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Non sei mica il mondo: scuola, famiglia e disagio sociale

Oggi vi parlo di Bené, un bambino di otto anni e mezzo uguale a molti altri e allo stesso tempo diverso, dell’importanza di crescere in un contesto famigliare appropriato e, soprattutto, del ruolo centrale che la scuola riveste nell’educare i propri alunni. Vi presento una storia sulle cui pagine potete leggere il racconto di una situazione che spesso viene ignorata, ma che ancora più di frequente continua a verificarsi nel nostro sistema di istruzione.

https://goo.gl/cnF2uhEdito dalla Tunué per la collana Tipitondi, Non sei mica il mondo (di cui ci aveva già parlato Francesca) è il graphic novel che ha reso noto in Italia il nome del suo creatore Raphaël Geffray, di origine francese ma trasferitosi in Belgio proprio per studiare illustrazione e fumetto.

Bené, vive con la madre in un appartamento in cui regna il disordine, senza un padre, e abituato a non essere ascoltato né degnato di uno sguardo. Lui trasandato e con la testa bassa, lei, la madre, agghindata, profumata e troppo occupata a mantenere vivi i propri rapporti telematici, si preparano per un primo giorno di scuola, il quinto per Bené in pochissimi anni.

Un piccolo particolare, forse davvero minimo, che spunta tra le righe appare fin dal primo momento: Bené, il creatore di quel mondo in bianco e nero che è tutto il fumetto, viene iscritto nella Scuola dei colori, un mondo che non gli appartiene, che lo fa sentire a disagio e nel quale, come si vedrà, non gli sarà affatto semplice integrarsi.

A causa dei frequenti cambiamenti di scuola Bené è praticamente un analfabeta, non sa leggere né riconoscere i più semplici fonemi e ignora completamente la matematica. E così, quando all’arrivo in classe gli viene chiesto di descrivere in poche parole se stesso su un palloncino, il bambino ricorre al disegno, quello di una inquietante maschera con due occhi neri che, come noterà il suo vicino di banco, non è altro che Bené stesso. È proprio in questo momento che entra in scena la maestra Valentine, la quale diventerà la controparte buona di un secondo personaggio, la direttrice. Testarda e determinata, la giovane maestra si rifiuta di abbandonare il piccolo Bené a quella che sembra essere la sua sorte: rimanere per sempre un ragazzino con problemi.

Ecco, allora, che Valentine diventa il simbolo di quella scuola buona, di un’istituzione che cerca di adempiere al proprio compito primario, che non è quello di insegnare a leggere e scrivere, ma innazitutto a conoscere se https://goo.gl/JdR8MXstessi e gli altri. La giovane insegnante è ciò di cui Bené ha bisogno, è il mondo giusto che gli permettere di crescere come tutti gli altri bambini. E gli sforzi della maestra non si rivelano vani. Dopo giorni di rimproveri e insistenza, finalmente Bené inizia a leggere, scrivere e a comprendere le più semplici operazioni e persino l’integrazione con i compagni diventa più semplice. Eppure, l’equilibrio che si è creato è un equilibrio fragile come quello in cui il piccolo protagonista ha vissuto per anni, e basta poco, anche solo un repentino cambio di insegnate all’inizio del nuovo anno scolastico, a far precipitare il tutto.

Non sei mica il mondo non è certo un racconto per i bambini, ma è quel racconto utile agli adulti per comprenderne la realtà e i problemi che li minacciano costantemente. È l’analisi di due diverse istituzioni, scuola e famiglia, che oggi più che mai ci appaiono sgretolate e in via di estinzione.

https://goo.gl/sRcMaeL’uso di uno storytelling chiaro e molto espressivo è sicuramente uno dei mezzi che l’autore usa per invogliarci a riflettere. Eppure, più di tutto il resto sono i disegni, immagini dal tratto grottesco, che ci raccontano la storia di Bené e del suo disagio. Una grande attenzione alle espressioni facciali e un numero non indifferente di tavole in cui una serie di segni confusi, quasi scarabocchi, prendono il posto della linea dritta e precisa. Anche i balloon sono pochi e a volte non necessari. Le parole stesse diventano confuse e piccolissime, tanto da rendere quasi impossibile la lettura. Sono tutti elementi di una scrittura che mira ad evocare e a rendere palpabile il disagio interiore del protagonista. Quelle linee spezzate e contorte, quelle frasi quasi indecifrabili lasciano il segno, un’angoscia sottile e profonda che sveglia il lettore, gli permette di aprire gli occhi e lo spinge a riflettere su ciò che accade quotidianamente in tante famiglie di oggi.

 Non sei mica il mondo è il racconto dell’universo di Bené, ma come lui di tanti altri bambini, un universo che non ammette sfumature di colori, ma solo tonalità di bianco e nero. È una realtà nella quale ci si sente intrappolati e dalle quale diventa impossibile evadere. È la riproduzione di un incubo dal quale sembra impossibile riuscire a svegliarsi.

Immagini: https://goo.gl/9enRcT, https://goo.gl/cnF2uh, https://goo.gl/JdR8MX, https://goo.gl/sRcMae

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