#Libromania – Intervista a Trame Libreria Bookshop

bolostoriesEccoci al secondo appuntamento con #Libromania, la rubrica dedicata alle librerie indipendenti. Anche questa volta siamo a Bologna, precisamente in via Goito 3/C dove si trova Trame Libreria Bookshop. Trame è un posto meraviglioso, ci si può accomodare comodamente sulle sedie o sul divanetto e leggere, si può assistere a tantissimi incontri e si possono scambiare due chiacchiere con Nicoletta Maldini, libraia di Trame. Nicoletta è una donna che ammiro moltissimo, una donna forte e straordinaria. Ogni volta che entro da Trame mi sento a casa, Nicoletta è lì e già dal suo sguardo luminoso si comprende come questo sia il lavoro della sua vita, un lavoro in cui mette tutta se stessa, un lavoro difficile per alcuni versi, ma pieno di passione. La ringrazio pubblicamente per avere accettato di entrare a far parte di #Libromania.

Trame è una delle librerie più amate di Bologna e si parla e si legge bene anche di te che la gestisci con amore. Ci racconteresti la tua storia e quella di Trame?
Prima di Trame ho fatto due percorsi universitari dopo il liceo, uno breve in economia e commercio, poi ho lavorato per un anno negli Stati Uniti e poi ho fatto il DAMS. Lavoravo in negozio dal mio babbo come avevo lavorato prima da mio nonno che avevano dei negozi di abbigliamento. Quindi io sto in negozio da quando avevo dodici anni con responsabilità, ovviamente, sempre diverse. Quando stavo finendo il DAMS ho iniziato a fare dei concorsi per bibliotecaria, erano anni dove eravamo moltissimi a fare i concorsi. L’anno dopo la laurea ho capito che era molto difficile entrare in un posto pubblico in biblioteca. È capitato che in una libreria media del centro di Bologna, la Rizzoli, non una grande catena, che aveva una sede su via Rizzoli dove adesso c’è Benetton, cercassero personale per un’apertura in via Altabella. Uno spazio enorme, volevano fare lì la Libreria Universitaria, sono andata e in effetti cercavano. Così, ho iniziato a lavorare nel settembre del 1990 in libreria. I libri e la lettura son sempre stati una passione, leggo da quando ho tre anni! Ho iniziato lì in Rizzoli per un anno. Poi, i gestori della Rizzoli si aspettavano un passaggio fra le due (Rizzoli e Libreria Universitaria) che le connettesse. I permessi non sono mai arrivati, quindi sono nati dei problemi. Dopo la Rizzoli, ho lavorato tre anni alla Cappelli Messaggerie, un’altra libreria, che adesso è Sephora. Purtroppo molte librerie storiche con degli affitti costosi e tutto non hanno retto al mercato. Da Cappelli ho lavorato per più di tre anni, era una libreria che apparteneva a Messaggerie Libri che è una catena ancora adesso distributiva molto importante. Messaggerie Libri aveva molte librerie sul territorio e ha iniziato a dismetterle quindi Cappelli ha chiuso. Dopo mi ha contattato Nanni della Nanni, storica libreria di Bologna tuttora esistente, che ha aperto per un periodo di undici anni dal 1994 al 2005 una libreria che si chiamava Duomo in via Indipendenza, una libreria generalista molto grande, più di 100 mq con più di ventimila titoli. Era aperta dalla nove all’una di notte sempre, anche nei festivi. Io son stata dentro dal primo giorno all’ultimo. Hanno chiuso nel febbraio 2005 e a quel punto lì ho detto «O la va o la spacca, cioè questo è il mio lavoro!». Con due amiche abbiamo fatto la società di Trame nel giugno 2005 e abbiamo aperto a dicembre 2005. Abbiamo aperto non lontano da quella realtà là (libreria Duomo) perché lo spazio ce l’ha offerto un ex cliente, prima di Trame c’era un negozio di giochi di ruolo che però aveva problemi. Ci sono voluti tanti mesi per sgomberarlo perché quando c’è un fallimento di mezzo i tempi si allungano e il 3 dicembre 2005 abbiamo aperto Trame io, Anna e Orsola, noi tre socie. Chiaramente, abbiamo scelto di fare una cooperativa perché qui in Emilia la Lega Coop è molto importante e noi ci tenevamo a fare un progetto che potesse includere altri soci lavoratori, però, purtroppo, abbiamo aperto nell’anno in cui è iniziata la crisi. La crisi si è evoluta, è cambiata, è peggiorata e in più nel nostro settore sono entrate in ballo un paio di variabili, due per la precisione: il commercio online che per le librerie medio-piccole chiaramente è un rivale molto potente, l’altro è la lettura sull’e-reader. Ci siamo trovate a confronto con un grande compito perché comunque tenere in ballo una libreria con orari lunghi, sempre aperta tranne le domeniche (però a Natale siamo aperti anche le domeniche) è un lavoro che richiede un grande impegno. Anna e Orsola piano piano hanno iniziato a fare altre attività e in libreria son rimasta io con persone che magari sono all’interno di percorsi lavorativi, per esempio borse lavoro.

