Niki de Saint Phalle. Guerriera come la vittoria. Ribelle come la gioia

Dopo aver raccontato  il fascino trasmesso dall’opera della grande Nathalie Sarraute, proviamo a lasciarci guidare da lei e ci poniamo questa domanda: ci sono altri artisti che hanno esplorato il mondo attraverso la chiave di lettura dei tropismi? Oppure, ci sono artisti nelle opere dei quali noi leggiamo chiaramente l’azione ispiratrice dei tropismi?

Il 29 ottobre ricorre l’anniversario della nascita di Niki de Saint Phalle. Le sue sono le statue più grandi mai costruite da una donna artista e anche le più numerose. Non solo scultrice: pittrice, disegnatrice, realizzatrice di film e architetto del Giardino dei Tarocchi in Toscana. Sua è anche la Fontana Igor Stravinsky di Parigi. In suo onore è stata allestita una retrospettiva al Grand Palais che ripercorre tutte le tappe salienti del suo lavoro e della sua esistenza che – da un certo punto in poi – hanno coinciso completamente. Niki de Saint Phalle ha avuto una vita da romanzo, drammaticamente umana, divinamente rivelatrice.

Dedicato alla figlia Laura, Grand Palais

Dedicato alla figlia Laura, Grand Palais

Non ripercorreremo tutta la sua storia, perché assai nota, ma ci concentreremo su due opere in particolare. La prima è il catalogo trilingue (francese, italiano, inglese) curato da Lucia Pesapane – appena pubblicata dalla casa editrice Ulmer – dedicata al percorso fotografico all’interno del Giardino dei Tarocchi in Toscana, mentre la seconda è Traces, un’autobiografia composta dalla forma artistica, una sorta di diario per suggestioni con disegni e soprattutto l’attenzione creativa nella calligrafia, un giornale intimo nel quale Niki ripercorre le scene più salienti della sua vita, ricordi, un’esplorazione avvisata del primato della percezione. Un’autocoscienza per esprimere i tropismi che hanno condizionato il suo destino. Ci faremo accompagnare anche dalla biografia scritta dalla giornalista Bernadette Costa-Prades.

«Si crede che i genitori siano eterni. Purtroppo, non lo sono. Mio padre è morto a 60 anni, mia madre a 68. Alla morte dei miei genitori, mi sono trovata a dovermi confrontare a innumervoli questioni nei loro confronti, domande allequali non potevo dare risposta da sola. Non avevo mai risolto i miei conflitti con loro, e lo rimpiangevo enormemente. Essendo che le miei due sorelle – Elizabeth e Claire – erano morte giovani ho dovuto rivolgermi – per interrogarli a proposito della mia infanzia – ai miei fratelli Jean e Richard e mio cugino Jacques de Saint Phalle. I loro ricordi, le loro interpretazioni, le loro testimonianze erano molto diversi dai miei. Dopo lunghi incontri e conversazioni, abbiamo, ciascuno a suo modo, cambiato punto di vista. Perception? Truth? Reality?» (Traces)

La realtà esiste o no? E cosa può mettere in crisi la nostra idea che una realtà esista? Forse il sentimento di non aver il diritto di esistere? Allora l’esistenza diventa una realtà da rincorre per non preciptare. La madre di Niki le rimproverò spesso di essere la causa di tutti i problemi familiari, arrivò a dirle che la sua nascita era stata solo forriera di guai. «É tutta colpa tua», una frase ricorrente, che perseguiterà Niki.

«Quel genere di maledizioni che distruggono o danno un’energia capace di spostare montagne: tu ti saresti impegnata a mostrarle che aveva torto, che avevi il diritto di esistere. Questo rifiuto e questo senso di colpa saranno in parte i motori della tua riuscita. D’altronde, in una lettera postuma a tua madre, tu osserverai: “OK. Forse ho fatto precipitare la caduta della banca dei Saint Phalle, ma diventerò molto più celebre della banca di mio padre.” La storia ti avrebbe dato ragione.»

