Le case dei miei scrittori – Intervista a Évelyne Bloch-Dano

In questo periodo più che mai la nostra casa è insieme rifugio e prigione. Abbiamo avuto modo di renderci conto di quanto il luogo in cui abitiamo sia importante e essenziale per il nostro benessere. Avere un giardino o non averlo, vivere soli o convivere con altre persone.

Essere costretti a stare in casa ci costringe anche a trovare modi alternativi per viaggiare. Le case dei miei scrittori, edito in Italia da add editore, ci offre proprio questo: viaggiare da casa per scoprire quei piccoli mondi che sono le case degli artisti. Una raccolta di biografie, scritte attraverso le descrizioni delle case di scrittori, e non solo, per comprendere il legame intimo che lega ognuno alla propria casa e agli oggetti e gli spazi che la compongono.

Allora grazie a Évelyne  Bloch-Dano per la sua disponibilità e soprattutto per aver scritto un libro che mi ha permesso di viaggiare con la testa, ma soprattutto con il cuore.

Potremmo definire “Le case dei miei scrittori” come un insieme di piccole biografie, scritte attraverso la descrizione delle case di scrittori e artisti differenti. Come è nata l’idea che ti ha portata a scrivere questo libro?

L’idea è partita dall’incontro con un’artista che lavorava al progetto di un museo dedicato a Colette, nella sua città natale in Borgogna. Seguendo il suo lavoro ho presentato un articolo che è stato pubblicato sul Magazine littéraire. Poi, mi hanno proposto una rubrica mensile nella loro rivista, rubrica che ho tenuto per quindici anni. L’idea era di dare uno sguardo personale sulle case degli scrittori.

Honoré de Balzac, Simon de Beauvoir, André Breton, Charles Dickens. Questi sono soltanto alcuni dei nomi degli scrittori e artisti di cui hai parlato nel tuo libro. Come hai scelto di quali artisti scrivere?

In alcuni casi si è trattato di autori che amo e di cui avevo già visitato le case, come Balzac o George Sand. In altri casi, non conoscevo le abitazioni e ero curiosa di scoprirle, come nel caso di Simone de Beauvoir, nella casa di famiglia a Uzerche. In altri casi ancora, si è trattato di una questione di attualità, come nel caso della mostra sul «Muro» di Breton al Museo di Arte Moderna. O ancora, di case che ho trovato nei luoghi che ho visitato per viaggi di piacere, come la fattoria di Karen Blien a Nairobi. Si tratta, in ogni caso, di autori che mi hanno sempre interessata, per una ragione o per un’altra.

Leggendo Le case dei miei scrittori ci si pone la domanda: in che modo ogni casa ha influenzato la vita dell’artista che l’ha abitata e quanto di ogni artista ritroviamo in essa? (Penso alla descrizione dell’abitazione di Hemingway, così differente dallo stile dello scrittore). Che cosa ne pensi? E per quanto riguarda te, qual è il ruolo della tua casa nel tuo processo di scrittura?

Mi sembra che una casa, necessariamente, abbia una certa importanza sull’artista che la abita. Uno scrittore lavora spesso nella sua abitazione, che sia quella dove ha passato l’infanzia, o quella che ha acquistato grazie al proprio lavoro, come Emile Zola. Non tutti sono attenti al decoro, che però è spesso un indizio del gusto dello scrittore, come la casa di Beckett in campagna, molto semplice. Per quanto riguarda Hemingway, l’arredamento era soprattutto un lavoro della moglie, Pauline Pfeiffer, che lavorava per Vogue. In ogni caso, la casa riflette il gusto e il lavoro dell’artista, con lo studio separato dalla casa principale, la piscina, la vicinanza al porto dal quale amava partire per mettersi in mare, la cucina con il piano di lavoro per la preparazione dei pesci che riportava dalla pesca. In questo periodo di reclusione forzata, ci rendiamo conto più che mai di quanto le nostre case contino per noi. Per me è fondamentale! Sono cresciuta in un piccolo appartamento a Parigi e ho sempre voluto una casa con un giardino. In casa mia mi sento bene, anche in questo periodo in cui ci è vietato di uscire.

Hai anche scritto La favolosa storia delle verdure che possiamo definire una biografia delle verdure. Cosa ti ha portata a scegliere proprio questo genere? Cosa ami della biografia?

La biografia corrisponde pienamente a ciò che sono in quanto scrittrice: raccontare la vita delle persone, le cose o i luoghi, come nel mio libro Giardini di carta che parla del modo in cui gli scrittori parlano dei propri giardini nelle loro opere, e di come li vivono. Amo quando la biografia si avvicina al romanzo attraverso la scrittura, ma resta rigorosa per quanto riguarda il processo di ricerca. Per me, c’è molto da scoprire nella vita delle persone, molto più di quanto potrei inventare.

Hai già pensato al tuo prossimo libro e al soggetto con cui sorprenderai i tuoi lettori?

Sì. Il mio prossimo libro è già scritto, ma non so quando verrà pubblicato, data la situazione attuale. Sarà sulla musica e su Vienna, e soprattutto su una donna poco conosciuta, ma che io adoro!

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