Scoprire gli strati: del perché dovreste proprio guardare il progetto di StyleLikeU (con qualche esempio)

Vivere a Londra ti rende self-aware (che è tipo “cosciente di te stesso” in italiano, ma il fatto che in inglese ci sia prima il self della coscienza mi fa pensare che tu una mattina ti svegli e dici “toh, io! ah già” e poi va tutto bene) in un modo parecchio strano. È una città di moda − soprattutto in senso commerciale, e non te ne puoi dimenticare nemmeno sottoterra: anche i corridoi della metro sono tappezzati di modelle, di corsi di fitness, di pubblicità di cosmetici. Però la gente che ti passa accanto, più o meno frettolosa, è fortunatamente in maggioranza rispetto ai cartelloni della pubblicità: e vedi una varietà di donne che ti fa sentire molto a tuo agio, perché non assomigli a nessuna − e nessuna di loro somiglia a quella seduta accanto.

Elisa e Lily sono mamma e figlia e sono il duo dietro StyleLikeU. Sono diventate parecchio famose grazie alla serieelisa-and-lily What’s Underneath − “cosa c’è sotto”, letteralmente. Si tratta di brevi video interviste (10-15 minuti di media) a persone dallo stile forte ed eloquente − perché lasciano  che parli per loro (in inglese si usa statement, che infatti vuol dire anche affermazione o dichiarazione). Si tratta per lo più di modelle e stilisti, ma anche persone con un lavoro che le porta a essere in contatto con il pubblico e per il quale devono presentarsi in un certo modo: cantanti, personale sanitario o poetesse, per esempio. Il modo di vestire diventa un biglietto da visita, una (rap)presentazione di se stessi − ma cosa c’è sotto? Chi e dov’è la persona che li indossa? Con una serie di domande sul loro trascorso e di riflessioni generali, Elisa e Lily invitano i  loro ospiti a togliersi un capo alla fine di ogni risposta, fino a rimanere in intimo. È un processo di svelamento, inteso come scoperta e perdita di strati.
Nel 2009, Lily ha 19 anni ed è convinta che per avere stile sia necessario dimagrire, sempre e costantemente; allo stesso tempo Elisa, che è una fashion stylist, dopo aver cresciuto due figli decide di tornare a lavorare nell’industria della moda, ma il compito di uno stylist è improvvisamente cambiato, passando dalla creatività al conformismo, al produrre qualcosa per rispondere a un’esigenza di mercato − e si rende conto che, in un certo senso, a lei spetterebbe il compito di far sentire la figlia perennemente inadeguata. Così nasce l’idea di un progetto che riesca a  «spread self-acceptance through style» − il tuo modo di vestire va bene: perché sei tu.

C’è da dire che i titoli di alcune interviste sono molto clickbait − ma sono riuscite  a intervistare alcune persone piuttosto eccezionali (nel doppio senso della parola) per il mondo della moda, come Melanie Gaydos, Jillian Mercado o Shaun Ross. Ne ho scelte altre, però, da riportare qui oggi, principalmente perché hanno avuto un profondo effetto su di me, per il modo diverso in cui mi hanno posto di fronte a certe cose della vita e per come mi sono sembrate vicinissime in altre.

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Domino Kirke (che è una doula e la sorella di) | Mother Supreme

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«Tutta la mia famiglia è piena di donne narcisiste. Perfino mia nonna, quando viaggia, ha un’intera valigia solo per le sue scarpe. Sono tutti davvero self-aware. E crescendo ne sono sempre stata molto spaventata. […] Ero ossessionata dall’essere a mio agio − e onesta.  Mia madre era una dress designer e lavorava in agenzie di moda ed ero cosciente di cosa volesse, cosa volesse da se stessa. […] Penso di non aver capito cosa potesse farmi sentir bene finché non ho avuto un bambino […] perché ho dovuto ricostruire tutto il sistema con cui mi percepivo e giudicavo. […] Con alcune donne è difficile, vedi tante situazioni irrisolte che sai esploderanno quando saranno madri − perché è successo così con me. Ma quando lavori devi lasciarti fuori dalla porta. Devi solo esserci per loro e con loro, sempre. […] Quando vedo qualcuno il cui dentro corrisponde al fuori penso “Ne ho bisogno!” perché sono cresciuta con così tanti segreti… Quindi quando vedo qualcuno che pow [gesto dell’esplosione] penso “Sì!”» Puoi dirci quando ti senti più vulnerabile? «Proprio adesso! Voglio dire, poter parlare così apertamente… E comunque sentirsi a proprio agio.»

