Trump e l'”Energy Independence”

Ieri, 28 marzo, Trump ha firmato un ordine esecutivo per promuovere l’indipendenza energetica e la crescita economica, l’Energy Independence, che potete trovare sul sito della White House qui. Tropismi con Beatrice Ruggieri aveva già affrontato con timore — fondato purtroppo — la costante negazione da parte di Trump dell’esistenza del surriscaldamento globale (COP22 – Un’altra occasione persa).

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Miner comeback!

Con tale ordine si annullano le politiche sugli impatti climatici dei suoi predecessori, inclusi il National Environmental Policy Act, la Social Cost of Carbon calculation, il Clean Air Act, regolamenti sul metano, gestione del carbone a livello federale e altro ancora. L’ordine esecutivo presidenziale cancella in particolare tutto ciò che era stato sancito dal Clean Power Plan di Barack Obama. Il piano del precedessore di Trump prevedeva la progressiva riduzione delle emissioni di CO2 nei diversi stati americani, da oggi invece vengono tagliati i finanziamenti destinati alle politiche ambientali e rimesse in discussione le regole in materia di produzione di petrolio, gas e carbone. Il principale scopo di Donald Trump è quello di dare nuovo slancio alle trivellazioni e all’estrazione del carbone, uno degli argomenti più importanti della sua campagna elettorale, nonché alla libertà economica. Spera così, almeno a parole, di dare innumerevoli quanto inquantificati posti di lavoro ponendo fine alle “war on coal” e “job-killing regulations“.

A livello economico sembrerebbe che gli stati americani che potrebbero beneficiarne maggiormente potrebbero essere Kentucky, Illinois e Indiana, dove la produzione di carbone è aumentata del 50% rispetto a 10 anni fa. Le miniere del Kentucky orientale però sono state chiuse e migliaia di persone hanno perso il lavoro, a causa degli alti costi di produzione che hanno svantaggiato la zona. Pensare a una rinascita del carbone non sembra molto realistico. Vero è che il consumo di carbone americano è in aumento in Europa, dove a causa del prezzo del gas particolarmente caro. L’esportazione di carbone americano è quasi raddoppiata rispetto a sei anni fa e i maggiori consumatori sono Regno Unito, Olanda e Germania. L’UE ha cercato poi negli ultimissimi anni di attuare politiche comunitarie sull’efficienza energetica, l’Italia ha recepito le direttive da circa un anno e ha messo in ballo diversi milioni in finanziamenti per il risparmio energetico delle PMI italiane. Fuori dall’Europa per esempio Corea del Sud e Giappone potrebbero potenzialmente diventare dei grandi consumatori di carbone americano.

Ecco di seguito i punti fondamentali toccati dall’ordine esecutivo:

  • L’Environmental Protection Agency (EPA) è stata chiamata ad approntare una rivalutazione del Clean Power Plan (CPP) — considerato il primo standard sulle emissioni di carbonio americano per le esistenti centrali elettriche alimentate a carbone — e i New Source Performance Standards per le nuove centrali elettriche a carbone.
  • Viene revocata la moratoria sulle nuove locazioni di carbone nei territori federali.
  • Rescinde alcuni ordini esecutivi e memoranda dell’ex Presidente Barack Obama sul cambiamento climatico.
  • Revoca il Climate Action Plan di Obama insieme ad alcuni ordini di dipartimenti e agenzie per sospendere, revisionare o rescindere esistenti azioni messe in atto relative al Climate Action Plan.
  • Chiama a revisionare il Social Cost of Carbon (un’agenzia federale chiamata da Obama a valutare gli impatti climatici) e scioglie l’Interagency Working Group creato per il Social Cost of Greenhouse Gases.
  • Ordina una revisione di alcuni regolamenti relativi al dipartimento dell’oil & gas inclusi i ruoli relativi.

Addio agli accordi di Parigi del 2015 dunque: la riduzione delle emissioni inquinanti da parte delle centrali adottando delle misure era stato un passo fondamentale per gli impegni presi presi dagli Stati Uniti nel rispetto della comunità internazionale. Accordi in teoria ancora validi (gli USA entro il 2030 dovranno ridurre i livelli di emissioni di gas serra del 32 % rispetto a quelli attuali). L’Energy Independence sostanzialmente modifica l’agenda climatica degli States e lo fa in modo duro.

C’è chi però fiducioso crede che i singoli stati o molti di questi si opporranno fermamente all’ordine esecutivo e che gli incentivi fiscali federali di miliardi di dollari per finanziare il passaggio da fonti di energia responsabili dell’emissione di gas serra a fonti di energia pulita — come quella fotovoltaica o quella eolica e voluti dall’amministrazione Obama — continueranno per diversi anni (proprio in questi giorni il Clean Power Plan è al vaglio della corte d’appello federale del District of Columbia), dato che hanno il sostegno dei politici Repubblicani che al Congresso rappresentano stati produttori di energia eolica, come il Texas e l’Iowa. Sono 29 tra 46 gli stati americani che hanno adottato delle leggi per sostituire gran parte della loro produzione di elettricità da combustibili fossili con quella da fonti energetiche più pulite. Tra gli oppositori più strenui ci sono i governatori Jerry Brown della California e Andrew Cuomo di New York che vedono l’istanza trumpiana “profoundly misguided and shockingly ignores basic science“.

Dall’altra parte il presidente e CEO Chet Thompson dell’American Fuel & Petrochemical Manufacturers ha dichiarato: «We are pleased that the Trump Administration has followed through on one of its key campaign promises of regulatory reform. Today’s executive order is the first step in unwinding policies that have stifled the American energy and manufacturing sectors». Così come l’attuale presidente e CEO della U.S. Chamber of Commerce Thomas Donohue ha celabrato «America got good news today when President Trump took bold steps to make regulatory relief and energy security a top priority. American energy resources give us a competitive advantage in the global economy, and the president’s effort to capitalize on those resources is vital to stimulating economic growth».

Sembravano lontani gli anni dell’importanza dell’estrazione del carbone, era il 1750 circa quando iniziò la Rivoluzione industriale in Inghilterra. Siamo nel 2017, questa strada capitalistica dissennata contro i valori del rispetto dell’ambiente è in grado di minacciare la salute e la sicurezza non solo degli americani ma di tutti gli esseri viventi, con conseguenze irreparabili per il nostro pianeta. L’Energy Independence costituisce davvero un piano di distruzione climatica senza pari, ignorando la realtà e fondamenti scientifici.

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