Un Isaac Singer per l’infanzia

Enciclopedicamente potremmo sostenere che trattare di Isaac Bashevis Singer significa affrontare almeno tre profili, ossia la letteratura polacca, la letteratura americana e la letteratura in yiddish. E se aggiungessimo, insaspettatamente, l’infanzia?

Poco prima di ricevere il premio Nobel per la letteratura, nell’ottobre del 1978, Singer dichiarava lucidamente: «sono quasi l’ultimo scrittore yiddish».

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(foto di: Davidson – Magnum)

Figlio di un rabbino, Isaac Singer è nato in Polonia nel 1904. Quando il suo primo racconto è pubblicato a Varsavia, ha poco più di ventanni e un mestiere di traduttore per vivere. Rifugiato negli Stati Uniti nel 1935, ha trascinato il suo paese d’origine con sé, intrighi, tenerezza, pittoresco, tradizioni, nostalgia popolare, espiazione, il fantastico che salva e spaventa, spaventa ma forse salva. Questi sono i grigi folklorici che abitano la sua pittura della decadenza. Scrittore di una distinzione senza pari, Isaac Singer ha fondamentalmente tratto il suo universo letterario dalla cultura popolare, quindi dal carrefour di tradizioni legate alle particolarità della sua lingua madre, e della religione aperte sull’universalismo dei luoghi comuni a ogni cultura: la superstizione, l’interesse pragmatico per la bellezza e il denaro, la famiglia, la lotta contro il male, l’esistenza dell’irreparabile, l’ideale del bene sistematico. È in quest’ottica classica è immanente che gli elementi della fantasia dominano e appaiono tanto essenziali quanto pedagogici. L’intrusione del fantastico è l’infusione di forze demoniache o più in generale misteriche, legate alla Cabala e agli spiriti che interferiscono nel nostro destino: rivelano simbolicamente l’ombra dei personaggi, le loro frustrazioni, le loro ossessioni fino alla catarsi che ricompone un quadro spesso didascalico.

Durante la cerimonia svedese, Singer, attraverso il suo discorso non ha solo inteso attirare l’attenzione su una letteratura minoritaria che fa da eco a tante altre come quella islandese di Halldór Laxness o dell’israeliano Agnon, ma soprattutto ha reso omaggio in forma di addio a una lingua e una cultura – quelle yiddish – dolcemente in via d’eclissi. In questo senso, pur essendo autenticamente originale, Singer si collega alla dinastia dei grandi narratori di origine ebraica, per i quali il racconto è un fatto di passione e humour, una chiave di volta che è marcatamente riscontrabile in artisti dalla più disparata ispirazione e collocazione geografica, da Philip Roth a Woody Allen negli Stati Uniti, da Patrick Modiano a Lanzmann in Francia.

singerÈ a New York che Singer scrive due racconti per l’infanzia, o piuttosto due fiabe dal valore antropologico e etnico: The Fearsome Inn (1967) e Alone in the Wild Forest (1971). La grande affabulazione popolare intrisa di atavismo, di creature esoteriche, di conoscenze occulte. Ritroviamo in queste due preziose opere – che raccolgono la testimonianza di una tradizione antica, orale – il sigillo, lo ripeto, dell’universale e popolare: fate una prova rispolverando una fiaba che un anziano della vostra famiglia vi ha raccontato o tipica delle vostre zone natali, ad esempio quelle dialettali italiane di Carolina Coronedi Berti. L’evocazione nostalgica e idealizzata della vita bucolica, dell’amore, del rapporto e dei ruoli dell’uomo e della donna ritornano instancabilmente come necessità di equilibrio e possibile scioglimento di ogni maledizione.

Margot Zemach (scena di 'It could always be worse') - illustratrice dell'edizione americana di 'Alone in the Wild Forest'

Margot Zemach (scena di ‘It could always be worse’) – illustratrice dell’edizione americana di ‘Alone in the Wild Forest’

Se in alcune opere autobiografiche come Infanzia di Nathalie Sarraute o Il vino della solitudine di Irène Némirowsky risalta la lacerazione dello strappo (déchirure) nello sradicamento, Singer non ha fatto altro che portare con sé la reliquia sacra di un fagotto esperienziale ricavato dalla stoffa del drappo patrio, scrivere non solo rinnovando un genere, ma con l’intenzione precisa e costante di dedicare la sua memoria alla trascrizione di un mondo in via di estinzione. Uno scrittore e uno scriba, un ripetitore d’anima per consegnare al presente le influenze del passato. Un medium non solo di civiltà in altra civiltà, soprattutto archivista del passaggio dalla storia orale – ascoltata dalla voce di un assinger iicendente –  alla compilazione scritta come deposito per i posteri.