Trame è una bellissima parola. Quali sono, nel mondo letterario, le trame che ti intrigano di più?
Allora, Trame come parola nasce perché il mio papà aveva ancora il negozio e quando c’è stato questo problema che non riuscivamo a entrare qui abbiamo pensato a un nome che potesse andare bene per tutti i due negozi se fossimo state ospitate da lui. La parola trame, infatti, è una parola che ha una valenza sia nel mondo editoriale, che nel mondo dei vestiti e delle stoffe. E poi, ovviamente, il riferimento alle trame dei libri, alle trame teatrali. Io sono una buona lettrice di narrativa. Le trame che mi piacciono di più diciamo che sono le trame un po’ speziate, cioè un po’ solide. Ci son dei libri bakecamolto semplici, ti faccio un esempio, Le nostre anime di notte, l’ultimo di Kent Haruf, non è che abbia una trama molto complessa, due solitudini si trovano e si perdono. Però nel suo piccolo ci sono tutte una serie di variazioni sul tema. Come lettrice originaria, prediligevo gialli e fantascienza, cioè son proprio nata come lettrice vorace e quindi Gialli Mondadori, Urania a bizzeffe perché era un modo di avere molta lettura a costi molto contenuti. E l’altra lettura è l’umorismo, c’era un editore piccolino che si chiamava Bietti che aveva Wodehouse, credo fossero 70/80 volumi e in famiglia c’erano, le mie zie erano tutte lettrici. Mi piace molto la narrativa di genere.

Qui organizzi molti incontri e presentazioni. Ce n’è qualcuno che hai particolarmente a cuore?
Allora, fra gli ultimi Francesco Permunian che è uno scrittore lombardo di Desenzano del Garda, è del 1951. È veramente un outsider, un ex bibliotecario, ha iniziato a scrivere da adulto. Era qui pochi giorni fa, ha raccontato questo suo cammino verso la letteratura. Lui ha fatto degli studi letterari, ha conosciuto Andrea Zanzotto, ha cominciato a sottoporgli poesia, è stato respinto per quindici anni. A un certo punto Zanzotto gli ha detto di smettere di scrivereIMG_20170711_121915 poesia, di provare a passare alla prosa, lui ci ha provato e per tredici anni ha mandato manoscritti a trentadue editori. Lui è uno che ha sentito in sé una vocazione, una passione, ma anche una coerenza. È stato molto bello l’incontro con lui, tra l’altro in sala c’erano editori, altri librai, scrittori. È stato un incontro in cui ci si è confrontati un po’ sull’editoria, sul mercato editoriale. Una persona molto bella. Di incontri qui ne faccio tra gli ottanta e i cento all’anno. Le cose che faccio le scelgo perché di proposte ne riceviamo molte, Bologna è una piazza molto appetitosa quindi ci contattano editori grandi, piccoli, autoproduzioni, di tutto e di più. Cerchiamo di scegliere le cose che ci convincono di più per cui facciamo incontri con grandi autori e con autori piccolissimi, una cosa che mi sta molto a cuore sono le rassegne di poesia che facciamo con Sergio Rotino che è uno scrittore critico bolognese molto in gamba. Abbiamo appena finito una rassegna che abbiamo chiamato Voci distanti perché i poeti presenti nella rassegna erano infatti distanti, soprattutto per ragioni geografiche e logistiche. Per quattro volte su cinque non sono venuti gli autori, ma i loro traduttori. Diciamo che mi emoziono perché, sai, quando qualcuno arriva qui e umilmente racconta il suo progetto editoriale, se tu hai un po’ di orecchie ti confronti comunque con qualcosa di forte, di molto sentito, un progetto editoriale, culturale, professionale con cui devi fare i conti. Per me è molto bello.

