Mimose: Ottonella Mocellin

Ottonella Mocellin nasce nel 1966 a Milano, studia a Londra, viaggia in quasi tutto il mondo. Insieme al compagno Nicola Pellegrini, fa parte della schiera di artisti italiani che hanno portato a evoluzione il Concettuale; anzi, per Guido Bartorelli i due sono la rappresentanza italiana del «concettuale relazionale»¹: esattamente come avveniva per le performance di Marina Abramović e Ulay, la loro ricerca spazia dal rapporto a due (che eseguono il lavoro artistico) fino al rapporto con il pubblico (che fruisce del lavoro artistico, e che in un certo senso lo motiva). La domanda aperta caratterizza infatti molte opere di questi due artisti visivi : Cosa volete bambini, gas? 2010, Qui buio c’è! Perché? 2010, Il gioco della verità (oggi sì e domani?) 2005, Questa leggerezza è dunque una piccola rivincita sulla forza di gravità? 2005, C’è nessuno? 1997, Chi ti farà il caffè tra dieci anni? 1995.

Il rapporto con Nicola Pellegrini è fertile grazie anche al comune interesse per i mezzi espressivi: per Ottonella è soprattutto la performance, che si evolve e viene fissata in fotografia o video e infine in installazione. Entrambi si contraddistinguono per una vena e un intento narrativi che ben si prestano alla realizzazione di serie fotografiche o video; riescono così a combinare la volontà di racchiudere e condensare, da bravi storyteller, il racconto, con la resa evanescente che questi mezzi consentono loro: l’immagine fotografica può essere sfocata o sovraesposta, magari persino capovolta, i colori alterati, la ripresa video può avere una qualità bassa. Allora, di nuovo, torna con forza l’idea che il cuore del racconto (e del fare arte) sia il concetto e non tanto l’eccellenza della forma estetica; al punto che, nel caso della Mocellin e di Pellegrini, questo ha comportato una «progressiva riduzione dell’immagine e, come traguardo estremo, alla sua stessa rinuncia, a favore del suono del racconto»¹.

Nelle prime opere della Mocellin, è l’immagine stessa con la sua forza a suggerire al pubblico uno spunto narrativo: nella serie Corpi orizzontali nel paesaggio (1997-1998), interpreta una donna con un ruolo ben definito (casalinga al lavoro o al mercato, donna d’affari) che, semplicemente, si distende a terra. Senza apparente motivo, «forse schiantata da un’improvvisa rivelazione di tutto il male del vivere»¹. L’impatto è totalmente visivo: la scelta di colori accesi e a contrasto, la perfomance svolta in luoghi pubblici, e non da ultima l’angolazione da cui viene effettuata la fotografia. Questa ha a tutti gli effetti il ruolo dello scatto di cronaca, tanto che Bartorelli può parlare, per questa serie di opere, di vere e proprie «fiction»¹: attesta che il fatto è veramente avvenuto, impietosamente, ma anche con un certo gusto compositivo che porta la fotografia in bilico tra la pagina del quotidiano e la rivista di moda.

corpi orizzontali nel paesaggio

Corpi orizzontali nel paesaggio, da sinistra: Who killed Bambi? 1997 – Falling, 1998 – Shop till you drop, 1997

Pian piano si sviluppano anche le tematiche affettive, che saranno il vero fil rouge della ricerca artistica della Mocellin. Nella prima delle due opere proposte qui sotto, Chi ti farà il caffè tra dieci anni?, l’artista avanza un vero e proprio dialogo con il pubblico: «In genere domando alle persone che entrano a far parte del progetto di spostarsi (entrare) in un campo ipotetico che ha a che fare con la fantasia e il desiderio piuttosto che con la realtà. Le domande che pongo non sono mai totalmente slegate dal quotidiano. Non sono domande astratte o impossibili bensì impercettibilmente anomale. Tendono a suscitare una proiezione (per esempio: “Chi ti farà il caffè tra dieci anni?”), una sincerità o al contrario una simulazione». La seconda opera è un’installazione video, dove con la Mocellin compare la nipote Lola: Enduring Love vuole «rimettere in scena una fotografia di mia madre e me quando avevo la stessa età di mia nipote adesso, per riflettere sulla confusione dei ruoli, giocata ancora una volta sul tema del doppio e dello specchio, e sulla continuità fisica che lega madri e figlie».