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Meredith Graves from Perfect Pussy (the band) | Punk Isn’t a Consumerist Item, It’s What’s Underneath

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«Abbiamo fatto un concerto a Dallas, Texas, la settimana scorsa. Ci sto ancora pensando. Quando siamo arrivati, abbiamo scoperto che qualcuno aveva disegnato un manifesto estremamente esplicito − ne siamo rimasti davvero scontenti. Quindi quando il concerto è finito ho detto “Ehi, di solito non ci fermiamo dopo il set, ma è davvero un problema il fatto che le donne non vengano prese seriamente nel mondo del punk”. E il Dallas’ Observer ha pubblicato l’articolo di questo ragazzo che dice “Ho visto questa band, la leader è femminista, ma è davvero davvero difficile prenderla seriamente per via del suo aspetto: aveva una maglietta a righe, ha i capelli biondi, aveva degli shorts davvero un-punk”. Non so perché questo ragazzo abbia dovuto dedicare un paragrafo alla mia politica e tre al mio aspetto − che, secondo lui, mina la mia autenticità, perché ho un’aria normale.»

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Tallulah Willis (che ho scoperto essere la figlia di Demi Moore e che soffre di dismorfofobia, diagnosticata quando aveva tredici anni) | Leaving the Tabloid Bullies in the Dust

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«Ho fatto un sacco di fatica in quel periodo con le “mie cose”: non avevo nessun talento, non sapevo disegnare, non sapevo suonare nessuno strumento, non sapevo cantare − ero molto invidiosa delle altre persone. La mia migliore amica era un’artista e la vedevo disegnare e c’ho provato ma non funzionava allo stesso modo per me, e dicevo “Ok, amo la musica, amo l’arte, ma non riesco a creare queste cose − non ho niente. […] [Parlando della scrittura creativa] Che fossi brava o meno, provavo sollievo a starmene lì seduta a lasciarmi andare. […] Mi ha sempre ispirato questa me stessa del futuro che immagino nella mia testa: per anni ho pensato di non potermici neanche avvicinare, e ora invece ci sono a tanto così […] e non avrei mai immaginato di poterla davvero vedere, ed è pazzesco quando ti piaci − e trovi che questo abbia un valore.»

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Jacky O’Shaughnessy | American’s Apparel’s 62-Year-Old Supermodel

jacky

«Stavo con un uomo da sei anni, vivevamo a Los Angeles, eravamo entrambi molto impegnati quindi non uscivamo così spesso. Ha cinque anni in meno di me − credo che all’epoca ne avesse 52. Un giorno gli propongo di uscire a cena, dice di no, glielo richiedo un paio di volte, nel tempo, e lui alla fine mi risponde “Sei troppo vecchia, non voglio essere visto con te in pubblico”. […] Riuscire ad amarsi − è stata una cosa davvero difficile da fare. Richiede intenzione e pratica. È dura. […] Un giorno mi sono detta “Quando comincerai a sentirti okay? Hai speso quasi cinquant’anni cercando di essere abbastanza magra” e un giorno alla fine ho detto “Oggi. Puoi essere okay oggi”.» Quand’è stato? «Quando Marcia mi ha passato l’ultimo intimo da provare [durante il primo shoot con American’s Apparel]. Tutto quel tempo perso dietro a quelle cazzate… è stato abbastanza. Basta. […] [quelle cazzate] sono solo marketing. È tutto quello che sono: marketing.» Perché nel tuo corpo è il posto giusto dove stare? «Non lo è! Voglio dire, se potessi cambiare un po’ di cose, lo farei. Ma, per la prima volta, mi dico che va(do) bene anche così.»

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Naomi Shimada | A Sparkling Force of Curvy Goodness

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«Per quanto mi vesta d’impatto, la mia faccia ammorbidisce sempre tutto − rido tutto il tempo! […] [Sulla fine di una storia] Ma ci abbiamo investito così tanto, andiamo così d’accordo! E a volte non è abbastanza. È stata presa di comune accordo [la decisione di lasciarsi], ma tu continui ad avercela con te stessa perché da donna sei abituata a dire “No no, possiamo risolverlo, allora come lo risolviamo, punto a punto b punto c punto d”. […] Ho sempre avuto la sensazione che il viaggiare sia venduto alle donne solo in modo superficiale, tutto riguarda il “come sarà il tuo bikini body tra due settimane”, “cosa dovresti comprare per prepararti a viaggiare”. Quasi tutti i programmi di viaggio sono fatti da uomini − viaggiare da sola, da donna, è diverso. La gentilezza che viene dagli sconosciuti quando stai viaggiando è qualcosa di diverso da tutto quello che ho mai provato − c’è qualcosa di così naturale e bello al riguardo. […] Io viaggio per mangiare, in sostanza. [ride]» Qual è la parte che preferisci del tuo corpo? «Penso di dover dire la bocca, le labbra… Tutto quello che mi piace nella vita riguarda questa parte.» Quando ti senti più bella? «Anche quando cucino − sai, quando hai preso quel ritmo, e non stai pensando a nient’altro, e hai quel kitchen glow

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