Se i bambini leggono solo libri per maschi

I libri per bambini che hanno per protagonista un maschio vendono più di quelli che hanno per protagonista una femmina. Me l’ha detto, tra lo sconforto e la rassegnazione, la scrittrice di alcuni splendidi libri illustrati a cui è stato espressamente chiesto di scrivere di maschi, ma non – per favore – di femmine. Che non significa non scrivere di principesse, Barbie, streghe, fate e così via: significa proprio evitare di porre al centro di una storia una femmina, cioè un personaggio di sesso femminile.  Il motivo, mi ha spiegato, è semplice: le storie di animali o di maschi sono lette da tutti, comprese le bambine, mentre le storie sulle femmine solo dalle bambine. Questo determina una massiccia produzione di storie su maschietti, o su animali neutri,  e al contrario una costante marginalità di storie con personaggi femminili. Il paradosso, almeno in Italia, è che nell’85%  dei casi i libri per bambini sono scritti da una donna. La mia amica rientra in questa percentuale.

bambini-leggere-87760823La scoperta mi ha lasciato l’amaro in bocca e una specie di senso di spossatezza addosso. Non è possibile, mi dicevo mentre tornavo a casa, che l’immaginario comune di riferimento sia costituito per due terzi da modelli maschili. Non è possibile che le bambine debbano cercare col sondino una storia che, oltre a essere bella, parli di loro. Non è possibile nemmeno che le imprese culturali del nostro Paese rafforzino, anziché contrastare, questo sistema così sproporzionato. Eppure, mentre pensavo che tutte queste cose non fossero possibili, mi rendevo conto che erano più che possibili: reali.

La colpa non è delle case editrici. Le case editrici sono aziende i cui investimenti sono finalizzati al guadagno. O sarebbero fondazioni, ci lavorerebbe dentro molta meno gente e pubblicherebbero molti meno libri. Le case editrici devono vendere quanti più libri possono, per ammortizzare i costi di produzione e per tenersi in piedi, perciò non immettono sul mercato libri che la metà dei bambini non comprerebbe – quella maschile – per ragioni pratiche ed economiche, certo non ideologiche.

La colpa non è nemmeno dei bambini (maschi). Nelle scuole il 40% di essi è inserito nella categoria dei “lettori riluttanti“, cioè nella categoria di quelli che si annoiano a leggere e un po’ soffrono, se li si costringe a farlo, perché vorrebbero essere altrove a fare qualcosa di più divertente. D’altra parte, le scienze cognitive hanno ormai ampiamente dimostrato che i bambini hanno bisogno di maggiori stimoli, rispetto alle bambine, per proseguire nella lettura. Un maggiore coinvolgimento emotivo e intellettuale, tanto per cominciare.  Testi avventurosi, ben strutturati, che li incoraggino a voltare pagina e a rimanere concentrati, oppure testi informativi che diano loro il sapore della scoperta continua. Testi in cui possano, insieme, immedesimarsi e sognare, introiettando un’idea positiva di se stessi, del mondo, delle possibilità nel mondo. E testi che diano potere a chi li legge, fosse anche solo quello di dire a un adulto, o a un altro bambino, “ma tu lo sai che…” – se è vero che sapere di più, per un bambino, vuol dire sentirsi migliore.

La colpa non è nemmeno tutta dello Stato. Perché lo Stato risponde alle esigenze dei cittadini e  che i bambini imparino a confrontarsi con modelli femminili, o che le bambine entrino in contatto con più modelli femminili, non è un’esigenza per nessuno. Del resto, viviamo nel paese in cui il direttore della più grande catena di libri italiana confessa candidamente di non leggere autrici, per rettificare puntualizza di leggere principalmente saggi filosofici (come se fosse un ambito precluso alle donne) e, mentre scoppia la polemica, una donna lo difende a spada tratta su una delle maggiori testate. Viviamo nel paese delle classifiche tutte blu, delle quote rosa, delle scrittrici dalla scarsissima visibilità. Ché non si dice mai, ma i libri scritti da donne sono meno letti, meno recensiti, meno discussi, meno studiati. Un dato che prescinde dalla qualità letteraria dei testi che hanno scritto, a meno che non si voglia sostenere – cosa che tacitamente si fa – che le donne non sanno scrivere.

E allora la colpa non è di nessuno. Non è dello Stato, dei bambini, delle case editrici.

bambini_lettura_scuolaAnche se la maggior parte dei libri che le bambine leggono non le rappresentano e anche se, come è emerso da uno studio pubblicato su Science, a soli sei anni le bambine pensano che i loro coetanei maschi siano più intelligenti e intuitivi di loro. Anche se i bambini non imparano a rapportarsi con modelli autonomi e positivi femminili e, da adulti, diventano uomini che non leggono autrici, le leggono poco, le leggono male e in ogni caso le trovano meno capaci, mentre non hanno ancora imparato a rapportarsi con le donne.

Non è colpa di nessuno, ci diciamo facendo spallucce, guardando altrove, sfogliando stancamente un altro libro illustrato su un pinguino o un guerriero. Ma sappiamo, in fondo, che la colpa è solo nostra.

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