Il senso di colpa, il primo punto maestro di un’educazione cattolica ricevuta in famiglie attente alle apperenze prima che ai fatti. E fu questo il vero tormento per Niki: l’ambiguità, non solo il fatto di  non sentirsi amata e protetta, ma scoprire i tradimenti del padre, constatare la vanità di entrambi genitori, i momenti di abbandono e di violenza psicologica, percepire la trasmissione di certi valori e rendersi conto che i genitori stessi non li seguivano e non vi credevano, i segreti nascosti, il caos dietro la vetrina patinata dell’ipocrisia, tagliente, la mancanza di coscienza e soprattutto il pericolo, non solo temuto, ma inciso. Quando l’insospettabile ferisce a morte, quando la belva era qualcuno che si amava e di cui, soprattutto, ci si fidava.

«É dall’età di venti anni che provo ogni genere di psicoterapia. Cercavo una unità interiore che non ho trovato se non nel lavoro. Volevo perdonare a mio padre di aver cercato di fare di me la sua amante quando avevo undici anni. Ma nel mio cuore, non c’era che una rabbia ed un odio feroci.»

Solo in età adulta, dopo molte depressioni – che a ventinove anni la spingeranno ad abbandonare la carriera di modella per dedicarsi completamente all’arte -, Niki riuscirà a rivelare a sé stessa prima e al mondo poi, che suo padre la molestò all’età di undici anni. Una violenza modificativa che non segnerà solo il dolore interiore, ma anche molte concettualizzazioni trasformate in statue. Padre predatore madre divorante.

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“Mangiano, mangiano, mangiano”, Grand Palais, Paris

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Grand Palais, Paris

Nell'opera "Funerali del padre", gli attributi sessuali sono posti sul capo della statua che rappresenta il defunto

Nell’opera “Funerali del padre”, gli attributi sessuali sono posti sul capo della statua che rappresenta il defunto

Oltre alle opere esposte al Grand Palais e la serie di fotografie intitolate Daddy, anche la carta numero quindici del Giardino dei Tarocchi richiama la figura paterna. Il Diavolo. «Il Diavolo è la carta della perdita della libertà spirituale e della sessualità: (…) “Essere un libertino come papà era la mia GRANDE PAURA. Avevo paura delle pulsioni sessuali che sentivo crescere in me. Avevo realmente paura d’essere una selvaggia”.

Il Diavolo è una bestia con ali da pipistrello e il suo attributo sessuale ben in vista: questo dettaglio rappresenta per l’artista il potere maschile, un potere cieco e irresponsabile. Predatore, appunto, anche quando insospettabile.

Il padre cadde per sempre dal piedistallo, iniziò la confusione, il tentativo di perdonarlo passò per la disperata ricerca di punti in comune che ne riscattassero la figura. Erano simili nel loro essere sovversivi, provocatori, amanti del rischio e degli aspetti eccitanti della vita, ma la dissoluzione del padre – un uomo malato di sé e di finanza – non avevano niente a che fare con l’amore cristallino per la vita ed il coraggio di Niki. Una personalità talmente energica, quella di Niki, da trovare i mezzi di riscattare tutto il suo dramma, scoprire sé stessa, procedere oltre, proseguire la sua strada.

L’affetto più grande – sempre rincoroso – era rivolto alla madre. Da lei l’eleganza, la passione per la moda. Per Niki la madre sarà sempre il profumo intenso lasciato in una stanza, la donna, tutte le donne, labbra con il rossetto e cercare ciò che non si può avere.

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«Comme tu la trouvais belle, sensuelle et so sexy!»

«Non ho bisogno di voi, Mamma. Me la caverò da sola. La brutta opinione che pensavo che aveste di me, Mamma, mi ha procurato grande dolore, ma è stato anche molto utile. Ho imparato a contare solo su me stessa. L’opinione degli altri ha sempre contato poco per me. Questo mi ha dato una grande libertà, la libertà di essere me stessa. Ho deciso molto presto di essere una eroina. (…) Il mio segno astrologico è quello del doppio scoprione, un segno per vincere gli ostacoli. Imparerò ad amarli gli ostacoli.»

