Un gioco di luci e ombre: la pittura di Edward Hopper

Se anche a voi tocca una calda estate bolognese o se siete semplicemente di passaggio e avete voglia di un bel tuffo nell’arte, Palazzo Fava ha aperto le sue porte dal 25 marzo al 24 luglio ad una bellissima mostra dell’artista newyorkese Edward Hopper. Con una collezione di circa sessanta opere, dagli acquerelli parigini ai lavori che ritraggono i paesaggi degli anni ’50 e ’60, l’esposizione ripercorre tutte le tappe principali e fondanti della pittura dell’artista. Organizzata dall’ Arthemisia group, la quale da anni si occupa dell’allestimento di esposizioni temporanee e permanenti in tutta Italia, la mostra è stata curata anche dalla Fondazione Carisbo e Genus Bononiae, Musei della città insieme al Comune di Bologna e al Whitney Museum of American Art di New York.

Edward Hopper nasce il 2 luglio del 1882 a Nyack, piccola città dello Stato di New York, lungo il fiume Hudson, da una famiglia appartenente alla ricca borghesia cittadina. Fin da ragazzino, quando si reca al fiume per guardare le barche in transito e i cantieri in costruzione, dimostra un precoce e spiccato interesse per il disegno e l’ingegneria. Appoggiato dalla famiglia in questa sua passione per l’arte, viene indirizzato proprio da quest’ultima verso il campo dell’illustrazione pubblicitaria e nel 1899 si iscrive alla Correspondence School of Illustrating di New York. L’anno https://www.google.it/search?q=nude+crawling+into+bed&rlz=1C1JZAP_itIT700IT700&espv=2&biw=1366&bih=623&source=lnms&tbm=isch&sa=X&ved=0ahUKEwi7xvTL2uPNAhXLvRoKHZy5BdcQ_AUIBigB#imgrc=wRpRt8ISEXxCwM%3Asuccessivo, però, si sposta alla New York School of Art, più conosciuta e di maggiore prestigio. Tuttavia, l’interesse verso il campo dell’illustrazione occupa nella vita artistica del giovane Hopper un posto quasi marginale se paragonata al suo grande interesse verso la pittura, materia di cui inizia a frequentare numerosi corsi all’interno della nuova scuola. Tra i vari insegnanti sono molti i nomi illustri, ma colui che più di tutti lascerà il segno per la produzione futura del giovane artista è senza dubbio Robert Henri. Infatti, sarà proprio il realismo democratico di quest’ultimo a spinger Hopper a cercare nel quotidiano i motivi che avrebbero fatto da ispirazione alle proprie opere.

I lavori iniziali, realizzati nel corso dei primi anni del ‘900, si caratterizzano per uno stile dalle tonalità scure che riprendono i soggetti di grandi maestri come Rembrandt, ma sottoposti ad una rivisitazione in chiave moderna ispirata allo stile di Manet. Già in queste prime opere, inoltre, emerge quello che diventerà uno dei soggetti chiave hopperiani: il nudo femminile.

Il 1906 rappresenta un momento di svolta. Portati a termine gli studi alla New York School of Art, dopo un anno passato a lavorare come illustratore per la C.C. Philips & Company di New York, Hopper parte per un soggiorno a Parigi. Il grande cambiamento fu dovuto ad un nuovo approccio all’arte. Nessun corso, nessuna lezione, ma una https://www.google.it/search?q=le+pont+des+arts&espv=2&biw=1366&bih=623&site=webhp&source=lnms&tbm=isch&sa=X&ved=0ahUKEwidgNOA2-PNAhVHthoKHTfMDqUQ_AUIBigB#tbm=isch&q=le+pont+des+arts+hopper&imgrc=ixY0fXVytT5-JM%3Asperimentazione che potremmo definire “sul campo”. Visite ai musei, ai caffè parigini e pittura “en plein air” alla maniera degli Impressionisti, in questo consisteva il nuovo modo dell’arista di avvicinarsi ai soggetti da ritrarre. Le conseguenze appaiono perfettamente visibili nei lavori di questo periodo: vengono abbandonati i colori cupi della prima fase, la tavolozza diventa più chiara e matura l’interesse verso quello che sarà il punto centrale della sua arte il fenomeno della luce. E così che cambiano anche i soggetti ritratti, non più luoghi chiusi, ma elementi del paesaggio parigino come la Senna, il Louvre o le strade e i ponti che percorrevano la città, come dimostrano le opere Il Louvre e la Senna, Le Pont des Arts e Le Parc de Saint- Cloud, tavole che verranno esposte, al momento del rientro a New York, nella prima mostra a cui Hopper prenderà parte, organizzata all’Old Harmonie Club Building.

