Zona del silenzio – Il graphic novel sul caso Aldrovandi

Storia di quando in un mercatino di libri usati ho trovato il graphic novel Zona del silenzio, edito da Minimum fax, a un prezzo stracciato e di come certe letture possano fare male, così tanto male da doverne parlare.

 

Mentre passeggio sul lungomare di Anzio, incantata dalle barche attraccate e dalle onde del mare che si infrangono sulla banchina a riva, vedo un mercatino di libri usati. Spulciando fra vari libri, mi accorgo che c’è una sezione dedicata ai fumetti: ne trovo uno che non può non attirare la mia attenzione. È Zona del silenzio, di Checchino Antonini e Alessio Spataro, edito da Minimum fax. Affetta da bibliomania, non posso fare a meno di comprarlo. Lo leggo. È forte, questa lettura. Fa male. Ci rifletto per giorni. La storia la conoscevo già, il fatto di cronaca, impossibile non averne mai sentito parlare. Ma leggere la storia da un altro punto di vista, quello di chi ha partecipato alle manifestazioni per conoscere la verità su Aldro, fa riaffiorare il dolore. Allora mi dico che questa storia bisogna conoscerla.

Letture che fanno male. (Niente come la noia sa uccidere i cromosomi) #reading#casoaldrovandi#minimumfax#graphicnovel

Una foto pubblicata da Cristina Catanese (Crostino) (@crostino05) in data:

Undici anni fa moriva Federico Aldrovandi. No, undici anni fa hanno ammazzato Federico Aldrovandi. All’alba del 25 settembre 2005, Federico viene trovato morto e solo.

Federico Aldrovandi torna da un sabato notte in discoteca, trascorso con gli amici a Bologna, si fa lasciare nei pressi del parchetto dell’ippodromo di Ferrara. Una dopo l’altra piombano sul posto due volanti, chiamate alle 5.55. Alle 6.15 gli operatori dell’ambulanza lo trovano morto, faccia in giù, ammanettato ai polsi dietro la schiena.

Inizialmente si parla di morte per overdose, addirittura il 12 novembre del 2006, la superperizia esclude la droga e si dice che la causa sia stata lo stress. Ma il 15 marzo 2006 i quattro agenti che fermarono Federico, Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri, vengono iscritti nel registro degli indagati per omicidio preterintenzionale. Il 26 luglio 2006 «dai verbali delle telefonate tra agenti e questura spuntano frasi inquietanti L’abbiamo bastonato di brutto per mezz’ora». Il 29 maggio 2007 «dalla cassaforte della questura spunta un brogliaccio del 113, risalente a quella notte con delle cancellature sospette. È il prologo di un’inchiesta bis sui depistaggi. Nel corso del processo si scoprirà che era stata dimenticata anche la foto del cuore spezzato di Federico».

Il graphic novel è stato terminato e pubblicato a giugno 2009, prima della sentenza che è avvenuta il 6 luglio 2009: i quattro poliziotti vengono condannati in primo grado a tre anni e sei mesi di reclusione per eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi. Anche se, nessuno dei quattro, grazie all’indulto, sconterà la propria pena. E, allora, facendo un salto di qualche anno, il 21 giugno 2012 la corte di cassazione rende definitiva la condanna a tre anni e sei mesi di reclusione.

Il caso di Federico, questa «storia di ordinaria violenza italiana» raggiunge le testate nazionali e le trasmissioni televisive qualche mese dopo grazie alla madre, Patrizia Moretti, che apre un blog il 27 dicembre del 2005 perché vuole conoscere la verità, vuole sapere chi ha ucciso suo figlio.

Indymedia, Radio Onda d’Urto di Brescia e il quotidiano Liberazione scoprono il caso Aldrovandi. Il giornale di Rifondazione esce con la notizia in prima pagina. E, con effetto domino, la stampa nazionale deve accorgersi della storia. La polizia corregge la versione ufficiale: il ragazzo non s’è accasciato ma avrebbe aggredito gli uomini delle volanti. «Volevamo aiutare Federico», giura il questore. Prime interrogazioni parlamentari. Arriverà Amnesty International. Il blog è il più cliccato sul portale Kataweb.

Il protagonista della storia non è solo Aldro, ma anche il giornalista di Liberazione che scopre la notizia di Federico i primi di gennaio del 2006, dopo l’apertura del blog di Patrizia Moretti. La tenacia del giornalista contagia i colleghi che lo supportano: il giornalista parte per Ferrara per incontrare i genitori e gli amici di Federico e raccontarne la sua storia. All’interno del fumetto, però, non si parla solo di Federico e per Federico. Si ha, infatti, anche un focus sulla vita privata del giornalista che scopre di essere diventato padre. Non ha la certezza, ma quasi. Il giornalista percepisce, dunque, la difficoltà di essere genitore e la paura e l’assetata voglia di verità da parte dei genitori di Federico che, il 14 gennaio 2006, vengono invitati alla trasmissione di Maurizio Costanzo, il quale «si fa paladino della versione ufficiale bistrattando la mamma invitata in studio».

I disegni presenti all’interno del graphic novel sono di Alessio Spataro: l’idea originale di questo fumetto in bianco e nero è certamente quella di avere deciso di rappresentare tutti i personaggi in versione animalesca. Il soggetto è raccontato da Chechino Antonini. Inoltre la prefazione curata da Girolamo De Michele e la cronologia alla fine della storia aiutano a fare collegamenti e colmare i vuoti tra un passaggio e l’altro della storia.

Quando si arriva alla fine, si rimane spiazzati. Soprattutto, conoscendo l’esito imbarazzante della sentenza. Ma la lettura conferisce anche la voglia di fare qualcosa, qualcosa come hanno fatto i familiari e gli amici di Federico e tutta la città di Ferrara che ha difeso il suo onore a spada tratta.

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È possibile fare qualcosa per Federico? Certo. Da qualche anno è nata l’Associazione Federico Aldrovandi, evoluzione del Comitato Verità per Aldro: l’associazione organizza molte iniziative, è possibile divenire soci ordinari o sostenitori o fare una donazione.

Come ogni anno, si terrà a Ferrara un concerto per ricordare Federico, quello di quest’anno sarà il 24 settembre.

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