È difficile gestire una libreria, soprattutto indipendente e soprattutto con l’avvenire del e-commerce, come dicevamo prima. Molti lo fanno perché devono soltanto fare qualche clic e il gioco è fatto. È anche vero che ci sono dei lettori che preferiscono venire in libreria, guardare i libri, scambiare due chiacchiere. La tua attività ha accusato qualche colpo con la possibilità di acquistare i libri stando comodamente seduti sul divano?
Allora, la mia attività non è mai decollata a sufficienza come ti dicevo all’inizio perché abbiamo aperto in un momento in cui la crisi si intuiva ma non era così visibile e dal 2008 in poi c’è stata una crisi economica mondiale. Non si può pensare di confrontarsi con i colossi, tra l’altro qui Bologna è una piazza che uno dice «Ma perché apri una libreria? Ci son già tutti». Allora, questa è una libreria aperta perché io so fare questo lavoro, ho tentato di farlo in maniera personale, curata, la professionalità è alta. Qual è il punto? Secondo me come tutti curano i propri consumi, dovrebbero curare anche quelli culturali. Ti faccio un esempio, il pane alla Coop costa 1€, il pane di farro delle Giamaiche costa 8€ al chilo. Costa l’800% in più. Se un libro costa 10€, da Trame lo paghi tra i 9 e i 10€ perché alla fine il 10% di sconto si fa a tutti. Se lo paghi su Amazon lo paghi 8,50€ la differenza è circa il 5%. Ora compri il pane e lo paghi otto volte di più, puoi comprare un libro e pagarlo con la differenza del 5%? Sta tutto lì. Fai la riflessione. Come ultima cosa, io pago le tasse e IMG_20170711_122043non pago me stessa finché non ho finito di pagare i debiti ai miei fornitori, la luce, le tasse locali. L’Amazon le tasse a chi le paga? Secondo me, qualunque consumatore intelligente oggi dovrebbe pensare che qualunque consumo fatto online se non è strettamente necessario, come un farmaco introvabile che si trova solo online, dovrebbe pensare al tessuto di negozi locali che pagano le tasse locali e danno lavoro locale. Poi, mi si viene a dire «Io devo risparmiare». Ripeto, il risparmio sull’acquisto di un libro è circa il 5%. Il pane al mercatino costa otto volte di più. Allora il pane molto buono una volta uno se lo concede. Poi, la libreria fa sessanta incontri, siamo al 10 di giugno (data dell’intervista n.d.a.). Sessanta incontri qui al 10 di giugno. Quanti ne faccio da qui a fine anno? Non so, ottanta, cento? Vuol dire cento occasioni di incontrare un autore o un editore o un traduttore e poi tutte le collaborazioni con le associazioni e i circoli culturali. Cioè, io faccio un lavoro di presidio culturale prezioso con tanto affetto, con tanta passione, certo, cerco di cavarci i conti. Ancora non li cavo, voglio arrivarci. Si fa un lavoro di commercio, si fa per passione, si fa con coerenza. Il consumatore secondo me dovrebbe essere altrettanto coerente. Politica, questo è proprio un discorso politico.

