#Lanternesonore in SRI LANKA

per la rubrica di musica: un Paese al mese con “Lanternesonore”

Un’isola non è tale quando il mare non la distanzia troppo dal continente ed è il maggiore canale di comunicazione, allora un piccolo fazzoletto di terra può divenire un microcosmo in cui immagazzinare, elaborare, conciliare ed affinare tutte le influenze che approdano sulle proprie sponde. E’ il caso dello Sri Lanka, l’isola che ha fatto del multiculturalismo la propria bandiera facendo convivere, non senza contrasti, tutte le principali religioni, e che con l’invasione turistica conseguente allo stemperarsi dei conflitti separatisti deve combattere principalmente con la preservazione della propria identità culturale faticosamente edificata. La musica nell’isola è onnipresente, gli strumenti percussivi ne sono radicalmente gli incontrastati padroni, sia il rituale folklorico Kohomba kankariya, ritmato per quindici ore da tamburi, che il principio delle cerimonie buddhiste ne rappresentano la realizzazione ancestrale sia nell’aspetto più rurale che in quello religioso. Se adesso dagli scintillanti negozi, in cui tutta la merce è importata dalla vicina India e dalla Cina, emerge musica sintetica bollywoodiana, e gli schermi degli spericolati autobus diffondono a rotazione esibizioni di bands che indossano giacche del medesimo colore e suonano un agrodolce rock ultratecnico, è certo che c’è stato e c’è molto di più sotto la superficie.

z_p05-samarakoon-03l’isola di Ceylon ha dovuto combattere per la propria indipendenza culturale, una battaglia ancora non doma come provano le non sopite braci della rivolta delle Tamil Tigers. Una figura su tutte incarna la fragile complessità di quello che altrimenti non sembrerebbe altro che una scheggia di paradiso caduta nell’oceano. Egodahage George Wilfred Alwis Samarakoon , o Ananda Samarakoon, è il padre della canzone singalese, è colui che attraverso una sincera sensibilità lirica ha donato all’isola strofe di dignità poetica e una musica che si discostasse dal canone indiano vigente, prendendo le tessiture sonore continentali ed innestandole nella florida e solare terra singalese. Morto suicida a cinquanta anni dopo decadi di successo come pittore e musicista, è suo l’inno nazionale dello Sri Lanka, la forzata e ingiustificata modifica del testo di questa ed altre canzoni sono la probabile causa della sua morte.

premasirise la “Lacrima dell’India” è un coacervo di impulsi che dal mare arrivano a toccare e penetrare il perimetro costiero fino all’entroterra, un compositore ha fatto propri tutti questi segnali sonori dando vita a intrecci di strumenti occidentali con industani assieme ai temi cari al canto folklorico singalese. Il Maestro Premasiri Khemadasa è l’unico musicista dello Sri Lanka ad aver composto opere alla maniera europea con un carattere morbido e pieno, come in un grande incrocio affollato flauti e violini, sitar e voci si affiancano e sorpassano creando caratteri fiabeschi e patetici, ricchi e gravidi come grappoli di frutta più che matura.

Senza titoloil clima, la dolcezza dei promontori, il rigoglio della giungla e il carattere degli abitanti di Ceylon effondono uno spirito che sembra fatta apposta per invitare al relax e all’ottimismo; così la quintessenza della musica fatta per danzare ha un nome e un carattere immediatamente riconoscibile. Derivante dal portoghese la baila era musica da matrimoni, battimani e girotondi sulla spiaggia, negli anni ’40 il musicista che ne ha fatto un simbolo nazionale è Wally Bastian, il ritmo in 6/8 e gli strumenti di tradizione afro-iberica garantiscono l’irresistibile umore trascinante e scanzonato che rappresenta il carattere della musica singalese a venire.

hfgcla forma “band” si cristallizza negli anni ’60 e galassie di formazioni di musica leggera prendono vita, indossano comodi panni e danno vita al pop singalese mescolando i caratteri della baila con le nuove influenze targate Harry Belafonte, su tutte sono i The Moonstones a creare le più orecchiabili delle hit isolane, prendete Mango Nande e assaggerete qualcosa che vi ricorderà i Vampire Weekend, calypso caraibici e primi strumenti elettrici soppiantano le influenze indiane e cominciano a spadroneggiare sulle spiagge di Ceylon.

jayasriun’ultima isola è quella che nelle ultime decadi ha lasciato un’impronta profonda quanto quella del Buddha nel suolo singalese, l’altrettanto equatoriale Jamaica e il suo re e messia Robert Nesta Marley. Non c’è tuk-tuk o bar sulla spiaggia che non esponga almeno un profilo del musicista di Kingston o i tre colori etiopi e il reggae è vero sovrano del substrato giovanile, merito delle ritmiche rilassanti e delle  tematiche inneggianti all’amore e alla tolleranza che hanno sicura presa in una terra così ospitale (assieme alla sempre amata foglia a sette punte). Il promotore del reggae in Sri Lanka è formalmente Rohitha Jayalath, il leader della band Jayasri, e anche se l’interpretazione singalese non presenta vette pregevoli di contenuto o forma particolarmente originali, non è possibile fare a meno di citarla.

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