Rivivere un anno della nostra vita: torna «Una Mamma per Amica»

L’America del Nord sitcomizzata e noi colonizzati dalle loro soap-opera magistrali quando si tratta di parlarci della nostra vita, faendoci anche un po’ sognare, confortandoci e spesso dandoci anche qualche modello di comportamento o frase ad effetto da sfoderare quando ci mancano i mezzi. Soprattutto, un apparato emotivo: affettivo-rassicurante per l’ambientazione (più o meno familiare) o di eccitazione per l’azione (più o meno criminale) o di divertimento o di rappresentazione generazionale (ad ogni età un club di amici o di amori), che sia attraverso flash-back o proiezioni future, è il nostro presente che anticipano o accompagnano e così ci trasportano con sé entrando a far parte della nostra di famiglia, dei nostri di ricordi, della nostra sfera di intrattenimento. A volte ci aiutano persino a imparare lingue straniere, perché ci appassioniamo talmente tanto da voler sentire e riconoscere le voci originali dei nostri attori preferiti che ormai, dal nostro inconscio, sono riconosciuti come punti di riferimento reali (cardinali). Sit-com o serie televisiva, spesso, sono sinonimi di ‘casa’.casa

Poi ammettiamolo,  capita a tutti un momento depressivo nella vita: giornate che scorrono e in cui si cerca compagnia quando le possibilità di organizzarsi in modo più libero sono limitate come durante l’infanzia, i pomeriggi post scuola nell’adolescenza, anni universitari non troppo esaltanti, un lavoro domestico, la quiete del pensionamento, o altre prospettive di una ridotta libertà – temporanea o regolare – che sia: proprio in quel momento la presenza di una storia ci solleva, ancor più se si tratta di persone ‘come noi’ o che ci raccontano qualcosa che appartiene anche a noi. Situazioni vissute da qualcuno, qualcuno a cui ci sembra di assomigliare o a cui vorremmo identificarci, mentre noi siamo lì, spettatori, e valutiamo ogni circostanza dall’esterno, partecipando e, al contempo, dipendendo dall’imprevedibilità del copione, proprio come nella vita, anche se confidiamo che la conclusione del primo non ci deluda mai e riscatti sempre le speranze che nutriamo sulla seconda.

a-year-in-a-lifeEcco che, probabilmente, ognuno di noi (almeno delle generazioni ‘telefono-televisione’: direi che per l’Italia parliamo delle generazioni anni ’70-80-90 e inizio Duemila) ha alle spalle un albero genealogico di primi approcci con le grandi saghe del piccolo schermo, magari una nonna che videoregistra la puntata di General Hospital per quelle uniche due ore di quell’unico pomeriggio dell’anno in cui deve uscire per andare a fare la fila dal dottore (dopo aver passato la mattinata ad attendere gli episodi di qualche altra soap, sud americana stavolta – e nonostante ogni impedimento, ha persino imparato le istruzioni tecnologiche per garantirsi la puntata, al ritorno); oppure genitori critici nei confronti della tv (considerata come sfascia-famiglie perché ciascuno ha la propria in camera propria per guardare il proprio programma o cambiare canale a proprio piacimento, anche se capiterà che da una stanza all’altra, ad un certo punto, rimbombi l’eco delle stesse voci che tradiscono la comune curiosità per qualche momento di pathos) che non perdono una puntata di Dallas anche se passa dopo mezzanotte. E poi, tocca a noi, perché anche noi prima o poi diventeremo il target-età di destinazione e a quel punto non avremo più scampo; bando anche alla più remota possibilità di appellarci al nostro senso critico o educativo perché saremo troppo presi dalla frenesia di abbonarci a Netflix o intenti a cercare compulsivamente una puntata da recuperare in streaming dopo aver ripristinato la moda del lettore dvd nei casi di emergenza e dopo aver esaurito tutte le altre strategie ossessive e compulsive: tra le quali, ad esempio, aver comprato e collezionato tutti i cofanetti delle stagioni di ‘Una mamma per amica’ pubblicati da Tv Sorrisi e Canzoni e magari averli guardati tutti di fila, una maratona di sette stagioni, a mali estremi: sul micro-schermo di un mini-lettore dvd portatile che possa ben adattarsi a lente a contatto…

Non è possibile escludere nessun tipo di regressione dal novero delle necessità pratiche che si diventa disposti a sacrificare pur di vedere, finire di vedere, rivedere, ri-rivedere un episodio della sit-com a cui si è fedeli.

