“Il mare è rotondo”: il romanzo balcanico di Elvis Malaj

Una storia incredibile, da divorare per l’ironia esplosiva e l’eleganza prosaica. Una scrittura tessuta da tasselli a mo’ di racconti. Il primo romanzo di Elvis Malaj, uscito il 26 Maggio per Rizzoli, Il mare è rotondo narra la storia del protagonista Ujkan che, ad eccezione di tutti gli altri che come lui hanno intenzione di lasciare l’Albania per raggiungere l’Italia, ritorna sempre al punto di partenza come se attraversasse un mare rotondo, in un’eterna mancata realizzazione.

«La storia di Ujkan e l’Italia si perdeva nella notte dei tempi, tanto che nemmeno se lo ricordava più perché aveva deciso di andarci. Lo scopo della sua vita era “andarci”, il perché era secondario. La prima volta che ci aveva provato aveva undici anni. Era il periodo dei profughi kosovari.» (1)

Elvis Malaj

Malaj è un autore di soli 30 anni di origini albanesi (a quindici anni si è trasferito ad Alessandria con la famiglia) che scrive in italiano e oggi vive a Padova. Iscritto alla facoltà di fisica, dopo due mesi si trasferisce a filosofia e dopo altri due mesi lascia definitivamente gli studi. Già si era fatto notare per la sua precedente raccolta di racconti finalista al Premio Strega 2018 Dal tuo terrazzo si vede casa mia. Addirittura lo scrittore ha raccontato che la scrittura del romanzo Il mare è rotondo è antecedente alla pubblicazione della raccolta dei racconti. La sua scrittura è mosaica, essenziale ed elegante ma riesce ad essere dura e grottesca. Così è che dipinge l’Albania patriarcale, persa dopo gli anni della dittatura, nella quale la figura del maschio viene decostruita. Il protagonista è completamente disorientato e in balia degli eventi che gli accadono, è figlio dei sogni e delle speranze alimentati dal sogno dell’occidente.

«Nel mucchio di ferro c’erano telai di bicicletta, rottami di vecchie automobili, un segmento di rotaia lungo un metro e altra ferraglia che non si capiva cosa fosse. Nulla comunque che avesse valore, era tutto in pessime condizioni, arrugginito. Ujkan si trovava davanti a un piccolo capannone che ai tempi del comunismo era stato deposito collettivo per prodotti agricoli, per poi essere riconvertito in stalla. I muri di pietra erano stati verniciati di bianco e una delle finestre era diventata la porta del pollaio. L’aria sapeva di erica e letame, che era ammucchiato su un rimorchio pronto per essere portato via. Ogni tanto qualche gallo saliva in cima allo sterco e si metteva a strillare.» (2)

Ujkan ha una meta ben definita: l’Italia sempre dietro lo sfondo. Peccato che sembri davvero irraggiungibile. Nella sua vita ha provato diverse volte a fuggire dal suo paese, ma per un motivo o per un altro il suo piano non è mai andato a buon fine tra depistaggi, giri a vuoto e false partenze. Questo protagonista è affetto da un autosabottaggio cronico. Il romanzo fin dall’inizio si apre con Ujkan che nel momento di scendere dal gommone che lo ha portato in Puglia chiede allo scafista di riportarlo indietro per poi pentirsene e avviare le pratiche per essere richiamato da un ristorante italiano mentre guadagna qualcosa facendo il benzinaio.

Nel tempo della narrazione stavolta ha un motivo vero che lo trattiene: Irena, ragazza di cui si è innamorato senza sapere come si ama e che sfortunatamente non vuole saperne niente di lui. Ujkan la insegue, la sogna, la cerca, lei minaccia di sparargli ma poi non spara mai. Irena è una ragazza che è più sfrontata, più esperta, più astuta, più schiva addirittura più inquieta di lui.

«Irena guardava il soffitto. Si era svegliata quando un cane si era messo ad abbaiare giù in strada e non era più riuscita a prendere sonno. Quando guardava il soffitto, Irena guardava oltre; vedeva se stessa, pensava a ciò che avrebbe fatto o non fatto, progettava i giorni. Quella mattina, però, nel soffitto non riusciva a vedere niente.» (3)

Malaj trascina il lettore in un gioco letterario spassoso e raffinato verso l’inatteso, scoppiettante finale. La storia albanese è fatta di piccole storie, come quella di Ujkan, e vanno raccontate. Malaj ha scritto un romanzo intimo, sull’inquietudine mai emersa di un giovane che non sa costruire il suo futuro o forse non vuole costruirlo, che ha una strada e tuttavia preferisce rimanere fermo, perdendosi nella notte dei tempi.

Malaj ha la maturità di partire dal basso, di scrivere cosa ti succede quando senti le viscere muoversi e questo movimento non è ancora consapevolezza. È un romanzo facile da leggere, pieno di energia, ironia, sogni, aspettative forse troppo alte, senso del ritorno. Malaj lascia che la storia e il suo protagonista vivano indipendentemente da lui, senza alcuna pretese di dirigerli sotto la propria direzione.

Note

(1) Elvis Malaj, Il mare è rotondo, Rizzoli, 2018, pag. 18

(2) Ivi, pag. 65

(2) Ivi, pag. 173

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