#Lanternesonore in NORVEGIA

per la rubrica di musica: un Paese al mese con “Lanternesonore”

La complessità delle regioni iperboree ci viene incontro quando appaiono le coste frastagliate della Norvegia: la cresta del drago scandinavo che prima e dopo la leggendaria opera di unificazione di Harold I Bellachioma ha forgiato mirabili talenti musicali, oltre che elmi e dure drakkar. Una nazione scarsamente popolata che raggiunge limiti estremi nella natura e nella sua figlia, la musica. Dall’elettronica più sperimentale al più spietato black metal, jazz e folk, sonorità nate da tradizioni di danza popolari mescolatesi col passare dei secoli con tutte le influenze che solo un popolo di navigatori può raccogliere.

nilsIn tale humus, tra gli strumenti realizzati dagli artigiani norvegesi, troviamo il violino di Hardanger, l’iconico fiddle riccamente decorato delle feste paesane e delle cerimonie nuziali; reso splendido dagli intarsi, dalla sua leggerezza e in più dalla presenza di quattro o cinque corde di risonanza aggiuntiva, che gli conferiscono il tipico unisono che pare provenire da  praterie lontane. A partire dal grande innovatore Targjei Augundsson il Mugnaio, eroe dell’ampliamento delle possibilità timbriche dello strumento, si passa per generazioni di virtuosi, fino ad arrivare a Nils Økland, che approccia lo strumento allargandone il respiro mescolandosi con sonorità quali l’organo a canne, l’harmonium e la chitarra; grazie al contributo di un jazzista e etnomusicologo come Sigbjørn Apeland, da alla luce Straum (2000, Rune Grammofon)

garbarekIl jazz è un microcosmo musicale che assorbe e restituisce impressioni al suo macrocosmo più ampiamente culturale, allontanandosi di qualche grado dalla tradizione più radicale si incontrano artisti malleabili e dinamici come il sassofonista Jan Garbarek, padre della più elettronica Anja Garbarek, che durante la lunga carriera non ha timore di sperimentare sonorità impensabili. Un disco che raramente si può incontrare nel proprio cammino è Dis (1977, ECM), in questo caso è la stessa terra di Garbarek a suonare tramite un’arpa eolia che il vento dei fiordi fa vibrare come un misterioso respiro.

peerDa tali sonorità, che sembrano moti tellurici capaci di far emergere la Terra di Mezzo e che prefigurano territori inesplorati, è sorto il più famoso compositore classico norvegese, Edvard Grieg, l’autore fra le altre del Peer Gynt (1876), l’opera nata per far da sfondo musicale al misterioso e rocambolesco dramma di Ibsen per poi dotarsi di vita e complessità propria. Qui l’immaginario fiabesco e inquietante dei regni del nord si manifesta tra troll e demoni, dove l’uomo è faber suae fortunae tanto spesso quanto è preda degli scherzi del fato.

burzumUn immaginario questo che innerva la più tumultuosa tra le correnti musicali norvegesi, famosa per la sua oscurità sanguigna, per le ritualità che oltrepassano il cristianesimo per rinverdirne le origini pagane e per la ricerca di un trapasso da questa a una realtà dove è l’ombra a regnare. Il black metal ha in Norvegia la sua più confortevole dimora e qui è nata una delle sue figure più iconiche: Count Grishnàk, ovvero Varg Vikernes, ovvero Burzum, musicista e incendiatore di chiese cristiane. In Filosofem (1993, Misanthropy, Cymophane), l’ultimo album prima dell’incarcerazione e la forzata svolta ambient alla sua produzione, si hanno i semi sparsi dalla giovane scena black metal di cui Varg fu cofondatore e disgregatore; una trance originata da riff ripetitivi ed ossessionanti in cui la voce, volutamente registrata col peggiore dei microfoni,  sussurra urla ultramondane.

ulverDa questo oscuro calderone sono emerse svariate formazioni, una però spicca sulle altre per la variegata complessità della sua produzione, che va dal black metal delle origini all’art rock, dall’elettronica all’ambient. Questi sono gli Ulver, i lupi divenuti una band di riferimento per svariati generi musicali visto l’impeccabile stile con cui affrontano ogni nuova prova di genere. Nessun album li definisce e ognuno merita un attento ascolto, ma in Childhood End (2012, Kscope) se ne può apprezzare l’approccio più rock attraverso un album di cover di brani celebri, riarrangiati così da trasformare spiagge conosciute in lidi ignoti.

royksoppGli Ulver sono anche profondamente immersi nella scena elettronica norvegese che tra i suoi esponenti più rinomati annovera un due salito agli onori della cronaca più mainstream per un album di esordio che può considerarsi un capolavoro di moderno chill-out. Melody A. M. (2001, Wall of Sound) dei Royksopp con le sue effervescenze e felici intuizioni ritmiche da terrazza e aperitivo è la proposta norvegese al mondo danzereccio e solo da questa prova, dai nostri ancora insuperata, si può apprezzare quanto essa sia raffinata.

arneNon a caso uno dei pionieri della musica elettronica tout court è un norvegese, Arne Nordheim, una pietra miliare della sperimentazione sonora della penisola, insignito dal suo governo delle massime onorifienze disponibili. Le sue composizioni mescolano musique concrete e studi sul nastro magnetico ridisegnando le modalità di ascolto dopo aver assimilato le eredità di John Cage e Terry Riley in una vena più melanconica. Epitaffio per nastro elettronico e orchestra, su testo di Salvatore Quasimodo ne è esempio mirabile.

substrataIn questo assottigliarsi del suono e nel sondarlo si giunge a un artista contemporaneo che riesce a sommare in sé tutte queste impressioni riducendole a una entità che sembra la rappresentazione stessa del proprio ambiente. Paiono rincorrersi lente le aurore boreali e i ghiacciai congiungersi sgretolando infinite varietà di bianco in Substrata (1997, All Saints Records) di Biosphere, nome d’arte di Geir Jenssen, una delle prove di ambient music più avvolgente che rivelano uditivamente le impressioni di un’infinita notte e di un infinito giorno scandinavo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.