Niki imparò a fare degli ostacoli  perni, imparò a esorcizzare il male e a trasformare il lutto in rigerazione gioiosa. In danza. Il suo lavoro ha visto molte fasi. Una fase pittorica, e poi gli assemblaggi con vecchi giochi d’infanzia, oppure statue di donne e di maternità fantasmata da una femminilità controversa, minacciata, dove il maschile è assente nella dimensione autonoma, ed è piuttosto un elemento “parassitario” nascosto in seno alla donna, rappresentato da soldati in miniatura o da animali feroci o asfissianti come polipi e ragni. La simbologia nell’opera di Niki è fondamentale e si rincorre come un alfabeto. L’idea della gelosia maschile rispetto al potenziale creativo della donna, che risiede in via naturale nella maternità, ma anche nella possibilità di diventare artiste, di realizzarsi esistenzialmente attraverso la grandi doti visionarie e immaginative. Ci fu, poi, una fase che l’ha consacrata come “l’artista con la carabina”: bombolette di colore inserite in tavole di assemblaggi vari – ricavati dagli oggetti della vita quotidiana, i più disparati -; in presa diretta, Niki abbracciava la carabina e sparava sulle bombolette per ottenere un’esplosione di colore, la colata. Desiderava ardentemente cogliere l’attimo mentre creava, e sparare per lei aveva questo significato. Dichiarò di essere fortunata ad aver trovato l’arte perché a livello mentale si è sempre sentita una terrorista.

Sposa, Grand Palais, Paris

Sposa, Grand Palais, Paris

Attentato, Grand Palais, Paris (Retrospettiva, 2014)

Attentato, Grand Palais, Paris (Retrospettiva, 2014)

Niki entrò a far parte del Nuovo Realismo e nel mentre continuò a cambiare ispirazione: fu il tempo delle sue Nanas giganti. Donne imponenti e spesso danzanti. Colorate e leggere nel loro giunonico corpo. Simbolo, per Niki, del potere femminile, presagio politico di un ritorno al matriarcato, un mondo di cura e di allegria contro i demoni mortiferi maschili di cui gli stessi uomini sono vittime.

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Niki parla del potere maschile durante un’intervista riproposta all’interno della retrospettiva a lei dedicata, ospitata dal Grand Palais, Paris

Le Nana di Niki sono un inno alla fertilità e alla maternità

Le Nana di Niki sono un inno alla fertilità e alla maternità. La testa è sempre più piccola del corpo, in risposta ad una società che piega l’esistenza al razionalismo dogmatico

Tra Parigi e New York, dove abitava con la sua famiglia, Niki, durante l’infanzia, ebbe molte balie e governanti, la prima della quali si chiamava Nana.

«Le tue Nana, queste donne forti, non assomigliano a quelle grosse signore che si incrociano negli Stati Uniti? Sono spesso di donne di colore, dato che il tuo rigetto per ogni tipo razzismo è sempre stato un sentimento netto in te.»

Queste forme eccentriche, luminose, diamantate sono trasposte nell’architettura del Giardino dei Tarocchi che si trova in Italia, vicino a Capalbio. «Il mio giardino è un luogo metafisico e di meditazione, un luogo al riparo della folle e dalla fuga del tempo.»

Niki vivrà spesso dei momenti di intensa solitudine, sempre travagliati, ma addomesticati. «Quella solitudine, così preziosa per ogni artista, che ha bisogno di questi tempi di dialogo con sé stesso perché le idee si mostrino.»

Il Giardino dei Tarocchi è la perfetta dimostrazione del percorso compiuto da Niki, artista in costante evoluzione spirituale: la domanda di partenza era umanamente esistenziale – «Ma chi sono i mostri?» -, nel tempo questo quesito si è trasformato nella risoluzione di arcani multipli traposti nell’arte. Ciò fa di Niki una solutrice di enigmi, qualità che le ha permesso di dare volto nuovo alla tradizione popolare dei tarocchi, riprendendo lo stile dell’arte italiana, ma anche la simbologia egizia, greca e etrusca.