Il 1907 è l’anno in cui l’artista si dedica a svariati viaggi in Europa, si reca a Londra, Amsterdam, Berlino e poi nuovamente a Parigi. Tuttavia, il momento di rientrare nella sua patria è arrivato e Hopper rientra a New York arricchito da un bagaglio di esperienze e nuove conoscenze che lasceranno profonde tracce nella sua opera. Appena https://www.google.it/search?q=le+bistrot+hopper&espv=2&biw=1366&bih=623&site=webhp&source=lnms&tbm=isch&sa=X&ved=0ahUKEwjWscq32-PNAhVDOhQKHUWGBB0Q_AUIBigB#imgrc=AF6rBNSPV9YpAM%3Adue anni dopo, nel 1909, un altro viaggio a Parigi confermerà quei caratteri, ormai quasi definitivi, della sua pittura. Continua la predilezione per una tavolozza dai calori chiari e tenui, mentre si fa ancora più accentuato il contrasto tra luci e ombre. Le Bistrot e Summer Interior sono certamente due degli esempi migliori di questo cambiamento. E se il primo rimanda chiaramente ad un’altra opera, L’Assenzio di Degas, il secondo presenta un tema che presto l’artista svilupperà in maniera più profonda e puntuale: la figura solitaria in una stanza.

Il 1910 segna l’ultimo viaggio oltre l’Atlantico, l’ultimo a Parigi prima di tornare definitivamente in America. Il rientro produce in lui un vero e proprio sconvolgimento, quella che si trova davanti è una realtà che non ha nulla a che vedere con quella parigina ed europea in generale, una realtà all’insegna delle guerre e delle rivalità politiche in cui tutto si presenta, secondo le parole dello stesso Hopper, “rozzo e acerbo”.

Dal 1915 poi, grazie all’amico Martin Lewis, inizia a dedicarsi ad una nuova tecnica, quella dell’incisione ad acquaforte. Si tratta di una tecnica che permette la produzione di edizioni limitate e che si distacca molto dalla litografia, spesso utilizzata dall’artista. L’incisione, però, richiedeva la realizzazione in studio a discapito dell’osservazione diretta del soggetto. Sintomatica di questo cambiamento è l’opera Night Shadows del 1921. https://www.google.it/search?q=night+shadows+hopper&rlz=1C1JZAP_itIT700IT700&espv=2&biw=1366&bih=623&tbm=isch&imgil=pZkCtvn-vlvhiM%253A%253B--1T0HFDp7J_zM%253Bhttps%25253A%25252F%25252Fwww.youtube.com%25252Fwatch%25253Fv%2525253DThVPwUhVYSg&source=iu&pf=m&fir=pZkCtvn-vlvhiM%253A%252C--1T0HFDp7J_zM%252C_&usg=__oGNO6MRZIpv3CfRAHFyuQwUNTY0%3D&dpr=1&ved=0ahUKEwiX6-Ha2-PNAhWFxRQKHcDMDJYQyjcIJw&ei=KIh_V5e3EIWLU8CZs7AJ#imgrc=pZkCtvn-vlvhiM%3AL’inquadratura è obliqua e presa dall’alto, il taglio fotografico dell’immagine dà l’impressione a chi osserva l’opera di trovarsi al di là della macchina da presa. Il soggetto, un passante in una strada deserta, introduce il tema del rapporto tra l’uomo e la città. L’idea fondante è quella di rappresentare la realtà nei suoi aspetti più bui. Torna, così, la questione del rapporto luce-ombra con particolare attenzione alle ombre lunghe degli oggetti che vengono proiettate sul marciapiede. Osservando l’immagine si percepisce, senza dubbio, un’atmosfera impregnata di mistero e irrealtà. E proprio a tal proposito è inevitabile il collegamento con il cinema americano degli anni’30 e ’40. In particolare nell’opera Casa vicino alla ferrovia è palese il rimando al celebre film di Hitchcock La finestra sul cortile.

