The Game Unplugged: dibattiti ben circoscritti sul vasto mondo digitale

Nell’ottobre del 2018 è uscito per Einaudi uno strano saggio, The Game. L’autore è Alessandro Baricco, uno fin troppo famoso per dover riassumere qui la sua carriera. Di cosa parlava quel saggio? Dello stesso processo grazie al quale adesso state leggendo questo articolo su uno schermo, ossia la rivoluzione digitale e il suo impatto sulla società, il Game appunto. E com’era questo saggio? A mio parere ricco di pregi quanto di difetti. Aveva un approccio trasversale, a volo d’uccello, su tutta la faccenda. Aveva grandi ambizioni e idee interessanti, nonché un’ottima serie di metafore che ne hanno fatto la fortuna al pari, e forse più, dei concetti espressi: la postura uomo-tastiera-schermo come simbolo della nostra civiltà, le “verità veloci”, imperfette ma perfettibili, come paradigma di trasmissione delle informazioni, e soprattutto il “Game”, la ragione tecnologica e sociale derivata dai videogiochi e ora estesa all’intera vita. Mancavano però i riferimenti, non c’era una sola nota nell’intero libro, e il tutto era permeato da un ottimismo etereo, che in gran parte ignorava i pericoli e i problemi della trasformazione.

Sono molto contento quindi della decisione di Einaudi di realizzare un “sequel” al saggio di Baricco: The Game era troppo interessante, e anche troppo instabile, per essere lasciato da solo. Perciò festeggio l’uscita di The Game. Unplugged una raccolta di dodici saggi scritti da altrettanti giovani autori, già emersi nella maggior parte dei casi come interessanti voci della saggistica (Ventura, Lolli, Mattioli), su riviste online (Cuter, De Giuli, Coppo) o nell’accademia (Coin). Come scrivono i curatori della raccolta, Valentina Rivetti e Sebastiano Iannizzotto: «I dodici saggi di questo libro sono dei corti che, montati insieme, raccontano le nostre esistenze nel Game: cosa siamo e cosa stiamo diventando, come ce la stiamo giocando, come stiamo facendo i conti con gli angoli più bui del sistema». E, come un angolo, che si trova all’incrocio di due rette, questi saggi non parlano solo di digitale in senso stretto, ma lo considerano in rapporto ad altri argomenti: esemplari su questo i contributi di Marina Pierri sulle serie tv all’epoca di Netflix, di Davide Coppo sul rapporto natura-tecnologia e di Matteo De Giuli sulle intersezioni tra crisi climatica e internet:

«Internet e i cambiamenti climatici sono le due entità che definiscono la nostra epoca, e per alcuni versi si somigliano: eteree, si muovono su scala planetaria, hanno (o avranno) entrambe degli impatti enormi sul nostro modo di vivere e di pensare; la loro presenza è pervasiva ma difficile da afferrare fino in fondo.»

Da molti autori il Game viene esaminato anche nel suo rapporto con il sistema capitalistico, considerando le due forze come interdipendenti, o addirittura il primo come un prodotto del secondo. Su questo tema i contributi più significativi sono quelli di Francesca Coin sul legame tra economia, disagi psichici e vita online; Elisa Cuter sulla femminilizzazione del nostro immaginario e sul modo in cui il capitale favorisce e approfitta di questo processo; Valerio Mattioli sul legame tra Game e neoliberismo. Quest’ultimo in particolare, il più polemico, rintraccia un’ideologia violenta e prevaricatrice fin dagli albori dello sviluppo della Silicon Valley:

«In The Game di Alessandro Baricco le rivoluzioni informatiche degli ultimi vent’anni atterrano su un pianeta neutro, […] che pare sospeso in un vuoto cosmico depurato di qualsiasi sistema valoriale e/o ideologia. E invece era esattamente un’ideologia quella da cui muoveva la Silicon Valley già negli Anni Novanta […] Ed era per giunta un’ideologia che aspirava al rango di ontologia e paradigma esistenziale: se l’essere umano è una specie razionale naturalmente in competizione coi suoi simili, ne consegue che il terreno di tale competizione diventa l’esistenza stessa – compresi i suoi aspetti più intimi e privati»

La postfazione di Baricco è però la vera cartina al tornasole del libro: oltre a prendersi i (giusti) meriti delle definizioni iniziali, riconosce le migliorie apportate al suo disegno dai nuovi contributi. Polemizza però, implicitamente proprio con Mattioli, sull’interpretazione socio-economica del Game, a suo dire non sbagliata ma riduttiva della complessità del fenomeno. Il dibattito però resta sempre sano e le idee ne escono rafforzate, come dovrebbe sempre essere e come certi libri, anche al tempo del Game, ancora riescono a fare.

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