Ci siamo viste anche al Salone Internazionale del Libro di Torino. Due parole sul Salone?
Quello di quest’anno una bomba. Io andavo spesso quando ero dipendente, prendevo qualche giorno di ferie, Torino è una città che mi piace, un Salone sempre molto ricco. C’erano dei problemi, molti amici che hanno gli stand, che sono piccoli editori, lamentavano il costo alto degli stand però era un Salone sempre condotto con entusiasmo. Devo dire che il trentesimo Salone è stato bellissimo, Nicola Lagioia che non ha accettato il guanto di sfida grottesco di Milano, ma ha fatto un suo gioco personale, molto pulito, molto di relazione. Lui è una persona adorabile, lo si ascolta su Radio 3, ma l’abbiam tutti visto in giro a Torino con la sua camicia, con i suoi amici, poche guardie del corpo, poca spocchia, per me IMG_20170711_121925è stato un Salone stupendo proprio perché non contro qualcosa, ma per tutti. La scelta del tema dei confini bellissima, qualità degli incontri sempre molto alta, costo degli stand diminuito e speriamo che questa politica rimanga, complimenti. Io mi sono divertita un sacco, mi son persa, perché poi incontri continuamente gente, molto stimolante. Per me che son di mezza età io dopo un po’ non so più chi sto vedendo. Ho tenuto un quaderno e l’ho riempito di impressioni, di incontri, di personaggi. Sono stata a sentire parlare Miriam Toews, scrittrice canadese che è una bomba, la traduce in italiano la marcos y marcos. Un’altra persona fantastica è Annie Ernaux, questa gelida autrice francese. Vanni Santoni che presentava questo norvegese che parlava del mare (Morten Strøksnes, autore de Il libro del mare, edito da Iperobrea n.d.a.), bellissimo l’incontro con Nicola Lagioia, Jonathan Lethem e Fabrizio Gifuni che leggeva Bolaño. Da perdere la testa. Le feste (organizzate da minimum fax e Scuola Holden) bellissime, tutto bellissimo.

Ti hanno mai fatto richieste assurde?
Sempre.

Qualche esempio?
Gli errori nei titoli non li sto a nominare. Le richieste assurde sono date molto spesso dall’insistenza per cercare i libri esauriti. L’assurdo è il modo in cui viene fatta la richiesta, teniamo presente che ormai nell’usato fra maremagnum e i vari siti si riesce a trovare quasi tutto, quindi raramente qualcuno esce da qui senza una risposta. È il modo che delle volte per delle persone è il raccontare di sé attraverso la richiesta assurda. Sai, non sempre hai voglia o tempo di accogliere questo o quell’altro, non siamo Lucy, the doctor is in, si fa volentieri e spesso però non sempre ce la fai a reagire a questi mondi e voragini che ti si spalancano davanti.

I tuoi clienti ti chiedono spesso consiglio?
Molti clienti sono lettori e lettrici forti, diciamo che quando si avvicinano dei regali di circostanza oppure un amico meno conosciuto oppure la sfilza dei regali di Natale, ci si confronta un pochino, ci si dà una mano a vicenda. Devo dire che anch’io ricevo moltissimi consigli perché ho dei lettori forti, accaniti. Io leggo parecchi libri all’anno, diciamo alcune centinaia, però ne passano di qui circa dieci/undicimila, impossibile sapere tutto. Avere dei lettori forti vuol dire confrontarsi con loro, sapere cosa esce, narrativa magari anglofona, magari francofona, italiani minori, la piccola editoria. Certo, la tua personalità esonda e vabbè ci sta, i clienti devono un po’ sopportare, però dal canto tuo, se sei un libraio furbo tieni le orecchie un po’ aperte e da alcuni lettori raccogli a man bassa. Che poi lo ricicli un po’ come vuoi, però è bello.