da sinistra: Chi ti farà il caffè tra dieci anni? 1995 - Enduring Love, 2003

da sinistra: Chi ti farà il caffè tra dieci anni? 1995 – Enduring Love, 2003

Con il procedere della relazione e della collaborazione, la ricerca della Mocellin e di Pellegrini si concentra sulla questione dell’identità e sulle relazioni (conflittuali, complementari) tra uomo e donna; cambia anche la fotografia, che diventa più ragionata: la composizione è sempre calibrata ed equilibrata, spesso speculare.

dall'alto: Quella sensazione di eterna felicità che si trova alla fine di favole senza fine, 2005 - The space beyond, 2005/2006 - The space between us fills my heart with untolerable grief, 2002

dall’alto: Quella sensazione di eterna felicità che si trova alla fine di favole senza fine, 2005 – The space beyond, 2005/2006 – The space between us fills my heart with untolerable grief, 2002

I riferimenti letterari e culturali contemporanei e pop abbondano nei lavori della Mocellin e della coppia, che tramite il video comincia ad allontanarsi sempre di più dalla narrazione figurativa per passare a quella sonora: in Smettila di dire “il giocatore”. O sei tu o sono io, 2004 i due leggono un brano da Il giardino di cemento di Ian McEwan, mettendo in scena la tensione sessuale tra i fratelli Jack e Julie. Le immagini non sono fluide ma procedono per scatti, come il ticchettare di un orologio: prima è la Mocellin-Julie a muoversi attorno al corpo disteso di Pellegrini-Jack, ne traccia la sagoma con un gessetto bianco; quando Jack si alza e si allontana, allora Julie può distendersi e riempire esattamente con il proprio corpo i contorni tracciati. La relazione uomo-donna è complicata qui dal tema dell’incesto: dapprima sembra allontanare i due ragazzi e rendere impossibile il rapporto (la Mocellin potrà sdraiarsi solo una volta rimasta sola) che tuttavia, fatalmente, si compie. A questo lavoro si presta bene anche un nuovo espediente che i due artisti stanno sperimentando: la narrazione sottovoce. È come se ci fosse «una parte di noi che non può affiorare se non nel sussurro»¹, che viene qui  potenziato dalla scelta linguistica che compiono gli artisti: il pezzo letto è lo stesso, la narrazione procede all’unisono, ma sono in gioco entrambi i punti di vista, con l’alternanza (inevitabile) dell’io e del tu.

A unire il femminile, il sentimentale e il sottovoce, scelgo Potremmo chiamare ossessione questo versante notturno della parola (GAM, Bologna 2001). Si tratta di un’installazione video che mostra due stanze al calar della notte: in una la madre, nell’altra la figlia. A unirle, le parole:  domande che superano le pareti, di nuovo voci che si sovrappongono, si rispondono e si rimandano. La Mocellin interpreta sia la madre che la figlia, riproponendo il tema per lei cruciale dello sdoppiamento e dell’identificazione con lpotremmo chiamare ossessione questo versante notturno della parolaa figura materna, la cui voce è data in quest’opera dalla madre stessa dell’artista. Mentre la figlia sogna, con la voce fuori campo che ne propone i sogni e le ansie, la madre insonne si agita nella stanza accanto, decostruendo con cinismo le aspettative della giovane: «Non esiste un tempo perfetto, non conosci la grammatica? Il tempo è presente, passato o futuro. Oppure imperfetto».  L’immagine è ridotta al minimo, sono le parole a costruire queste donne, parole che «”fluttuano nell’aria senza una direzione precisa”, senza il controllo della ragione. Il sonno della ragione ne risveglia il lato notturno, quello che l’uso vigile tende a soffocare, forse perché espressione troppo conivolgente e dolorosa delle passioni»¹. Lo sforzo della Mocellin sta nella ricerca di un contatto in questo alternarsi e sovrapporsi (così simile alla realtà) di immagini, parole, punti di vista, ruoli e vite, per arrivare a un incontro non premeditato né costretto, ma pienamente sentito: una relazione.

Spesso sogno di un ponte. Ti ci vorrei portare su questo ponte, se esistesse. È bellissimo, è un’opera d’arte!

¹Guido Bartorelli, I miei eroi. Note su un decennio di arte da Mtv a YouTube 1999-2009.

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