Mademoiselle Catherine Modiano

È leggendo Isaac Singer che ci siamo resi conto di come l’infanzia possa rappresentare una qualità della letteratura. Non il fatto di scrivere per l’infanzia o dell’infanzia, bensì di vivere la letteratura come l’infanzia dell’esperienza umana, di stare nei tempi della scrittura come testimonianza nell’interpretazione ufficiale e di rivisitare l’infanzia sull’intimo filo dell’inchiostro nei tempi della lettura. Esiste sempre una chance per (re)definire le cose; è la scommessa.

Se ci sono vari motivi per i quali essere felici di essere nati in quest’epoca, per me la coincidenza di essere coevi a Patrick Modiano ne costituisce uno fortissimo. Eccoci al cospetto di un altro premio Nobel in cui mi pare di ritrovare la stessa qualità dell’infanzia nella letteratura come sommità in profondità dell’opera. Certo che l’allegoria di cui parlo diventa potentissima e non duale quando la qualità in discorso va a coincidere con il genere che la esprime: allora è arrivato il momento di aprire il piccolo romanzo per l’infanzia intitolato Catherine Certitude*.

La dimensione politica – e la giustificazione storica e biografica** – sotto forma di testimonianza che riscontriamo in Singer, diventa piuttosto nozione terapeutica di riscrittura biografica in Modiano a partire da una più precisa specificazione della qualità dell’infanzia intesa come fase esistenziale e psico-fisica primaria: la purezza insieme all’ingenuità, connotati privi di giudizio, allo stato natuale, prima che la razionalità e l’impatto con il reale intervengano producendo il trauma della frustrazione davanti alla precarietà e all’impermanenza.

Modiano imprime questo sguardo ulteriore sulle relazioni, sulle persone, sulle storie, sospende il giudizio, anzi no: lo mette fuori gioco e restituisce la compassione che rende giustizia alla complessità dei destini. Una pietas non adulta-viscerale, ma infantile-fatale? Il punto di vista su ogni elemento della realtà (la nostra trama) – dal contesto, ai personaggi, agli eventi – riacquista una componente magica, tenera, vulnerabile, soffice, aerea e, come per gli acquerelli, tutti i colori, grazie all’operazione attenuante dell’acqua, (ma a volte anche la fuligine), si mescolano senza perdersi, si incontrano e si trasformano e coesistono, si attraversano. Non è di poco conto la scelta di un illustratore come Sempé.

Parliamo di identità non meno definite e distinte che assumono una tonalità poetica proprio in virtù dello sguardo portato sul mondo, uno sguardo dolce e amante che permette di integrare il passato smussandone gli angoli più pericolosi. Verrebbe da dire che Modiano ha trovato una formula per sdrammatizzare l’inenarrabile e per narrare il dramma della fine delle cose – o delle cose che hanno una fine (cioè tutte le vite) – senza fissare il mistero impenetrabile, ma risaltano quel che c’è, le atmosfere, i sentimenti, i luoghi, abitando tutta la loro misura e in ogni irripetibile particolarità.

Incontrare Catherine Certitude è resuscitare la sensibilità dell’infanzia che ha il corpo di una bambina e, continuando la nostra allegoria, le riconosciamo la personalità ascritta al femminile della contemplazione e della delicatezza. Per questo abbiamo alcune tracce di grazia: un paio di occhiali, un tutù, Parigi, un papà, una migliore amica, una sola migliore amica, e quell’immaginazione che da bambini sostituisce ancora per un po’ la consequenzialità. L’infanzia non è un mondo di finzione, eppure rappresenta una letteratura della vita, con regole a sé, con una saggezza che fa da ponte tra l’amore e la verità.