Personalmente sono stata fidelizzata ‘senza possibilità di ritorno’ da ‘Una mamma per amica’ che so a memoria -anche in tedesco – e che in Italia è passato anche in chiaro diventando un appuntamento serale o pomeridiano (e in replica estiva) immancabile per me. Ed ecco che il mondo si ferma di nuovo perché le ragazze Gilmore tornano stasera (25.11.2016) su Netflix, ma c’è di più: questo revival è firmato da Amy Scherman Palladino, l’ideatrice originaria che aveva lasciato le redini della sceneggiatura (nolente) proprio per l’ultima stagione, benché la storia abbia tenuto comunque conto delle sue linee guida, così da non stravolge le nostre aspettative. Periodo di grande congiunzione astrale per il cast che, all’unisono, si ritroverà sul set con gioia, ma anche dietro le quinte, perché Palladino, come ogni creatrice, sapeva sin dall’inizio come questa storia ‘doveva andare a finire’ e, fortunatamente, ha avuto modo di scrivere le ‘quattro parole’ che chiudono una delle serie più coinvolgenti e anticonformiste di questi ultimi dieci anni.gazebo

Considerata ad appannaggio di un pubblico femminile in maggiore misura, la serie di ‘Una mamma per amica’ mette in scena una famiglia non tradizionale nell’immaginario culturale considerato come ‘convenzionale’, e tuttavia si tratta di una situazione vissuta da tanti: una mamma e una figlia, entrambe molto giovani, si trovano ad affrontare la vita insieme, in una piccola cittadina americana Stars Hollow dal grande gazebo nel piccolo centro storico. Una dimensione provinciale aperta ai grandi ideali universitari dell’Ivy League, rapporti difficili con i parenti e relazioni di amicizia molto forti. Una situazione non semplice e non lineare in un momento di conquista: della crescita, della realizzazione professionale, sentimentale durante una fase di formazione in senso letterale ma anche in senso esistenziale.

Insomma, la vita come è, con le sue ‘imperfezioni’ perfette, con i suoi dubbi, le difficoltà, ma anche forza d’animo, tenacia, vivacità come risorse che affondano in un tesoro insostituibile l’amore e il rispetto tra madre e figlia che avanzano insieme, come se non si potesse veramente evolvere gli uni senza gli altri, anche quando tante cose sembrano farci soffrire, c’è un movimento interno a tutto quello che viviamo che va affrontato ed è possibile farlo solo quando ci si incoraggia e ci sostiene oltre ogni incomprensione.

Non so quali saranno le quattro parole finali che chiuderanno questi ultimissimi quattro episodi (da un’ora e mezza ciascuno) e che sono un ciclo intero: primavera, estate, autunno, inverno – come sempre con musiche strumentali originali e l’insostituibile LaLaSong per i LaLa moments (quelli magici o di trasformazione), ma so cosa una madre e una figlia potrebbero dirsi quando non ci sono barriere alla loro fedeltà e unicità: non ci lasceremo mai. Si parla di casa, di fiducia, di sicurezza, di solidità, di indistruttibile, di complicità, di amicizia come alleanza.

La felicità, quella vera.

Wanting you the way i do
I only want to be with you
And i would go to the ends of the earth
Cause, darling, to me that’s you’re worth

Where you lead, I will follow
Anywhere that you tell me to
If you need, you need me to be with you
I will follow where you lead

If you’re out on the road
Feeling lonely, and so cold
All you have to do is call my name
And I’ll be there on the next train

Where you lead, I will follow you
Anywhere that you tell me to
If you need, you need me to be with you
I will follow where you lead

I always wanted a real home with flowers on the windows
But if you want to live in New York City, honey,you know i will
I never thought i could get satisfaction from just one [man] MUM
But if anyone can keep me happy,you’re the one who can

And Where you lead, I will follow
Anywhere that you tell me to
If you need, you need me to be with you
I will follow where you lead

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.