Pittrici e bisessualità: tre esempi di contemporaneità

Tamara de Lempicka. Frida Kahlo. Laurel Holloman.

Si tratta di tre straordinarie donne accomunate, oltre che dalla passione per la pittura e più in generale l’arte, dalla bisessualità, o meglio da un’erotica fluida che non è solo la manifestazione di una sessualità libera e scevra di pregiudizi, ma che costituisce parte necessaria e integrante del processo conoscitivo e creativo implicito all’arte. Un’arte universale, ambigua, affamata di bellezza e di verità al punto da non potersi subordinare ad alcuna istituzione, fosse anche l’eterosessualità (sull’eterosessualità come istituzione, si veda alla voce: Rich), e da doversi declinare, indirizzare e riversare in un Altro che sia Tutto, maschile e femminile nella loro cruda corporeità, nella loro fascinosa essenza, negli immaginari simbolici che sottendono e da cui sono strutturati. Della bisessualità di Tamara de Lempicka, s’è sempre sentito parlare: è risaputa la sua appartenenza alla cultura lesbica d’inizio ‘900 – cultura a cui facevano riferimento anche Colette, Vita Sackville-West, Virginia Woolf, Sibilla Aleramo, Gertrude Stein ed Eleonora Duse – presente nella sua stessa opera che dà ampio spazio all’eros femminile, alla materia del desiderio e della seduzione della donna e sulla donna nella sua nuda forza, ed è altrettanto celebre la sua capricciosa promiscuità, che fece di lei la diva tanto dell’art déco quanto del panorama artistico della prima metà del Novecento.

Tamara de Lempicka, "Women"

Tamara de Lempicka, “Women”

Del resto, la pittrice non nascose mai la sua passione ancipite e anzi  diffuse o fomentò le leggende che gravitavano già allora attorno alla sua figura, non certo senza trarre divertimento dalla facilità con cui ascoltatori diretti o indiretti si scandalizzavano. Si dice, per esempio, che durante il suo soggiorno italiano abbia consumato lentamente una cena sul corpo di una donna e ribattezzò il pasto “midnight meal”, ma si mormora anche che avesse un tale appeal sulle donne da riuscire a sedurne in una serata più di quanto non sarebbero riusciti a fare cinque uomini e non si può certo negare che buona parte del suo successo – meglio: della sua popolarità – si debba ai suoi rapporti con le donne. In primis perché la sua attrazione per le donne dava un tale scalpore negli ambienti parigini da renderla protagonista perfino delle serate che non presenziava; in secundis perché furono proprio due donne a consacrarla, in maniera diversa: Ira Perrot, sua prima amante, che le pagò interamente un viaggio e un intero periodo nel Belpaese, che le permise di farsi notare come artista;  Rafaela Fano, amante italo-americana che le ispirò i sei ritratti che le diedero fama mondiale d’eccezionale pittrice e – chiaramente – tombeuse de femmes.

Tamara de Lempicka, "Due donne"

Tamara de Lempicka, “Due donne”

Su quest’ultima relazione, la cui importanza fu certamente più artistica che sentimentale, è incentrato il romanzo fanta-storico The Last Nude di Ellis Avery, insegnante di scrittura creativa, scrittrice e lesbica dichiarata, che peraltro ha pubblicato il testo poco dopo la clamorosa vendita all’asta di uno dei ritratti di Rafaela (Rafaela sur fond vert) realizzati dalla Lempicka al modico prezzo di 8.480.000 dollari e invidiato all’acquirente dalla cantante Madonna, grandissima estimatrice della pittrice di cui possiede una notevole collezione.

Tamara de Lempicka, Rafaela sur fond vert

Tamara de Lempicka, “Rafaela sur fond vert”

Diverso è il caso di Frida Kahlo, la cui bisessualità, sebbene fosse liberamente vissuta dalla pittrice, è divenuta popolarmente nota solo dopo la pubblicazione della sua biografia, scritta da Hayden Herrera nel 1982 (Frida. A life of Frida Kahlo) e trasposta cinematograficamente da Julie Taylor nel film Frida, del 2002. In precedenza la vita sentimentale ed emotiva dell’autrice, di fondamentale importanza per comprendere la sua poetica e approcciarsi alla sua arte (Vissi d’amore e d’arte, scrisse sul suo diario), sembrava infatti costellata unicamente di amori eterosessuali, su tutti quello col marito Diego Rivera e quello – meno profondo ma più chiacchierato – con il politico russo Lev Trotsky.

