Quattro giorni tra mercati berlinesi

Per qualche giorno, a metà maggio, e dopo sei anni di lontananza sono tornata in una delle mie tre città preferite (sì, questa potrebbe essere l’inizio di una piccola serie), Berlino. La prima volta, zainoni in spalla e poche aspettative, siamo stati semplicemente conquistati: nonostante avessimo pianificato parecchie visite turistico-culturali, è stato il girare un po’ a occhio soprattutto a Kreuzberg, Mitte e Prenzlauer Berg a farci dire «Qui ci dovremo proprio tornare». E visto che ci siamo tornati, e anche tutti assieme, spostarci da un mercato di quartiere all’altro ci è sembrato un bel modo per ritrovare quell’atmosfera che per anni ci ha fatto dire «Eh ma a Berlino» e approfittare anche un po’ della primavera (con gli anfibi e le sciarpe, ma è quasi un’altra storia).

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Il primo mercato è stato il Wochenmarkt serale di Kreuzberg, il Markthalle IX. Arrivati un po’ sul tardi, abbiamo trovato molti stand già chiusi o intenti a pulire i piani cottura, ma siamo riusciti comunque a mangiare decisamente bene. Abbiamo provato un piatto tunisino, la tajine di  agnello con prugne e mandorle, dei noodles perché ci stanno sempre bene, e un wrap orientale fatto con carta di riso e ripieno di verdurine fresche speziate, tra cui peperoni, cetriolo e germogli di soja.

Il giorno dopo siamo stati invece al mercato all’aperto di frutta, verdura e specialità turche sul Maybach Ufer, a Neukölln. Qui abbiamo provato la gozleme, una pasta tirata a mano ripiena di spinaci e formaggio e cotta alla piastra, e delle frittelle di zucchina con salsa tzatziki. E visto che la frutta profumava un sacco, abbiamo anche preso la prima anguria dell’anno, tante albicocche che abbiamo mangiato camminando e qualche mango (che nonostante tutta la buona volontà di Pietro e i tutorial di Youtube non ci sono usciti per niente così).

A un mercato (il Kollwitzmarkt di Prenzlauer Berg) in cui avremmo potuto benissimo non mangiare nulla essendo soprattutto di artigianato e invece no, vai con le frittelline calde ripiene di ricotta, abbiamo passato la maggior parte del tempo a un piccolo stand dove si vendevano vecchie stampe. Tra tavole di anatomia, carte astronomiche ed erbari, alla fine Nicoletta si è portata a casa una pianta urbanistica di Mosca.

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Domenica, invece, è stata una giornata bella piena. La prima tappa, casuale, è stata a un evento di food trucks alla Kulturbrauerei, un’ex fabbrica della birra, ripensata per ospitare eventi culturali, artistici e gastronomici.

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Lì abbiamo mangiato L’Hamburger (vero? vero), ma anche dei futomaki vegetariani e un po’ fritti al Flying Dim Sum, abbiamo scoperto la raclette col pepe rosa a cui abbiamo giurato abbastanza amore, e pure due muffles di Tatas con cannella e lamponi.  Poi vuoi non trovare degli italiani che fanno gli gnocchi e che quando sanno che siamo connazionali non ce li fanno assaggiare? Burro e salvia tutta la vita.

Siamo stati anche al gigantesco Flee Markt domenicale di Mauerpark. Ci abbiamo trovato di tutto: cornici per specchi, binocoli, giocattoli, colbacchi, waffle (fatti al momento, questi), abiti vintage e creazioni di design, bici, tappeti, poltrone, zaini, libri, cartoline, interi servizi di piatti e lampade.

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Qui ho trovato degli occhiali da sole che mi stanno bene (!) e un maglione di lana della Weekday a 5 euro, che mi ha salvato la vita nelle serate londinesi della settimana dopo (a maggio inoltrato, lo so).

10985403_10207086904079586_4875492704374515718_nPer la nostra ultima sera, invece, abbiamo fatto il pieno di bellezza al Village Market a Neue Heimat. Dal giovedì al sabato, questo posto bellissimo apre alle sei di sera per chiudere alle quattro del mattino, mentre la domenica si può mangiare da mezzogiorno fino alle due di notte. Ci sono i soliti furgoncini dello street food, con cui abbiamo dato il meglio di noi, ma c’è anche spazio per le esposizioni di lavori grafici e stampe di artisti locali e per una pista da ballo (che detta così fa subito festa de L’Unità romagnola, ma se dico dancefloor è un attimo che) di gente pigiata e sudata e felicissima. Insomma, diciamo che la tajine ci è piaciuta così tanto che l’abbiamo ripresa e non abbiamo capito se il ragazzo che ce l’ha servita abbia studiato a Bologna o ci sia stato il padre, ma c’è stata anche della (molta) paella e dei tortelloni ungheresi e poi addio perché abbiamo scoperto la Tapiocaria.  Con la farina di tapioca e poco altro si possono fare delle specie di piadine che rimangono molto alte e croccanti fuori ma soffici all’interno e che si possono riempire con pollo al curry e rucola  e si possono fare dolci con il cocco e il cioccolato bianco.

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L’atmosfera è qualcosa di eccezionale: vecchi capannoni risistemati con l’idea del “alla bell’e meglio” ma come solo i Berlinesi sanno fare, collegati tra loro da cortiletti con i tavoli e del verde, tanti graffiti e tantissima gente e allo stesso tempo la sensazione di essere gli unici ad aver scoperto un posto così. Che è come ti fa sentire Berlino un po’ ogni giorno.

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