Paolo Villaggio NON è Fantozzi

L’altro ieri ci ha lasciato il grande Paolo Villaggio. Tanti, tantissimi i messaggi di cordoglio, i saluti di un pubblico che lo ha sempre amato, in tutte le sue maschere.

Tanti messaggi, forse troppi. La morte di un personaggio famoso scatena la tendenza a metterci la firma, a dire che ci sono anche io, che anche io sono un suo grande ammiratore, anzi, sono il più grande ammiratore di tutti.

Sciacallaggio indolore, questo, che si declina spesso, ancora più odiosamente, nel suo diretto opposto: la critica velenosa, tanto per, fatta rigorosamente il giorno dopo. Un modo per apparire, per distinguersi goffamente dal mucchio.

Un segnale di preoccupante confusione social è evidente nei tanti post di condoglianze per Fantozzi, o in altri che criticavano Villaggio per la meschinità del suo Fantozzi. Che è in fondo la stessa cosa.

Si può identificare un autore al suo personaggio? No, assolutamente. Vladimir Nabokov non era un pedofilo, e ha comunque scritto Lolita. Persino il protagonista di un autobiografia non coincide con il suo autore, e tutto questo grazie al potere che ha la letteratura di trasfigurare e di creare vettori di senso.

19601578_10211964114932151_2267201275245256895_nPrendiamo la corazzata Potemkin, che secondo Fantozzi è una cagata pazzesca. E giù 92 minuti di applausi. Tanti, troppi commentatori hanno voluto puntualizzare che in questo caso Paolo Villaggio (lui! Non Fantozzi!) si sbagliava, che è un capolavoro, un film meraviglioso.

Un giornalista come Antonio Polito lo ha stigmatizzato su Twitter, bacchettando il povero Fantozzi.

I Wu Ming se la sono presa direttamente con Paolo Villaggio, accusandolo di aver commesso addirittura un “danno culturale”.

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Quello che è ovvio, semmai, è che un manifesto di liberazione come la corazzata Potemkin, nel Secondo tragico Fantozzi, diventi una forma di sfruttamento, con i poveri operai costretti a sopportare il cineforum aziendale quando avrebbero preferito Italia – Inghilterra. E tutto questo con l’obbligo di un certo tipo di cultura, imposta ma probabilmente non capita dai capi d’azienda.

Opporsi a tutto questo, definirlo una cagata pazzesca, è un ammutinamento che omaggia il più nobile ammutinamento del capolavoro di Eisestein.

Wu Ming ha corretto il tiro in un articolo successivo, dove riconosce come la gag di Fantozzi non fosse che un sottile remake della corazzata, ma dove denuncia come della critica sociale fatta da Villaggio non sia rimasto nulla, soltanto un certo tipo di anti-intellettualismo. E giù una tirata contro la comicità, e il sospetto che ,tutto sommato, quel Paolo Villaggio non la raccontasse giusta fino in fondo.

Quello che rimane, dopo due giorni di critiche e omaggi un tanto al chilo, è il senso di occasione perduta. E di un internet che segue la pancia del paese, ma è sempre più lontano dalla sua testa. Chissà, quasi quasi era meglio il cineforum del professor Guidobaldo Maria Riccardelli.

 

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