Frida Kahlo e Lev Trotsky

Frida Kahlo e Lev Trotsky

Eppure, dall’ambasciatrice Aleksandra Kollontaj alla fotografa Tina Modotti (che compare nel suddetto film in una scena d’appassionato tango con la stessa Frida); dalla coreografa Rosa Rolando alla pittrice Georgia O’Keefe; dalla rivoluzionaria Teresa Proenza alla poetessa Pita Amor, dall’attrice Maria Félix (che in un autoritratto della Kahlo è posta tra le sue sopracciglia) fino alla cantante Chavela Vergas, numerosi furono i suoi legami saffici, e tutti ugualmente intensi e intellettualmente vivi, anche se imparagonabili all’amore per Diego che rimase sempre l’unico incondizionato e irrinunciabile per Frida (ricordate il commovente “Io ti cielo” a lui tacitamente rivolto da Frida? E il suo meraviglioso dipinto “Le due Frida”, da molti interpretato nei termini di una raffigurazione della diversità intima dell’artista in presenza e assenza di Diego Rivera?).

Frida Kahlo, "Le due Frida", 1939

Frida Kahlo, “Le due Frida”, 1939

La bisessualità di Frida – che pure pare una dualità identitaria se si pensa al suo attaccamento per i seni femminili del marito o ai suoi continui accenni alla mancanza di mascolinità in Diego, che glielo fanno tanto amabile, nonché alla percezione che Frida ha di se stessa e che la induce alla creazione di un eteronimo di nome Guillermo – è vissuta dalla pittrice messicana con estrema naturalezza e focoso fervore, nonché con la consapevolezza piena che l’amore fisico con una donna sia sostanzialmente diverso da quello con un uomo, come ha ben interpretato la scrittrice Rauda Jamis (in Frida Kahlo):  “Un giorno un uomo mi ha detto che facevo l’amore come una lesbica. Sono scoppiata a ridere. Gli ho chiesto se era un complimento. Mi ha risposto di sì. Allora, gli ho raccontato che a mio avviso una donna gode con tutto il corpo, e che questo era il privilegio dell’amore fra donne. Una conoscenza più profonda del corpo dell’altra, suo simile, un piacere più totale. Il riconoscimento di un’alleata.” E come credeva con Frida anche lo stesso Diego Rivera, che stranamente definiva la moglie omosessuale giacché fosse, per l’appunto, la moglie e compagna d’un uomo. In Frida vi è senza dubbio un trasporto emotivo verso le donne superiore a quello nutrito da Tamara de Lempicka, che per molti versi sembra il corrispettivo femminile di D’Annunzio, ricercando nelle donne un voluttuoso estetismo statuario assente negli uomini e non quel rapporto umano rovente di idee ed emozioni, teso a una bellezza ch’è anzitutto passione che caratterizza la biografia della Kahlo e che penetra fin dentro la sua stessa opera, come emerge da diversi dipinti o autoritratti tra i quali scegliamo il poco conosciuto Due nudi nella foresta:

Frida Kahlo, Due nudi nella foresta

Frida Kahlo, “Due nudi nella foresta”