La Papessa è «il secondo arcano maggiore dei Tarocchi, simboleggia la donna, sacerdotessa o persino dea, deterntrice di tutti i segreti del mondo. (…) Rappresenta il principio femminile dell’intuizione, “l’irrazionale incosciente con tutto il suo potenziale”. Niki la posiziona al centro del giardino, è dunque la prima scultura che compare ai visitatori che arrivano in cima alla collina. Dall’antro esce un’acqua mercuriale che corrisponde alla linfa creativa che fa girare a sua volta la Ruota della Fortuna.»

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Papessa

Alla risurrezione – rappresentata dalla Papessa – fa eco L’Imperatrice che Niki descrive come «la grande dea, regina del cielo, la madre, la puttana, l’emozione, il sacro magico e la civiltà.» Essa rappresenta la gestazione, il tempo della concezione. Niki dedica alla terza carta dei tarocchi la statua più grande e nel 1983 decide di viverci dentro.

Imperatrice

Imperatrice

«Nel seno sinistro colloca la sua camera, nel seno destro, la cucina, in mezzo, nel ventre, la sala da pranzo e per diversi anni vi conduce un’esistenza spartana e isolata. (…) Due sfingi accolgono il visitatore all’entrata di Bomarzo, altre due custodiscono l’ingresso del Giardino Torrigiani e di Villa Stibbert a Firenze e di Villa Il Pavone a Siena. (…) Il manto in mosaico blu è un omaggio al cielo dipinto da Giotto sul soffitto della Basilica di Assisi.»

Imperatrice - interno

Imperatrice – interno

Mitologia, antropologia, folklore, cultura, passione, conoscere e reinventare tutto. Nulla è lasciato al caso da Niki. Per finanziare in modo indipendente il progetto, creò una propria marca di profumo. La fragranza andò a ruba ed il ricavato coprì interamente i costi della realizzazione.

Ancora, tra tante statue, scegliamo La Giustizia: la carta numero otto. In stile romano gotico italiano, una bilancia a due piatti scende sul seno della scultura in mosaico. Niki dichiarerà, «Il grande amore della mia vita e di quella di Jean fu l’Arte. L’Arte e il rispetto dell’altro resteranno il filo rosso che attraversa la nostra vita.»

«Questa carta invita alla lucidità, all’integrità, alla chiarezza. All’interno della scultura, Jean Tinguely (secondo marito di Niki) pone l’Ingiustizia, una macchina ornata di ampolle colorate dai suoni di ferraglia: così facendo l’artista ha preso in trappola l’Ingiustizia all’interno della Giustizia. L’ha catturata ed ha chiuso la porta a chiave con grossi catenacci.»

giustizia

Giustizia

Tra la vita e la morte sempre. Gli abissi e l’equilibrismo che costruisce un pavimento con tasselli di cristallo, a scacchi, infine splendente. Una vita di ricerca che si conclude lasciando l’impareggiabile. Niki de Saint Phalle si è sempre lasciata guidare da movimenti della coscienza, fortissimi, e non li ha mai frenati.

«Vagabondando solo di nuovo in queste distese senza fine dove non gli sembra che nessuno prima di lui sia stato tentato di avventurarsi… Nessuna traccia da nessuna parte. Nessun paletto qui, nessun punto di riferimento permette di conservare il senso delle proporzioni. La bestiola più inoffensiva allerta tutta l’attenzione, sembra spaventosa come una tigre… A tentoni, cercando, ma cosa? Non ne sa gran che. Non ha nessun nome…» (Tra la vita e la morte di Nathalie Sarraute)

Niki de Saint Phalle – profetica – era atea, cosa che non le impedì di trascorrere la vita a parlare con Dio. Un Dio che la ricompensò con il dono della creazione, una possibilità senza pari d’immaginazione, l’invenzione di mondi. Dirompente. L’hanno chiamata fabbricatrice di sogni.

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*Retrospettiva su Niki de Saint Phalle – Grand Palais, dal 17 settembre al 2 febbraio 2015.

 Foto dell’esposizione parigina di Laura Testoni

Un altro articolo dedicato anche a Niki de Saint Phalle: Le donne sono il futuro dell’arte

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