Quei muri che ancora oggi dividono il mondo

Si calcola che, nel corso della storia, nel mondo siano stati costruiti quasi 10.000 chilometri di barriere. Che siano di acciaio, di cemento o filo spinato, i muri che separano i popoli aumentano, dimostrando di non essere più retaggio del passato, bensì qualcosa di preoccupante attualità. Le motivazioni in gioco sono molte, di carattere storico, economico, politico e culturale così come tante sono le contraddizioni che le accompagnano. Quello che siamo arrivati a definire mondo globalizzato infatti, alimenta sempre più tensioni che si materializzano in frontiere liberalizzate da un lato e in un ingente flusso di finanziamenti, energie e tecnologie per rafforzarle dall’altro. Paradossalmente dunque, quello stesso processo di globalizzazione che avrebbe dovuto abbattere le barriere, ne sta innalzando di nuove. Dopo l’abbattimento dell’ultimo grande muro, quello di Berlino, pensavamo che difficilmente l’umanità ne avrebbe realizzati degli altri eppure troppo spesso dimentichiamo che fin dall’antichità il fatto di innalzare muri ha sempre rappresentato per l’uomo un’attività naturale, quasi istintiva. Una barriera però, che sia per difendere la propria casa, una città o addirittura uno Stato, crea inevitabilmente una netta divisione tra coloro che stanno di qua e coloro che si trovano di là da questa.

muri-nel-mondo-mappa-da-www_giornalettismo_comQuello che dovremmo chiederci oggi è perché proprio in questi anni si torni a parlare di muri e confini da proteggere, in altre parole da chi o da cosa sentiamo il bisogno di difenderci? Negli ultimi tempi questo desiderio di protezione, alimentato dall’idea sempre più diffusa di un dentro sicuro e un fuori pericoloso, sta subendo una vera e propria radicalizzazione a livello di governi ed amministrazioni. L’aumento dei flussi migratori, inoltre, descritti come veri e propri esodi biblici, contribuiscono a rendere gli equilibri globali molto precari. L’ultimo rapporto pubblicato dall’OCSE, l’International Migration Outlook 2016, mostra come dal 2013 le migrazioni permanenti abbiano ripreso consistenza fino al 2015, anno in cui si è raggiunto un nuovo apice con spostamenti di quasi 5 milioni di persone verso i paesi dell’OCSE. Le richieste di asilo nel 2015 hanno raggiunto a loro volta una cifra record: 1.65 milioni, raddoppiate rispetto al 2014. A livello mondiale, le situazioni di crisi si moltiplicano ma fin troppo spesso gli Stati che si trovano ad accogliere risultano privi di politiche adatte e gli strumenti internazionali esistenti sono pochi rispetto alle reali necessità. Ciò che colpisce però è che, se da un lato le politiche si rivelano inefficaci e richiedono tempi decisionali lunghissimi, dall’altro la velocità con cui si erigono muri e barriere è straordinaria, così come la diffidenza e la xenofobia che inevitabilmente li accompagnano. Quella dei muri odierni, inoltre, non è altro che una funzione puramente teatrale, una sorta di immagine rassicurante all’interno di un mondo in cui vengono costantemente meno contenimento e sicurezza.east-side-gallery-muro-di-berlino Nessun muro risolve in realtà il problema, nessuno blocca i traffici illegali di persone e carichi di droga, nessuno risolve i conflitti, ma la popolazione che si sente minacciata li chiede e li invoca a gran voce. Nonostante siano estremamente dispendiosi, i muri continuano a crescere «diventando più lunghi e complessi, accomunati da un’unica importante caratteristica, quella di essere politici, di fare autorità, di controllare, creare limiti, escludere e vietare», come afferma lo storico Claude Quétel nel saggio Muri-un’altra storia fatta dagli uomini. Secondo Quétel, i tanti esempi di muri politici, quelli di esclusione, avranno un radioso futuro e in un certo senso, quello di Berlino è stato solo l’albero che ha nascosto la foresta. L’Europa soprattutto sembra avere di nuovo paura e la politica di chiusura che sta adottando ultimamente la fa tornare indietro di quasi un secolo, ritrasformandola in una fortezza che passa dal costruire barriere per proteggere i confini esterni, ad erigerle oggi perfino tra gli Stati membri. fortezza_europa_migranti_dettaglio_820Mentre negli anni Ottanta il desiderio di abbattere le divisioni era più forte di qualsiasi muro, a partire dagli anni Novanta questa tendenza ha sùbito un vero e proprio arresto, tanto che oggi, in Europa, la corsa alla costruzione di barriere è più frenetica che mai. Ad aprile, ad esempio, l’Austria ha annunciato di volerne costruire una al confine con l’Italia lungo il Brennero, mentre, all’inizio di settembre, l’Inghilterra ha affermato di essere pronta a spendere 1.9 milioni di sterline per finanziare una nuova barriera in territorio francese, lungo l’autostrada che arriva al porto di Calais. Anche l’Ungheria non è da meno: oltre al muro di filo spinato costruito nel 2015 al confine con la Serbia, nello stesso anno l’Ungheria ha completato la realizzazione di una barriera di 41 chilometri ai confini con la Croazia (il primo muro costruito tra due Paesi già membri dell’Unione Europea), annunciando la propria volontà di costruire un nuovo muro anti-migranti ai confini con la Slovenia. 14313_a31504L’intolleranza dilagante è sotto gli occhi di tutti anche da noi, se si pensa che solo alla fine di ottobre a Goro, un piccolo comune di 4.000 abitanti in provincia di Ferrara, un centinaio di abitanti hanno eretto delle barricate improvvisate fatte da bancali in legno per impedire il passaggio di un pullman con a bordo dodici donne richiedenti asilo, dirette presso l’ostello cittadino di proprietà della provincia, dove sarebbero dovute rimanere fino al febbraio 2017. A detta delle persone coinvolte, quella in atto era un’invasione che loro avevano il dovere di arrestare perché purtroppo, quando si ha paura, perfino dodici donne bisognose di un tetto sopra la testa diventano una minaccia. I muri, uno dei principali strumenti del controllo, coagulano razzismo e xenofobia, barricando la nazione contro un fuori che è sempre oscuro e pericoloso ma distogliendo l’attenzione dalla confusione che spesso nasce lì dove la divisione sorge. E il caso emblematico di Gorino dimostra come, il più delle volte, i muri più pericolosi non siano quelli in cemento, bensì quelli eretti dall’ignoranza.

Le foto sono state prese da: Ansa, Limes online, The Guardian, PeaceLink, www.viviberlino.it

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