Mimose: Judith Butler

Judith Butler è una delle maggiori figure di spicco del pensiero contemporaneo, ma anche la più discussa filosofa femminista statunitense.
Nata a Cleveland, il 24 febbraio 1956, da una famiglia di origini ebraiche, riceve la sua prima formazione filosofica in scuole ebraiche. Frequenta il Bennington College e poi la Yale University, dove si laurea in filosofia nel 1978 e consegue il dottorato di ricerca nel 1984. E’ stata docente presso la Wesleyan University, la George Washington University, e la Johns Hopkins University. Judith Butler attualmente vive a Berkeley, in California, con il suo compagno, il politologo Wendy Brown, dove insegna alla University of California dal 1993. E’ stata inoltre visiting professor in numerose università statunitensi ed europee.
La sua attività si è concentrata soprattutto sugli studi di genere e sulle riflessioni sulla natura del potere.

La sua prima opera, Gender Trouble, del 1990 è oggi tradotto in venti lingue ed è apparsa per la prima volta negli scaffali delle librerie italiane con il titolo Questioni di genere. Il femminismo e la sovversione dell’identità, nel 2013.

Gender-TroubleL’opera affronta il tema dell’appartenenza di genere, si sofferma su cosa voglia dire appartenere al genere maschile o femminile e affronta i pregiudizi e i luoghi comuni che si nascondono dietro la classificazione biologica del sesso. Per la Butler non esistono solo due sessi, ma tante sfumature che devono includere tutti gli individui che le tradizionali classificazioni escludono in quanto anomalia. Judith Butler mette anche in discussione parte del femminismo occidentale accusandolo di aver riprodotto la stessa gerarchia dei sessi, idealizzando la donna in maniera speculare a quello che ha fatto la cultura maschilista e patriarcale. La sfida lanciata dalla filosofa statunitense è quella di ripensare le identità di ogni persona come qualcosa in continuo mutamento e che non deve essere ingabbiato in nessun modello stereotipato: la posta in gioco non è semplicemente l’orientamento sessuale o la definizione di genere ma la pratica democratica di avere accesso a diritti e cittadinanza. La sua concezione della sessualità ha dato così vita alla teoria della performatività di genere. Il discorso della filosofa statunitense si inserisce nel campo degli studi sulle tecniche disciplinari aperto da filosofi come Michel Foucault, dal quale la Butler prende in prestito molti concetti. Nei lavori successivi si è occupata dell’aspetto etico e morale della sessualità nel XX secolo.

Judith Butler è anche considerata una delle più influenti teoriche del pensiero politico contemporaneo, soprattutto grazie ad opere come La vita psichica del potere e A chi spetta una buona vita?, nei quali mette in connessione le dinamiche di potere con l’ampia questione della vulnerabilità e precarietà delle vite. La vita psichica del potere è guidata dall’idea che ognuno di noi contribuisce a creare i meccanismi di quel potere che poi subisce, ogni soggetto è sempre compromesso con l potere in virtù di un legame di mutua reciprocità che si instaura tra l’universo psichico individuale e l’universo della cultura condivisa.

La filosofa statunitense ha sempre affiancato alla produzione teorica un’azione pratica sfociata in attività di protesta e di appoggio di movimenti attivisti. Gran parte del primo attivismo politico della Butler è incentrato sulle questioni femministe e sui diritti degli omosessuali. Nel corso degli anni, è stata particolarmente attiva anche all’interno di movimenti contro la guerra e la globalizzazione, scrivendo su questioni che vanno dalle guerre in Iraq e Afghanistan alla detenzione dei prigionieri a Guantanamo Bay. Più recentemente, è stata attiva nel movimento Occupy e ha pubblicamente espresso sostegno nel 2005 per una campagna contro Israele (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) per la quale ha anche ricevuto accuse di antisemitismo.

La ricerca filosofica di Judith Butler può essere classificata come femminista ed occidentale, perché ha come finalità il proporre una definizione di identità sessuale alternativa a quella della tradizione, da cui far conseguire una diversa realtà sociale. Il pensiero femminista ha promosso una forma di ricerca filosofica, secondo cui la verità è relativa ed il soggetto limitato al proprio contesto esistenziale, caratterizzato da una particolare condizione economica, culturale ed appunto sessuale.
In un giorno come l’8 marzo, comunemente ricordato come la festa delle donne, diventa importante ricordare che il soggetto, l’essere uomo o donna racchiuso entro schemi precostituiti e compartimenti stagni, non è mai definibile completamente, che il linguaggio non è mai neutrale e che la verità è sempre relativa.
Riprendendo le parole di un’altra filosofa, Luce Irigaray: «Siamo figli(e) della carne ma anche della parola. Siamo natura, ma anche cultura».

 

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