Non è soltanto una scimmia che balla

 

Francesco Gabbani vince il Festival di Sanremo contro la favoritissima Fiorella Mannoia

Francesco Gabbani vince il Festival di Sanremo contro la favoritissima Fiorella Mannoia

Lo so, in molti avrebbero preferito Fiorella Mannoia, la sua voce calda, la poesia di un ritornello che recita: “Che sia benedetta! Per quanto assurda e complessa ci sembri la vita è perfetta, per quanto sembri incoerente e testarda se cadi ti aspetta. Siamo noi che dovremmo imparare a tenercela stretta”. Come darle torto, la vita è il dono più prezioso, per quanto alle volte appaia incoerente e testarda nel rimarcare le nostre debolezze. Le cadute. Le discese ardite e le risalite, diceva Battisti. Ma sarà poi vero che la vita ci aspetta? Che il suo passo procede alla pari col nostro? A me sembra di vederla, la vita, che mi guarda e prende tempo mentre inciampo in un sampietrino… Ma dammi una mano, no? Ecco perché poi vince Francesco Gabbani, con la scimmia che fa il verso a Daniele Silvestri e un testo che non ha nulla da invidiare al Magic Shop di Battiato, solo un po’ più orecchiabile. E se il paragone appare blasfemo, leggiamo con attenzione il testo che Gabbani e suo fratello Filippo hanno confezionato insieme a Fabio Ilacqua e Luca Chiaravalli. Con buona pace di Alessio Bernabei e Gigi D’Alessio.

Essere o dover essere,
il dubbio amletico
contemporaneo come l’uomo del Neolitico.
Nella tua gabbia 2×3 mettiti comodo.

Strano a dirsi, ma Amleto era un privilegiato: nella celeberrima scena prima, atto terzo del dramma shakespeariano il principe di Danimarca soppesa l’opportunità di vivere o morire, concedendosi un’alternativa pur nella sua miserabile condizione. Niente a che vedere con l’incipit di Occidentali’s Karma, dove il dubbio non sottende alcuna via d’uscita, semmai condanna l’individuo a soffocare in un’esistenza dove può limitarsi a essere o a dover essere, a diventare quindi qualcosa di altro da sé. E in tal senso, l’immagine opprimente della gabbia non potrebbe essere più esplicita.

Intellettuali nei caffè,
internettologi,
soci onorari al gruppo dei selfisti anonimi.

L’intelligenza è démodé,
risposte facili,
dilemmi inutili.

Di buoni a nulla è pieno il mondo, veri intenditori di chiacchiere da bar in grado di cercare risposte a domande che nessuno ha fatto. A loro. Come nel catalogo mozartiano di Leporello, il cantautore passa in rassegna alcuni tipi umani che capita di incrociare ad ogni passo: gli intellettuali tout court (un mestiere che non conosce crisi), gli internettologi (che poi sarebbero gli intellettuali 2.0, solo più avvezzi a predicare da un predellino digitale) e i soci onorari (poi dicono che non c’è la meritocrazia) del gruppo dei selfisti anonimi, quelli che comprano il mefistofelico bastone per spararsi le pose in spiaggia e ambire, così, ad uno status sociale che compensi l’anemica personalità di cui sono provvisti. Uomini e donne privi di istruzione e spirito critico, perlopiù sempliciotti, o al contrario piccoli borghesi che si prendono troppo sul serio, in nessun caso utili alla causa.

AAA cercasi (cercasi)
storie dal gran finale,
sperasi (sperasi).
Comunque vada, panta rei
and singing in the rain.

67° Festival della Canzone Italiana, i BigNon resta che sperare nel coup de théâtre, in un lieto fine, o anche solo in una parvenza di esso: la vita continuerà a scorrere in ogni caso, fra l’indifferenza e la rassegnazione dei più. Un approccio molto occidentale, questo sì, e tipicamente italiano: l’abitudine a chiosare con un sorriso beffardo ogni tentativo di eversione. Pazienza, sarà per un’altra volta. E com’è straniante l’accostamento fra l’aforisma attribuito ad Eraclito e il titolo della canzone eponima del film con Gene Kelly, in uno dei versi più rappresentativi di questo Festival di Sanremo: 2400 anni di storia occidentale piegati alla metrica e alla rima, e non suona neanche così male.

Lezioni di Nirvana,
c’è il Buddha in fila indiana,
per tutti un’ora d’aria, di gloria.
La folla grida un mantra,
l’evoluzione inciampa,
la scimmia nuda balla.
Occidentali’s Karma,
Occidentali’s Karma.
La scimmia nuda balla,
Occidentali’s Karma.

