Patenti corrotte: allarme sociale e caso di scuola

BOLOGNA – Ogni bolognese in età da patente ha un incubo ricorrente: essere esaminato nella prova pratica dalla funzionaria Marina Raimo. La sua fama la precede: per molti rimane un mito senza volto, una donna abilissima nella guida e soprattutto una esaminatrice senza scrupoli che alla prima insicurezza del candidato o della candidata di turno – magari imbrogliati dalla tensione emotiva – non lesina sulla bocciatura senza appello, condita da un immancabile sguardo di disprezzo. Circolano molti aneddoti, veri o falsi non si sa, questo si perde nel folklore di uno strapotere bizzoso ed in eccessi divertenti.

Comunque la storiella più insistente è  questa: in un bollente pomeriggio estivo, un gruppetto di diciottenni si appresta ad affrontare la temutissima prova finale, gli istruttori comunicano loro che la Raimo ha chiesto il favore di raggiungerla nella zona in cui abita, alla periferia della città. Arrivati davanti alla sua porta, nessuna traccia della temuta signora. Dopo più di mezz’ora d’attesa e chiamate finite a vuoto, i candidati chiedono ai loro referenti di poter suonare al campanello dell’abitazione. Gli istruttori rifiutano energicamente spiegando che è molto più saggio pazientare per  entrare nelle sue grazie: un’arma da giocarsi per controbilanciare il suo temperamento volubile, facilmente riversabile sul destino dei malcapitati. Dopo un’ora Marina Raimo, esce di corsa, spettinata, terribilmente mortificata: il suo pisolino si era protratto troppo a lungo, la sveglia non aveva suonato, non si capacitava, era dispiaciuta, voleva riparare. Allora, con gli occhi ancora cisposi l’esame ebbe inizio.

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Con sconcerto, quindi, si apprende la notizia dell’arresto dell’inflessibile Raimo a seguito di un’inchiesta partita a febbraio e condotta dai Carabinieri di San Giovanni in Persiceto, sotto la direzione della PM Rossella Poggioli. Informati da una segnalazione molto circostanziata, gli inquirenti hanno montato microcamere e cimici per sorvegliare gli ambienti interi ed esterni della Motorizzazione e l’ufficio della funzionaria. Quello che hanno scoperto è  l’organizzazione di un consolidato sistema per far superare a molti la prova scritta d’esame senza sostenerla per davvero: a dare l’esame ogni volta era una controfigura, una cinquantenne straniera che cambiava gli abiti di scena nel parcheggio, dentro la sua auto per non essere riconosciuta (attualmente agli arresti domiciliari). 

Gli attori della vicenda sono: i titolari dell’autoscuola Ma.Bo srl (i cui locali sono attualmente sotto sequestro) i quali fissavano per i loro allievi le prove scritte nelle giornate in cui sapevano di turno Marina Raimo (lei stessa forniva le date) che aveva il ruolo di fornire ai candidati un badge per poter effettuare l’esame. Ma all’esame non si presentavano i soggetti ancora non abilitati alla guida, bensì Ecaterina Belousov che è arrivata a sostenere fino a 3 o 4 prove in una sola giornata, per un totale di più di 50 test in sei mesi. I candidati che la Belousov sostituiva erano spesso immigrati con difficoltà linguistiche, che preferivano dare all’autoscuola 2000-2500 euro in cambio di questo servizio illecito, piuttosto che seguire regolarmente le pratiche istruite. Molte intercettazioni eloquenti incastrerebbero le persone citate e da alcuni filmati pare che sia visibile anche la scena del momento in cui la quota di denaro spartita passa nelle mani della Raimo. Intanto, le patenti ottenute in questo modo sono state ritirate ai loro detentori e questi denunciati. I due titolari dell’autoscuola e Marina Raimo portati alla Dozza.

Le incriminazioni che si abbattono ora sui soggetti coinvolti sono per i reati di associazione a delinquere a scopo di corruzione e di falso ideologico in atto pubblico, oltre che di sostituzione di persona. Guardiamo questi illeciti un po’ più da vicino.

Associazione a delinquere a scopo di corruzione. Siamo effettivamente davanti ad un delitto associativo, cioè ad una struttura organizzata di/da una pluralità di persone legate da un vincolo stabile, con un programma criminoso. In questo caso la partecipazione e la responsabilità sono parametrate al “reato-scopo” di corruzione. La corruzione è un reato plurisoggettivo a concorso necessario, in altre parole, per la sua realizzazione, è necessaria la presenza di almeno due soggetti attivi, la realizzazione, dunque, di due condotte, entrambe punibili in quanto penalmente rilevanti. Si tratta di un reato proprio, ciò significa che almeno un sodale del pactum sceleris è un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, sostanzialmente appartenente all’amministrazione della res publica. Nel caso di specie, a ben vedere, secondo quanto ricostruito e da accertare, sarebbe stato stipulato un accordo tra un pubblico ufficiale (Marina Raimo) con privati cittadini (con Ecaterina B. ed i titolari dell’autoscuola e a loro volta con candidati) avente ad oggetto il compimento di un atto d’ufficio (attestazione del superamento della prova scritta d’esame di guida) dietro compenso di retribuzione non dovuta.

Falso ideologico in atto pubblico. Il bene giuridico sotteso alla previsione codicista di questo reato è la fede pubblica. Nel 2007, le Sezioni Unite della Cassazione hanno ribadito e precisato il principio cardine: “i delitti contro la fede pubblica tutelano direttamente non solo l’interesse pubblico alla genuinità materiale e alla veridicità ideologica di determinati atti, ma anche quello del soggetto privato sulla cui sfera giuridica l’atto sia destinato ad incidere concretamente”. Tale è il caso della patente di guida che viene rilasciata ai singoli, ma che sottende la verifica e la certificazione di requisiti ed abilità incisivi rispetto all’interesse ed alla tutela della collettività intera. Si tratta qui di un’ipotesi di falso ideologico poiché la falsità dell’atto ricade non sul documento (genuino), bensì sul contenuto ideale che è corrotto nella verità dei fatti in esso espressi.

Sostituzione di persona. Questo reato ricade invece nell’alveo della cosiddetta falsità personale nella circostanza in cui la lesione della pubblica fede sia commessa attraverso l’alterazione dei “contrassegni personali”, cioè quegli elementi che servono ad identificare giuridicamente una persona (contrassegni di identità e/o di qualità) per arrecare a sé o ad altri un vantaggio.

Insomma, una vicenda complessa – dai profili giuridici, penali, molto gravi – che potenzialmente darà adito a nuovi sviluppi. Ne seguiremo i risvolti.

 

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