senza vita gettato sull’isola sia stato contrassegnato da un banalissimo segno numerico e coperto da un telo bianco.

Tra le 3,20 e le 5,05 della notte tra il 2 e il 3 ottobre un barcone carico di somali, eritrei, siriani, mediorientali, guidato da un tunisino ha provato a raggiungere Lampedusa, l’isola siciliana sinonimo di speranza. Uomini, donne, bambini, ammassati in viaggio per raggiungere la terraferma, un posto sicuro, in attesa di rendere concreta la certezza di poter sopravvivere. A 0,6 miglia dalla baia dei Conigli, dato fornito dalla Guardia Costiera, comincia ad aleggiare odore di nafta: proviene dalla sala macchine. I più impulsivi prendono una coperta, appiccano un fuoco per chiedere aiuto ai pescherecci in lontananza. Il fuoco, però, si scatena ed è già troppo tardi per evitare la tragedia: la barca comincia ad ardere, tutti si spostano sul lato della barca ancora intatto dall’incendio. Il peso è troppo da sopportare. La barca si capovolge e molti vengono inghiottiti dall’oscuro mare. I primi soccorritori sono otto amici in barca che si trovavano vicino all’area della tragedia. Piange Grazia Migliosini, una degli otto soccorritori. Piange lacrime amare piene di impotenza. Piene di consapevolezza che in otto non avrebbero potuto salvarli tutti. Sulla barca in fiamme gli immigrati urlano di salvare prima i bambini perché ce ne sono molti, ma per quattro, o forse di più, non c’è ugualmente nulla da fare.

Una polemica è aperta dai pescatori che vogliono discolparsi dalle accuse di non essersi prestati ai soccorsi. I sopravvissuti, infatti, non appena sono approdati sull’isola, hanno affermato che i pescherecci non si sono fermati ad aiutare. Totò Martello – presidente del Consorzio dei pescatori – ha detto “I pescatori salvano vite”. Non la pensa così Vito Fiorino, uno dei primi soccorritori nonché proprietario della barca su cui sono stati fatti salire i superstiti, che ha accusato i pescatori di essere i responsabili di fotografie e video mentre la gente bolliva in acqua.
I pescatori risentiti hanno voluto comunque dare una dimostrazione di partecipazione al lutto nazionale lanciando una corona di fiori in mare.

A causa del maltempo del 5 ottobre i sommozzatori hanno dovuto porre una pausa alle loro ricerche, non si sa ancora quanti altri uomini il mare abbia inghiottito. C’è chi afferma che sulla barca ci fossero 450 uomini, qualcuno dice “eravamo più di 500”. Ieri, 5 ottobre, la presidente della Camera, Laura Boldrini, è arrivata a Lampedusa per incontrare i 153 superstiti dei quali l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha chiesto di non pubblicare le loro fotografie nel riguardo delle famiglie rimaste nei territori d’origine.

La Boldrini ha espresso la sua solidarietà a Lampedusa sulla sua pagina Facebook: “Siamo a Lampedusa con una delegazione di deputati dell’intergruppo sull’immigrazione, per portare ai sopravvissuti, alla Sindaca Giusy Nicolini e alla cittadinanza la solidarietà e il cordoglio della Camera. Ma anche per dire che le cose possono cambiare, che bisogna impegnarsi a risolvere le cause che stanno alla base della fuga: le misure di contrasto non riusciranno mai da sole a bloccare la fuga di chi si lascia alle spalle guerre e regimi.

In tutta Italia si sono svolte manifestazioni per dimostrare solidarietà ai morti di Lampedusa, ad esempio:
– A Palermo, in piazza teatro Massimo, si è svolta in serata di venerdì 4 ottobre una manifestazione in onore delle vittime. La gente mette bene in mostra un lenzuolo con sopra la scritta SANGUE NOSTRUM.
– A Bologna, il 4 ottobre, giorno della festa di San Petronio, patrono della città, i giochi pirotecnici di fine serata sono stati annullati in segno di lutto.
– A Lecce è stato organizzato un flash-mob: le persone si sono coperte con dei lenzuoli bianchi e sono stati anche loro cadaveri per pochi minuti in nome dei fratelli morti.
– A Parma, venerdì, sono state organizzate due manifestazioni: una alle 17,00 organizzata dal Coordinamento Pace e Solidarietà, dalla Rete Dormire Fuori, dal Ciac e dal Centro Interculturale e l’altra alle 20,00 organizzata da Cgil, Cisl e Uil.

Ha di certo stupito l’atto compiuto da Fabio Felli, sindaco leghista di Gemonio (VA) per avere tolto le bandiere e averne postato le foto su Facebook dopo la proclamazione del lutto nazionale e l’invito esteso a tutti i Comuni ad esporre le bandiere a mezz’asta e listate a lutto. Il sindaco Felli ha anche attaccato il presidente della Camera, Laura Boldrini, e il ministro dell’Integrazione, Cécile Kyenge. Quest’ultima si è sentita profondamente toccata dalla tragedia affermando “Avrei potuto esserci io su quel barcone”.

In un momento di crisi e di caos politico, si aggiunge anche questa disgrazia alla cronaca italiana. L’Italia ha espresso il suo maggiore aiuto e la sua partecipazione nella ricerca delle vittime e nel salvataggio dei superstiti. Ma non è certo questo il primo sbarco che avviene a Lampedusa, isola che ha avuto un calo nel turismo, proprio per via dei continui sbarchi. Come si comporta realmente l’Italia ogni volta che avviene uno sbarco? Come si comporta l’Europa? Le parole espresse dai ministri sono confortanti ma come dicevano i Romani verba volant, scripta manent: si spera che ci possa essere una legge scritta che resta a favore non soltanto di coloro che emigrano dal loro paese per una vita migliore, ma anche per l’Italia che, a differenza di altri stati come la Spagna e la Grecia in cui gli immigrati vengono rimandati indietro senza possibilità di approdare alla costa, continua ad accogliere gli immigrati sia morti che vivi. E intanto il mare restituisce oggetti, scarpe, vestiti strappati, brandelli di abiti e fotografie portafortuna per gli immigrati che purtroppo non sono bastate a proteggere dal dramma.

 

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