Shakespeare: tropismi teatrali

Che si tratti di commedia o di tragedia, uno degli elementi dominanti del teatro shakespeariano è sicuramente la natura. Boschi, foreste e isole mitologiche fanno da sfondo alla sua vasta produzione. Non si tratta, però, solo di semplici scenografie: la natura partecipa e agisce sulle vicende dei personaggi, influenzandone lo sviluppo.

Il rapporto tra natura e personaggio acquista all’interno dell’opera shakespeariana una connotazione tutta particolare: non si tratta di una natura-matrigna né tantoméno di quella forza positiva che guida e aiuta i personaggi. Quello che Shakespeare ci presenta è, al contrario, un universo in cui è la divinità e l’uomo stesso a farsi demiurgo e a plasmare a suo piacimento le forze che lo circondano.
Ma è davvero possibile riuscire a piegare la potenza della Natura? O al contrario, al temine di tutto sarà la natura stessa a condurre secondo il proprio volere il destino dei personaggi?
Per comprendere questo e ciò che di più profondo si nasconde dietro le opere dell’autore elisabettiano prendiamo in considerazione due tra i suoi molteplici lavori: Sogno di una notte di mezza estate e La tempesta.

Fin dal titolo Sogno di una notte di mezza estate l’opera si presenta come qualcosa di più di una semplice commedia creata per allietare le nozze di due nobili del tempo. Viene subito a galla una possibile interpretazione psicanalitica che tanto ha riscosso successo nel panorama novecentesco della rilettura di Shakespeare. Gli eventi si svolgono nel corso della notte prima delle nozze tra Teseo e Ippolita e cosa rappresenta questa ambientazione se non il momento in cui, attraverso il sogno, le pulsioni più profonde del nostro inconscio vengono a galla? Al calare della notte tutto sembra capovolgersi e ciò che durante il giorno è proibito e severamente punito diventa lecito. Non viene mai fornita una descrizione precisa e dettagliata degli elementi naturali che circondano i personaggi, ma in tutta l’opera la presenza di forze magiche legate e scaturite dalla natura è preponderante: si insinua ed è silenziosamente partecipe dei gesti e delle scelte dei personaggi.

A dare il via alla serie di equivoci che sono il nodo centrale della storia è il volere del capriccioso re delle fate Oberon che conduce la sua lotta contro la regina Titania e che si serve, per mettere in atto il suo piano, del liquido di un bellissimo fiore chiamato amore senza pensieri. Sembra allora che la natura non sia più quella forza misteriosa e divina che conferisce ordine e guida il destino degli uomini, ma, al contrario, uno dei tanti strumenti di cui le sue stesse creature si servono per farsi lotta tra loro. sognoIl susseguirsi degli eventi ci mostra, però, una verità ben diversa: il tentativo di Oberon di utilizzare il liquido del magico fiore si rivela un fiasco e l’unico risultato che ottiene è quello di gettare in una oscura confusione tutti i personaggi. Shakespeare, dunque, mette in scena, probabilmente senza averne coscienza, il dramma dell’uomo che impotente cerca di dominare la natura e di assoggettarla alla sua volontà, ma ciò che ottiene è solo lo sprofondare del mondo che lo circonda in una situazione di confusione.

Io non ho altro da dire se non che questa lanterna è la luna, io sono l’uomo nella luna, questo fascio di rovi è il mio fascio di rovi, e questo cane è il mio cane.
(Sogno di una notte di mezza estate)

Significativo che la commedia si chiuda e si risolva con lo spuntare delle prime luci dell’alba: l’alternarsi di giorno-notte e del gioco oscurità-luce diventa il simbolo di quell’opposizione tra la dimensione umana dominata dal caos e quella naturale in cui l’ordine regna sovrano.

Il dramma del rapporto uomo-natura appare con forza maggiore nella tragedia La tempesta come la scelta del titolo stesso ci fa comprendere. Ad essere evocato e posto al servizio dell’uomo è uno dei quattro elementi fondamentali della natura: l’acqua che diventa mezzo per realizzare la propria vendetta.
Anche qui l’ambientazione è quella di un’isola sperduta di cui non si conosce il nome, né la posizione né gli elementi che la compongono e le creature che la popolano. Ancora una volta quindi ritorna l’idea di una natura come sfondo, come cornice che contiene i personaggi e circonda gli eventi. Ancora una volta, però, non è così. Al contrario, proprio la mancanza di una descrizione precisa è congeniale all’intento di conferire alla Natura un’aura di mistero ed opacità, di renderla quella forza silenziosa e sconosciuta che può tracciare il destino dell’uomo.

Non devi avere paura.
L’isola è piena di rumori,
Suoni e dolci arie
Che danno piacere e non fanno male.
A volte sento
Mille strumenti vibrare
E mormorarmi alle orecchie.
(La tempesta)

Prospero, duca legittimo di Milano, naufraga su un’isola sconosciuta con la bellissima figlia Miranda a seguito di un complotto messo in atto dal fratello per impossessarsi del ducato. Per vendicarsi decide di invocare a sua volta una tempesta per causare il naufragio sulla stessa isola del fratello traditore, il re di Milano, suo figlio e alcuni servitori in viaggio con loro. tempestaAnche in questo caso, però, lo svolgersi degli eventi prende una piega differente da quella a cui il personaggio demiurgo ambisce. La tempesta permette l’incontro tra Ferdinando, figlio del re di Milano, e la bella Miranda rendendo impossibile la vendetta tanto agognata e conducendo, al contrario, il finale della storia verso un lieto fine.
Anche qui, come in Sogno di una notte di mezza estate, Prospero indossa, o almeno cerca di indossare, le vesti del creatore: vuole sostituirsi alla natura. Qual è, però, il risultato di tanto osare? Ancora una volta l’amore, la più forte e naturale delle passioni ne esce vincitrice e permette di ristabilire quell’ordine iniziale che l’uomo con la sua presunzione ha finito per distruggere.

Deve essere la Natura a produrre,
Senza fatica o sudore.
Tradimenti, ribellioni,
Spade, picche, coltelli, armi da fuoco
E ogni specie di macchine:
Tutti aboliti.
(La tempesta)

Se è, dunque, opportuno parlare di natura nelle opere di Shakespeare, altrettanto lo è sottolineare come questa acquisti un valore tutto particolare. Presentata ad una lettura più superficiale e secondo il significato letterale del termine come insieme di fenomeni ed elementi che fungono da ambientazione alle storie messe in scena, questa concezione deve poi aprire un varco verso un’interpretazione più profonda. La natura è sì, declassata a strumento di cui l’uomo si serve per i propri scopi, ma al tempo stesso è presente come forza che guida le vicende e come tale la troviamo sotto le spoglie dell’amore: quel sentimento che più di tutti è forza inconscia che spinge e governa dal profondo le nostre azioni. L’uomo ha, dunque, solo l’impressione di poter piegare questa forza a proprio piacimento, ma si troverà alla fine a dover ammettere che l’unica in grado di dar vita e di stabilire l’ordine delle cose è quella natura stessa che lui ha cercato di domare.

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