Non siamo in casa

di Michele Prencipe
illustrazione di Anna Oro

Dopo la morte della mamma, papà ha staccato la segreteria telefonica che aveva registrato lei e non ne abbiamo più parlato.

Trascorso qualche giorno è partito per un viaggio di lavoro. Non voleva lasciarmi da sola, ma gli ho detto che per me andava bene. Prima di uscire mi ha dato un bacio sulla fronte.Le sue labbra screpolate mi grattavano la pelle, ma ho fatto finta di niente. Sono rimasta sola, pronta per il rito che l’avrebbe riportata in vita.

Quando è scesa la sera ho acceso le candele nere disposte in circolo e mi sono inginocchiata nel centro: ho preso la bambola di pezza, il coltello e il barattolo dei ragni. Ho aperto il barattolo e mangiato i ragni. Li ho sentiti scendermi dentro e camminarmi nelle ginocchia. Mi sono procurata un taglio e ho asperso la bambola perché il corpo di mamma si bagnasse di sangue. Poi ho bruciato la bambola pronunciando la formula.

Mentre aspettavo mia mamma mi sono addormentata. Il mio corpo era pieno di croste. Sul ginocchio ne spuntavano tante, tutte allineate come radici di tuberi, e intorno potevo distinguere una linea di carne viva e rossa.
Ho sollevato una crosta. Nella carne ho visto il cielo stellato: lo guardavo con occhi senza palpebre. D’un tratto le stelle si sono spente, sono diventate sassi su un cielo di muro che mi si è chiuso addosso. Faticavo a respirare. Un po’ di terra mi è finita in un occhio: si è aperta una crepa, e poi un’altra. Un colpo e poi un altro. Un rintocco e un altro ancora. Uno squillo.

Ho aperto gli occhi: era mattina e il telefono stava squillando chissà da quando. Poi l’ho sentita, la mia mamma, che rispondeva in salotto con la sua voce pulita. Mi sono sentita liquida ed esausta. Mi sono rizzata e sono corsa in salotto con in volto un sorriso che era solo denti, con il respiro che scappava da ogni parte. Tremavo tutta e avevo le ossa sciolte. Il salotto era vuoto, la segreteria accesa, il messaggio, quello della mia mamma:
«Ci spiace, non siamo in casa».

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