Gabbani in sala stampaI musicisti lo sanno, non c’è cosa più difficile che scrivere un tormentone; figurarsi un tormentone che nel ritornello abbina sapienza musicale e virtuosismo linguistico. Al di là delle citazioni sparse, il leitmotiv di Occidentali’s Karma è il manifesto di una poetica, il cartellone pubblicitario del nostro tempo, e richiama neanche troppo velatamente un’opera cruciale del Novecento, La scimmia nuda dello scienziato inglese Desmond Morris. Lo zoologo constata che l’essere umano è a tutti gli effetti un primate, per fisionomia e comportamenti, ma differisce dai suoi simili per l’assenza di peli (da qui l’aggettivo nuda) e per il grado di consapevolezza nell’interazione con l’ambiente. In poche parole, la messinscena di Gabbani non fa che oggettivare il concetto: l’uomo e la scimmia sono due facce della stessa medaglia. I primi versi del ritornello predispongono il setting della storia, tracciando una situazione piuttosto confusa: a scuola di Nirvana anche il Buddha deve mettersi in coda, perché c’è chi l’ha bruciato sul tempo. Gli asceti, forse? Fedeli in cerca del dunkha, la liberazione dal dolore? Macché, sono quelli che passano a ritirare i quindici minuti di notorietà promessi da Andy Warhol, lievitati a un’ora per via degli interessi. E come alle Poste quando c’è da ritirare la pensione, la coda si attarda, l’impiegato allo sportello indugia e cominciano a volare gli insulti, ognuno il suo, come un mantra recitato ad alta voce. E la specie che fa? Come reagisce agli inciampi sul cammino per l’evoluzione? La scimmia nuda balla, che è al contempo l’immagine più sarcastica, incoraggiante e lieve che le si possa associare. Siamo già un passo avanti rispetto al ritenta, sarai più fortunato: troppo assolutorio, troppo comodo. La scimmia non si arrende allo stato delle cose, tira su le braccia e balla, pronta a raccogliere il frutto delle proprie azioni. È il karma, signori.

Piovono gocce di Chanel
su corpi asettici:
mettiti in salvo dall’odore dei tuoi simili.

Tutti tuttologi col web,
coca dei popoli,
oppio dei poveri.

Qui non si sta parlando delle due gocce di Marilyn Monroe: la società dei consumi ha svuotato di senso anche un classico come il N.5 di Chanel, a compensare il cattivo odore (più o meno allegorico) che le maglie larghe della specie lasciano filtrare. Che è un po’ come nascondere la polvere sotto il tappeto. E il web, in tal senso, diventa una discarica putrescente, dove le opinioni più autorevoli vengono fagocitate dal chiacchiericcio degli idioti, nel senso etimologico del termine: tornano alla mente le legioni di imbecilli disprezzate da Eco, che prima parlavano al bar dopo un bicchiere di vino e adesso contendono la ribalta ai vincitori del Nobel. Probabilmente Karl Marx non sarebbe stato della stessa idea, di certo c’è che per il momento il comunismo digitale eredita l’etichetta che il filosofo di Treviri aveva affibbiato alla religione, oppio dei popoli e male assoluto. Come cambiano i tempi.

AAA cercasi (cercasi)
umanità virtuale,
sex appeal (sex appeal).
Comunque vada, panta rei
and singing in the rain.

Lezioni di Nirvana,
c’è il Buddha in fila indiana,
per tutti un’ora d’aria, di gloria.
La folla grida un mantra,
l’evoluzione inciampa,
la scimmia nuda balla.
Occidentali’s Karma,
Occidentali’s Karma.
La scimmia nuda balla,
Occidentali’s Karma.

E se la nuova frontiera è in rete (da intendersi come vox media), cercasi disperatamente una forma di umanità anche apparentemente provvista di spirito, buoni argomenti e sex appeal. Sì, perché il sesso non fa eccezione: allo zoo di Apeldoorn, in Olanda, l’orangutan Samboja sceglierà il partner per l’accoppiamento su Tinder, a meno che il fortunato non sia una delle cavie su cui una casa farmaceutica americana sta sperimentando un rivoluzionario contraccettivo maschile, il Vasalgel. Stando così le cose, non è da escludersi che Morris metta mano nuovamente al suo testo.

Quando la vita si distrae, cadono gli uomini.
Occidentali’s Karma,
Occidentali’s Karma.
La scimmia si rialza…
Namasté! Alé!

Lezioni di Nirvana,
c’è il Buddha in fila indiana,
per tutti un’ora d’aria, di gloria.
La folla grida un mantra,
l’evoluzione inciampa,
la scimmia nuda balla.
Occidentali’s Karma,
Occidentali’s Karma.
La scimmia nuda balla,
Occidentali’s Karma.

Darwin e la scimmiaIl cammino della specie è imperfetto, il percorso è cosparso di inciampi: gli uomini cadono sotto il fuoco incrociato degli internettologi e delle intelligenze anemiche, sopraffatti dalle emoticon e dalla selezione (in)naturale. Charles Darwin postulava che arrendersi equivale a morire, e gradualmente a scomparire, in luogo delle specie più propense a maturare caratteristiche ottimali per l’ambiente di vita: ma il karma non dimentica, e con la rinascita produce un progressivo riposizionamento nella gerarchia degli esseri viventi. Si inciampa da uomini e ci si rialza da scimmie, guidati dall’istinto e dalla ricerca di un riscatto ontologico. E così il gorilla riprende a ballare, grato dell’opportunità che gli viene concessa, in qualche modo deferente eppure smanioso di esprimere la propria lucida follia, incanalando in un coro da stadio tutta la gioia data dalla consapevolezza di, semplicemente, essere. E via col ritornello, braccia in alto, gamba destra e gamba sinistra: Gabbani detta le regole, sta a noi scegliere se dargli ragione o continuare a borbottare dietro i vetri di un account.

Ohm.

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