Catherine Certitude vuole diventare una ballerina classica -La sua insegnante, Madame Dismaïlova si è inventata una nuova identità e per tornare a casa dopo le lezioni di danza scende a Métro Anvers, vicino a Montmartre -; comunque, dicevamo, Catherine non è la classica ballerina perché è un po’ miope*** e senza occhiali proprio non vede e perde l’equilibrio.  Il papà di Catherine sostiene che la vista non costituirà un problema per, anzi…

Gli altri ti troveranno nello sguardo, quando non porterai gli occhiali, una sorta di vapore e di dolcezza… è quel che si chiama charme.

Il papà di Catherine non è ricco, ma ha un deposito che condivide con un socio in affari non troppo simpatico. Catherine non ha mai capito quale fosse il suo lavoro, ma col tempo si insinua in lei il vago sospetto che qualcosa di misterioso e irregolare ne regoli il flusso. La mamma vive in un’altra fantastica città, New York, e ben presto si ritroveranno insieme, anche se non è ben chiaro quando e come; perché sono così lontani?

catherine

Ci sono delle assenze e dei riempimenti spesso, ci serve un po’ di levità per accettare quel che non c’è. In quel preciso istante di leggerezza ci rendiamo conto che tutte le cose che ci sono o che ci saranno hanno un profilo talmente importante, spesso anche bello, che sarebbe un peccato non farvi attenzione e non rendere loro onore con gratitudine. Catherine Certitude è questo mondo senza certezze, dove è certo solo il valore della vita, l’intensità della nascita, gli sviluppi dell’esistere. L’infanzia non è una bugia, è un momento irripetibile dove le regole sono diverse dal resto. L’infanzia è dove siamo stati più pienamente vicino all’origine e da dove iniziamo a comprendere il valore del verbo creare.

catherine danse

Questa qualità della fiction tra menzogna, identità, realtà e verità e le loro molteplici combinazioni non lineari ma quasi matematiche e soprattutto variopinte sono rappresentate dal quel paio di occhiali che schermano per non essere ‘accecati’ da ‘conoscenze’ troppo crudeli prima di poterle assimilare o di chiudersi nel dolore.

paris sempéSi tratta di emozioni che fanno parte dell’unicità di Modiano e che parlano direttamente della sua personale nascita al mondo letterario e alla società. Tutto è iniziato nel 1968 quando per la pubblicazione del suo primo romanzo si è inventato una data di nascita diversa da quella reale, oltre a scambiarla segretamente con quella di suo fratello. Ossessionato dal periodo dell’Occupazione – ombra da cui tentava di divincolarsi per poterne prendere le distanze, come se solo dissociandosene potesse recuperare una angolazione e, paradossalmente, smettere di fuggire -, prenderà la pelle di Parigi, le sue strade si riempiranno delle figure della sua famiglia di carta.

Il centro di gravità è il calore di ogni momento, la sua casa il cuore arredato di gentilezza e riscaldato dalla presenza del dove si è. L’altrove c’è, ma è bello anche essere qui, completamente qui con tutto quello che si ha.

L’epicentro della letteratura è la scoperta della coesistenza di almeno due mondi: il beneficio di vivere il mondo reale ad alta definizione e un mondo che ‘glissa’ quando ci togliamo le lenti. Un mondo dove danzare come in un sogno. La letteratura come trascendenza di ogni giorno nell’incanto incantevole dei contrasti. La letteratura non è una bugia, è il luogo in cui la verità minacciata si nasconde, per covare prima di nascere e ‘avverarsi’. In ogni vita c’è questa poesia della letteratura per trovare lo spazio e riuscire a fiorire.

La letteraura è la carta carbone dell’anima e scoprire la piccola Catherine Certitude che è in noi è un privilegio nero su bianco.

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* Caterina Certezza, trad. it. di Maria Vidale, Donzelli editore, 2014 – tradotto per la prima volta in Italia nel 1998 con il titolo Sognare senza occhiali.

**Abbiamo affrontato la questione filosofica della ‘giustificazione’ in relazione alla poetessa bosniaca Jozefina Dautbegovic.

***Le potenzialità poetiche della miopia è il bagaglio comune tra la nostra piccola eroina e l’esperienza di una fabbricatrice di eroine, Irène Némirowsky.

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