The Fearsome Inn La locanda della paura – è il racconto delle orchestrazioni malefiche di un mago e una strega: Lapitut discendente di Satana e Doboshova pronipote di Lilith Prima. Sposati e domiciliati in un bosco costellato di trappole, i due hanno catturato tre giovani bellissime per farne schiave, per di più sono in procinto di soggiogare tre ignari viandanti, è a quel punto che subiranno un rovescio di fortuna in virtù della competenza cabalistica di un ospite in particolare, il quale saprà smascherare i loro incantesimi.singer iii

In Alone in the Wild Forest – Da solo nella foresta selvaggia -, troviamo un uomo che desidera ciecamente un figlio maschio, perciò si rivolge al Santo Bal Shem, che lo avverte: potrà sua moglie aspettare un bambino, ma questo primogenito conoscerà una sorte piena di prove, un’esistenza difficile soprattutto in gioventù. Quando Joseph – nome scelto in onore del figlio di Jacob il patriarca – nacque la coppia morì pochi anni dopo, lasciandolo solo e senza risorse. JpegA seguito di incontri bizzarri, lavori faticosi per sopravvivere, viaggi, amuleti, contatti spirituali con un angelo custode e altre peregrinazioni, sarà nel regno di Maltuch che scoprirà di avere un debito karmico d’amore verso la principessa che potrebbe diventare la sposa del primo Ministro. La fatica del riscatto evolutivo sarà pragmaticamente rappresentata dagli ostacoli subiti a causa delle cospirazioni del perfido uomo di Stato pronto a tutto per diventare futuro re. Ma non solo, non mancheranno animali antropomorfi, o improvvise metamorfosi di uomini invasi, al contrario, da connotati zoomorfi, incubi, enigmi, terrore. Sarà lo stesso Singer ad affermare l’importanza dello spettrale e dell’ancestrale.

Amo scrivere delle storie di fantasmi e niente è meglio per descrivere una lingua che sta morendo. I fantasmi amano l’yiddish e, da quel che so tutti i fantasmi lo parlano.

Tendenze archetipe, inconscio onirico, epifanie catartiche, demoni domestici, «dibbouks», che ricordano che il giudaismo, come ogni altra religione, è ben lontano dall’essere un culto completamente razionale o coincidente alla sapienza dei rabbini e dei dottori teologi. Queste parabole dell’infanzia e dell’adolescenza raccolte da Singer sono l’allegoria delle credenze annidate nel patrimonio linguistico, di tutto questo connubio con il soprannaturale, dove gli illuminati esistono, ma altrettanto i deboli di spirito e spesso tra gli uni e gli altri c’è un abisso, come se fossero costituiti di due nature differenti, ma altrettanto spesso tra gli uni e gli altri il discrimine non è nient’altro che il percorso di trasformazione della coscienza. Nel bel mezzo della crisi si manifesta l’opportunità dello sforzo come volontà virtuosa nella prospettiva della prosperità e del benessere materiale e spirituale. Il tema natale si congiunge alla provvidenza e all’aria astrale secondo oracoli che sostengono l’azione.

Figlio mio, disse, sappi che tu sei una di quelle anime prese dalla nascita tra delle forze del Bene e del Male potenti in egual misura. Tuttavia, gli astri mostrano che conoscerai presto la buona sorte.

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Oltre all’epopea prosaica, si percepisce la potenza di una trascendenza invisibile che mettendo in scena la superstizione e la ‘miseria’ arriva all’affezione che riscatta gli istinti sotto una precisa luce: invero i diavoli e i folli per Singer salvano la realtà dall’estremismo mentale e logico, dalla freddezza che spesso appariva come una tentazione per il pensiero ebraico. Su questa scia, ad esempio, Singer ha rimproverato a Spinoza di aver disprezzato le emozioni umane, le più patetiche, senza le quali, secondo lo scrittore, «l’essere umano non sarebbe che un legume». Alzare gli occhi dai libri sacri per comprendere senza paura un mondo di espansione fatto di umana ironia e sensualità, di sogni e speranze. La saggezza va conquistata e non è incompatibile.

Un prosatore con in mente la cronaca del proprio patrimonio linguistico, consapevole della propria responsabilità.

A volte ho la sensazione che tutto il nostro popolo, i morti come i vivi, mi chiamino affinché io renda giustizia a delle vite e a delle morti eccezionali… Se l’yiddish e il folklore e i costumi yiddish sparissero, Hitler avrebbe vinto non solo fisicamente, ma anche spiritualmente. È vero che la storia umana non potrà mai essere detta completamente, ma la storia ebraica è destinata a non esserlo mai, perché ci sono troppe poche persone capaci di raccontarla.

Allora per avvicinarci a Singer, riavviciniamoci alla sua percezione delle sue radici, quelle che ha vissuto in patria: l’infanzia. Segmento temporale e spaziale radicale basilare-apicale. E è attraverso il discorso adulto per l’infazia che si è garantito quel paradiso perduto che tanto temeva non tornasse mai più. Non ci è dato evadere il dramma dell’incomprensibile e dell’incontrollabile, ma è possibile stare dalla parte del lieto fine.

——— Illustrazioni di Christian Jauffret per le edizioni in traduzione francese

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