Punto di congiunzione tra le due artiste è senza dubbio il gusto della provocazione, che però se in Tamara de Lempicka assume le connotazioni di un sadismo etero-riferito, di un piacere ricavabile dalle reazioni sconcertate al cospetto della sua stessa, oscena indecenza, in Frida è un atto di ribellione e protesta, di critica alle convenzioni moralistiche, religiosi, borghesi della sua epoca, incarnate dalla buona società messicana e difese dalle stesse figure femminili della sua famiglia. Frida è animata dalla giustizia e dalla giustezza dei sentimenti che la abitano e dominano e ogni sua espressione si adegua ad essi; in Tamara de Lempicka si agita la scintilla di un sottile interesse per le debolezze umane e di una naturale inclinazione al soddisfacimento delle proprie curiosità, che trova in cima alla lista quella per la figura femminile nella sua complessa e inafferrabile essenza. Ma arriviamo a Laurel Holloman, la pittrice più vicina a noi, nonché unica ancora in vita e in attività. Ha esposto a Venezia appena due anni fa, riscuotendo un ottimo successo di critica, eppure la si conosce per i suoi ruoli cinematografici e mai, quasi per nulla, per la sua pittura. Laurel Holloman è infatti, nell’immaginario popolare collettivo, Tina Kennard, moglie fedele di Bette Porter nel telefilm lesbico The L world che ha spopolato in tutto il pianeta come prima serie tv totalmente lesbica.  Il suo personaggio è il più verosimile dell’intera serie, gravidanza compresa che è reale e non simulata, ma ad essere più encomiabile del personaggio e della recitazione della Holloman vi è il suo talento artistico, per cui ha mollato il suo lavoro d’attrice e per cui ha ottenuto numerosi riconoscimenti, nonché l’opportunità di esibire le proprie opere a Berlino, nella già citata Venezia, a Parigi ma non nella sua terra d’origine: l’America. Laurel Holloman, ch’è stata inserita nella corrente dell’espressionismo astratto americano, dipinge con le dita o con la spazzola, per mantenere intatto il contatto con la sostanza della pittura, con la propria creatività e con la materia attraverso la quale si esprime.

Laurel Holloman mentre dipinge

Laurel Holloman mentre dipinge

Laurel, a differenza delle succitate pittrici, è monogama, sicché non s’è mai dedicata a uomini e donne contemporaneamente ma l’ha sempre fatto a fasi alterne, interrompendo qualunque rapporto di natura ambigua con donne per tutto il periodo del fidanzamento e del matrimonio con quello che al momento è il suo ex-marito. Nonostante ciò, la Holloman ha sempre difeso la bisessualità come posizione aperta, neutrale ed ideale dell’individuo, cioè come grado zero della sessualità al di fuori e al di là di qualunque condizionamento sociale, da lei ritenuto oppressivo, fuorviante e lesivo della libertà del singolo. La sua adesione al cast di The L world, nelle vesti di una bisessuale, risponde a tale convinzione, nonché alla volontà di presentare una realtà che pur essendo tanto diffusa e presente risulta sommersa, pressoché inesistente, occultata dall’eterosessualità cui viene concessa maggiore importanza per ragioni da ritenere culturali. Non a caso una delle sue serie di quadri s’intitola Coeur Libre e mescola toni, colori, movimenti del tutto diversi e in maniera apparentemente incontrollata, al fine di raffigurare la spontaneità, la varietà e l’impossibilità di netto discernimento delle emozioni e delle tensioni umane, interne:

Laurel Holloman presenta Coeur Libre II

Laurel Holloman presenta “Coeur Libre II”

Un motivo che si declina anche nel tema – caro alla pittrice – dell’acqua, come identità in eterno divenire, liquidità priva di forme e inarrestabile e nella creazione poetica di un quinto elemento (“the fifth element“, appunto) che fa riferimento a ciò che non è contemplato e che contiene in sé elementi distinti in egual misura.

Laurel Holloman, The fifth element

Laurel Holloman, “The fifth element”

Una bisessualità umile, dunque, quella della Holloman, che non ostenta la propria natura ma la afferma in maniera inconfondibile e inequivocabile, in barba alle semplificazioni e alle imprecisioni, alle forzature ideologiche e all’insensibilità – umana ancor prima che artistica. Una bisessualità che azzera i pregiudizi e che riparte dal punto rimosso eppure centrale della sessualità femminile, che è la psiche. Questo, sostiene la Holloman, ma lo sostengono anche la Kahlo e la Lempicka, che affascinate irresistibilmente da una diversità e da un immaginario che non si esaurisce nell’uguaglianza biologica né nella propria intima terra femminile, si ricercano e ricercano la Donna, il Femminino, il Femminile, l’Altra ch’è ancora sé ma non ancora in sé, in un’altra donna, per completare quel quadro dei sessi che costituisce il mondo.

Tina Modotti e Frida Kahlo nel film "Frida" del 2002

Tina Modotti e Frida Kahlo nel film “Frida” del 2002

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