Nel 1924 viene celebrato il matrimonio con Jo, anche lei artista, la quale diventerà da questo momento in poi unica modella per Hopper. A partire da quest’anno, anche la produzione artistica subisce un cambiamento: si percepisce una maggiore razionalizzazione. Ma un altro cambiamento è alla porte. Nel 1930 Hopper si reca per la prima volta a South Trouro, a Cape Code. Qui l’autore riesce a prendere le distanze dalla frenetica New York e a dedicarsi nuovamente al paesaggio. Tuttavia, rimane costante la figura solitaria. Svariate opere di questo periodo come Stanza d’albergo o Donna al sole sono la prova di quanto questa tematica fosse cara all’artista.

I dipinti degli anni ’30 e ’40, invece, presentano un elemento che li accomuna tutti: c’è tra i soggetti e i colori vivaci utilizzati per ritrarli, un’evidente discrepanza, una sorta di stonatura. L’opera del 1939 Sera a Cape Code rappresenta https://www.google.it/search?q=sera+a+cape+cod&rlz=1C1JZAP_itIT700IT700&espv=2&biw=1366&bih=623&source=lnms&tbm=isch&sa=X&ved=0ahUKEwjTvIOP3OPNAhVBoRQKHZD8CYgQ_AUIBigB#imgrc=2K_KrchePuvltM%3Auna sorta di summa di quello che è il modus operandi dell’artista. Prima avviene l’osservazione attenta e puntuale dei soggetti da rappresentare e solo in seguito, dopo aver davvero compreso l’essenza di questi ultimi, si procede con la rielaborazione in studio, attraverso vari schizzi. Proprio Sera a Cape Code, ad esempio, non è la trasposizione di un elemento reale, ma l’insieme di impressioni di cose presenti nei dintorni del luogo.

L’immediato dopoguerra pone gli artisti del tempo ad un bivio: si tratta della contrapposizione tra astratto e figurativo. Così, da una parte ci sono coloro che muovono contro le tecniche e le forme artistiche della tradizione, mentre dall’altra troviamo quanti si schierano a difesa di quest’ultima, vista come unico mezzo di espressione artistica. La posizione di Hopper in questo quadro generale è quella di fautore di un nuovo Realismo fondato sull’idea che l’opera d’arte debba realizzare delle scene in cui il dato concreto assuma una dimensione astratta. Il metodo per fare ciò? L’uso di varie e differenti tecniche di straniamento che permettano alle singole opere di assumere significati e connotazioni differenti a seconda di chi le osserva.

Le ultime opere dell’artista sono quelle degli anni ’50 e ’60, contraddistinte dalla presenza della parola sole all’interno del titolo. E così che troviamo, Sole di mattina, Sole in un caffè, Una donna al sole.  In tutti i casi l’elemento costante è https://www.google.it/search?q=morning+sun+hopper&espv=2&biw=1366&bih=623&site=webhp&source=lnms&tbm=isch&sa=X&ved=0ahUKEwj-2NHm3ePNAhXHthQKHSGKAv4Q_AUIBigB#imgrc=xAlbS7aVG0YzkM%3Asempre l’intento di osservare, studiare e cercare di comprendere il fenomeno della luce. L’ultima opera che Hopper dipinge risale a due anni prima della sua morte. Si tratta di Due attori, realizzata nel 1967 e considerata un vero e proprio testamento artistico. Siamo a teatro e due attori che rappresentano rispettivamente Hopper e la moglie Jo, si inchinano per salutare gli spettatori. In questo modo l’artista saluta il proprio pubblico per l’ultima volta, ribadendo che la vita altro non è che una commedia, all’interno della quale ognuno di noi ha un proprio ruolo da interpretare.

Strutturata secondo un ordine cronologico che ripercorre le tappe della vita e dell’evoluzione dell’ideale pittorico dell’artista americano, la mostra riesce a riassumere e spiegare in modo chiaro e sintetico il pensiero e lo stile di Hopper anche a chi vi si approccia per la prima volta. Perciò, che conosciate questo incredibile pittore o meno, non pensateci su due volte e immergetevi anche voi in un mondo di luci e ombre che è un po’ il quotidiano di ognuno di noi.

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