Mangia responsabilmente!

Ormai le giustificazioni non reggono più e i dati parlano chiaro: il nostro modo di mangiare influenza profondamente non solo ciò che siamo ma anche l’ambiente in cui viviamo. Nonostante sia difficile rendersene conto, ciò che mettiamo sulle nostre tavole ha implicazioni ben più profonde di quanto sembri. Fortunatamente, però, negli ultimi anni, grazie ad una vasta campagna d’informazione a livello mondiale, sempre più persone o per meglio dire sempre più consumatori stanno prendendo atto dell’enorme potere decisionale derivante da un uso più consapevole del portafoglio e della forchetta.world-food-day_istock-ftr-1024x640 È chiaro a tutti quanto, nel nostro secolo, il cibo stia diventando un argomento di cui parlare praticamente ovunque e con chiunque, riportando al vicino di casa i catastrofici dati dell’ultimo studio statunitense sul consumo di latte e al collega di lavoro i profondi benefici del mangiare cibo crudo. Grazie ad un’enorme quantità di informazioni a disposizione ognuno può farsi un’idea più o meno corretta di cosa significhi nutrirsi per star bene, contribuendo a rendere particolarmente appropriata la definizione del giornalista americano Michael Pollan, il quale etichetta il nostro secolo come “The Age of Nutritionism”.InDefenceofFood_frontcover_highres-640x982 Il nutrizionismo per Pollan, il quale utilizza questo termine in maniera prevalentemente negativa, equivale quasi ad una religione il cui unico dogma è quello di mangiare per restare in salute, dimenticando però che il cibo fin da sempre non risponde solo ad una necessità biologica, bensì è profondamente legato alle tradizioni e alla cultura di un popolo, al piacere, alla comunità e alla famiglia, alla nostra relazione col mondo naturale e all’espressione della nostra identità. Aspetti che vengono e verranno sempre più dimenticati, se pensiamo che il prototipo del supermercato del futuro sarà quello ipertecnologico promosso da Coop ad Expo2015, dove le possibilità di interazione saranno virtuali con robot e schermi touchscreen e il cibo, sempre più industriale e perfetto, sarà esposto in sequenza cromatica ed accompagnato da un’etichetta così dettagliata da mostrarne anche il carbon footprint. Probabilmente unica nota positiva dato che la sensibilità nei confronti dell’impatto ambientale della produzione di cibo è notevolmente aumentata negli anni e costituisce l’altro importante aspetto legato all’adozione di uno stile alimentare consapevole. A partire dai primi del ‘900 il consumo energetico (IS) dell’alimento che acquistiamo è cresciuto in maniera visibile, passando da un valore pari ad 1 nel 1910 ad uno maggiore di 100 dal 2000 ad oggi. A pesare sono innanzitutto i mezzi di trasporto, poiché spesso si tratta di aerei che percorrono molti chilometri prima di giungere a destinazione col carico di alimenti. Poi, occorre prendere in considerazione anche il modo in cui il cibo viene prodotto e la forma di energia utilizzata: ad esempio, se un alimento sia biologico o meno e se la fonte energetica utilizzata sia rinnovabile o convenzionale. Non solo, anche i prodotti di scarto della lavorazione e i rifiuti prodotti in seguito al consumo dell’alimento costituiscono buona parte della sua impronta ecologica. www.saicosamangi.infoGli studi a riguardo sono molteplici e concordano tutti su un unico fatto: il settore agricolo e quello zootecnico sono i maggiori responsabili delle emissioni di gas serra, cioè incidono sull’immissione di gas nell’atmosfera molto più che l’intero settore dei trasporti. Nel 2001, le emissioni inquinanti dovute all’agricoltura e agli allevamenti erano di 4,7 miliardi di tonnellate, solo dieci anni dopo sono aumentate del 14% arrivando a 5,3 miliardi di tonnellate di CO2 soprattutto per effetto dell’incremento produttivo nei paesi in via di sviluppo. Dati che tralasciano il consumo di acqua e suolo, la deforestazione e l’utilizzo di sostanze chimiche. E, se tra gli esperti queste cifre sono ormai ben note da tempo, non si può dire lo stesso per il grande pubblico, ancora piuttosto ignaro. Nel 2009 fu lo scrittore e giornalista statunitense Jonathan Safran Foer a dare il via ad una reale presa di coscienza collettiva con la pubblicazione del saggio Se niente importa – Perché mangiamo gli animali. se-niente-importaAl di là delle implicazioni puramente etiche di cui non tratteremo (pur essendo parte del problema), il testo ha il pregio di raccogliere e trattare in chiave giornalistica uno degli argomenti più controversi degli ultimi anni, portando alla luce il reale impatto degli allevamenti intensivi sugli animali, sulla nostra salute e sull’ambiente. Riportando i risultati di uno studio presso la University of Chicago, Foer afferma che “le nostre scelte alimentari incidono almeno quanto le nostre scelte in materia di trasporti sul riscaldamento globale” (se non di più verrebbe da aggiungere), e che “l’allevamento di animali è responsabile del 37% delle emissioni antropogeniche di metano, che ha un potenziale di riscaldamento globale ventitré volte superiore a quello della CO2”. www.ivegan.it Intervallato da racconti di storia personale, il saggio di Foer dà razionalmente un volto ad un mondo apparentemente astratto come quello che si nasconde dietro la carne dei fast food e dei supermercati, sottolineando gli elevati costi di una produzione meccanizzata su scala mondiale esclusivamente attenta al profitto. La scelta ovviamente spetta sempre al singolo individuo e lo scrittore, pur esprimendo le proprie motivazioni a favore di un’alimentazione strettamente vegetariana, afferma più volte di non voler obbligare nessuno a modificare le proprie abitudini. La sua è una strategia ancora più sottile, poiché offrendoci i mezzi per riflettere lascia a noi il totale potere di fare o non fare qualcosa, essendo però convinto che, “se ci preoccupiamo per l’ambiente […] mangiare o non mangiare carne deve importarci”. È infatti innegabile che a partire da questo saggio qualcosa è cambiato nella coscienza di chi lo ha letto. Le recenti ricerche mostrano come sempre più persone scelgano di seguire uno stile alimentare più consapevole e sostenibile ed anche i maggiori mezzi di comunicazione si stanno adeguando a questa tendenza. Principalmente sui circuiti indipendenti si moltiplicano inchieste e documentari sui problemi ambientali legati al tipo di alimentazione, concordando senza se e senza ma, su un fatto: se continuiamo a crescere a ritmi così elevati (la popolazione mondiale raggiungerà i 9 miliardi nel 2050) non possiamo andare avanti mantenendo le odierne abitudini, che includono anche il cibo che mettiamo nei nostri piatti.

“Prima o poi arriva l’ora in cui bisogna prendere una posizione che non è né sicura, né conveniente, né popolare; ma bisogna prenderla semplicemente perché la coscienza dice che è giusta”. (Martin Luther King)

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