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Quali sono gli eventi in programma per l’estate?
L’ultimo incontro sarà con Antonella Beccaria e Stefania Limiti sulle tematiche legate al 2 agosto, verrà anche Bolognesi. Poi sospendiamo per un po’ perché la libreria è molto piccola, molto calda, nei weekend le persone vanno via. Facciamo sempre la giornata del 2 agosto in apertura speciale, andiamo in manifestazione e dopo siamo in libreria. Quest’anno stiamo cercando di collaborare con le programmazioni del 2 agosto e stiamo cercando di capire se possiamo ospitare un piccolo evento anche in libreria. La programmazione riparte a settembre, di solito la settimana dopo Mantova, quindi la prima settimana di scuola, il calendario è già molto pieno, siamo già a novembre/dicembre con la programmazione. Abbiamo tante richieste e siamo costretti a decidere per tempo che cosa fare e con chi.

A proposito di questo, se qualcuno venisse nella tua libreria e ti chiedesse se è possibile presentare qui il suo libro, cosa diresti? Quali sono i criteri, se così li vogliamo chiamare, per fare una presentazione qui da te?
Allora, è molto dura. Bisogna imparare a dire di no. Perché ci sono molte richieste, cinque/otto richieste al giorno fra telefonate e mail. Tendenzialmente diciamo di no alle autoproduzioni, quasi sempre perché spesso son libri unici, autoreferenziali, preziosi per chi li ha fatti però molto ego riferiti, se li ospitassimo tutti, dovremmo fare dieci incontri al giorno. Il criterio è un po’ di relazione, una casa editrice con cui si vuole o si vorrebbe collaborare, un traduttore o un editore di cui segui il lavoro che ti piace, una trama di un libro che ti ispira, però bisogna essere sempre molto cortesi a dire di no. Purtroppo la parte che si deve curare di più sono i no, perché sono molti di più i no che i sì. Quella è una parte sgradevole che, però, bisogna imparare a fare.

Ultima domanda, forse difficile o almeno se la rivolgessero a me, sarebbe complicata. Hai un libro preferito o un autore preferito?
Uno solo? Faccio molta fatica! Ci sono alcune donne nei libri, Jo March di Piccole donne, Mary Poppins, Pippi Calzelunghe e la bambina di Harper Lee de Il buio oltre la siepe. Sono quattro voci narrative che mi hanno accompagnato per tutta la vita e che ancora adesso consiglio volentieri. Poi, sono abbastanza ondivaga, cioè riferendomi ai libri letti quest’anno, cito Memoria di ragazza di Annie Ernaux, un libro gelido, una lama. Questa diciottenne racconta a se stessa, ragazza spietata. Un libro veramente inquietante, ma anche affascinante. Ti dicevo prima Miriam Toews, narratrice canadese con questa famiglia allucinante, le si sono suicidati il padre e sua sorella. Una famiglia legata a questa comunità religiosa molto oppressiva, eppure lei riesce a scrivere questi libri formidabili, umoristici, pieni di cuore, di sentimento, molto nitidi. Non è una che fa sconti, è una che ragiona sulle emozioni con un dono di empatia, fantastico. Cito anche Zadie Smith, è appena uscito Swing Time, un libro bellissimo. Qui la domanda è «Ma Mondadori che ha Denti bianchi in catalogo perché non lo ristampa?» Zadie Smith pubblica quest’ultimo libro che ha una potenza dopo vent’anni, Mondadori ha in catalogo il suo primo libro che potrebbe vendere a chiunque e non ce l’ha in catalogo. Da libraia, la cosa che cerco sempre di fare adesso che ci sono i social è rompere le scatole chiedendo sempre «Dov’è questo libro?». Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood l’hanno ristampato ed era quattro anni che scrivevo «Ma dov’è?» al Ponte alle Grazie (l’editore). Ecco, noi possiamo fare un po’ questo lavoro di cucitura con gli altri colleghi e le case editrici e sollecitare che dei libri importanti siano reperibili.

Photocredit: il logo della rubrica è stato creato da Giorgio Ginevra. Le fotografie sono state scattate dalla sottoscritta, tranne quella che rappresenta l’ingresso di Trame (presa da The Bolo Stories) e quella in cui compaiono i libri Wodehouse (presa da bakeca).

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