Persone normali: Sally Rooney e un’impossibile normalità

Quando si decide di aprire un libro di Sally Rooney si accetta di mettere i piedi nell’acqua ghiacciata. Come quando, al mare, dopo ore di sole, arriva il momento di fare il bagno. L’acqua è fredda, freddissima: c’è chi decide di tuffarsi di botto per vincere l’impatto con la variazione termica e chi lo fa pian piano, un pezzo per volta, fino ad immergersi completamente. Ecco, con i libri della Rooney succede esattamente la stessa cosa: che si decida di farlo lentamente o di botto, comunque si fanno i conti con il cambio di temperatura dello stato d’animo. All’inizio è difficile, ma una volta dentro non vorresti mai uscirne.

Già con Parlarne tra amici questa giovane autrice irlandese, rivelazione del 2017, ci aveva costretto a fare i conti con il disagio di vivere, ma con Persone normali (Einaudi, 2019) ci travolge completamente, tirandoci dentro l’anima dei personaggi, facendoci bere a grandi sorsi il loro senso di inadeguatezza, che trasborda dalle pagine impedendoci di uscirne una volta chiuso il libro.

Persone normali non parla di una storia d’amore o almeno non solo.  La Rooney ha infatti questa abitudine di stregarci con le relazioni difficili, per trascinarci poi in tutt’altre questioni.

Ed anche qui non si accontenta di raccontare ancora una volta l’amore, adolescenziale prima, quello del passaggio alla vita adulta poi. A soli 29 anni, al suo secondo romanzo, è un’artista dell’espediente letterario e a chi si lascia trafiggere dalle sue storie appare chiaro di quanto la vera struttura sentimentale sia un’altra. 

Come si impara a stare al mondo? Come si impara a vivere senza essere travolti da questo senso di incapacità nel farlo?

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Con Persone normali lasciamo la Dublino brillante e artistica della Frances di Parlarne tra amici e ci tuffiamo nella provincia irlandese, nelle vite di Marianne e Connell, protagonisti di una storia che potrebbe quasi essere un cliché: lei proviene da una famiglia ricca, alle cui dipendenze lavora, come donna delle pulizie, la madre di lui. La classica storia d’amore impossibile, ma qui non si tratta di questioni di ceto sociale.

In un incipit che è una porta che si apre su un mondo, lei lo invita ad entrare nella villa e noi ancora non sappiamo che Marianne è la reietta del liceo, la stramba, bersaglio dello scherno e del bullismo dei suoi compagni di classe, gli amici di Connell.

Lui è popolare, il campione della squadra di football della scuola, l’oggetto del desiderio della reginetta del ballo.

Perché questi due adolescenti si trovino solo poche pagine dopo nel salotto di una villa di Carricklea a darsi un bacio sospeso tra desiderio e bisogno spasmodico di fuggire lo scopriamo velocemente. Sono due persone sole, due persone strane e si sono riconosciute.

Marianne non è bella, figlia di una madre fredda e assente, immobile, che permette che il figlio maggiore perpetui gli atteggiamenti violenti del padre sulla sorella.  Diventa quasi inevitabile che l’unico modo di rapportarsi agli uomini che Marianne conosca sia quello di sottomettersi pur di essere amata.

Voglio dire, non è che mi piaccia. Ma se ti sottometti  solo alle cose che ti piacciono non ti stai realmente sottomettendo.

Connell è figlio di una ragazza madre amorevole e presente, però non sfugge al senso di potere che capisce di avere su Marianne. All’inizio della storia tendiamo ad odiarlo per la cattiveria che usa nei suoi confronti, ma lo comprendiamo, fino quasi a perdonarlo, quando iniziamo a mettere i piedi anche nella sua di fragilità.

I capitoli hanno il titolo dei mesi che passano e ci trasferiamo a Dublino, dove tutto cambia: è Marianne ad essere popolare e Connell a fare fatica ad integrarsi. Eppure nulla è cambiato davvero: è qui però che Connell, lontano dal guscio della realtà di provincia, si rivela a noi simile a lei e l’autrice ci incastra dentro questo personaggio fino ad immobilizzarci con lui.

Eccomi qui, sul pavimento ha pensato. La vita è davvero tanto peggio qui che nel letto, o in qualche altro luogo completamente diverso? No, la vita è esattamente la stessa. La vita è quella cosa che ti porti nella testa.

Tutta la storia è governata dal misunderstanding, dall’impossibilità di comunicare veramente perché gelati dalla paura, dal senso glaciale dell’inadeguatezza. La Rooney usa il tempo presente per raccontarcela, il tempo verbale da cui non si può sfuggire, che incastona i protagonisti nella graniticità della condizione di vita: sei qui ora, devi vivere, devi sopravvivere e non puoi fuggire. La sua capacità narrativa è proprio questa: costringere i personaggi, e noi con loro, a stare lì, in quel momento, per quanto sia doloroso.

Ed è questo che ci fa comprendere perfettamente perché Marianne e Connell si nascondano nella loro storia, incastonandosi l’uno nell’altra, nel tentativo di sopravvivere:

Per un attimo sono rimasti lì in silenzio, lui con le braccia intorno a lei, a respirarle sull’orecchio. La maggior parte della gente, ha pensato Marianne, vive una vita intera senza mai sentirsi così vicina a qualcuno.

Eppure così come si attraggono, continuano a respingersi. Quando pensiamo che riusciranno  finalmente a respirare, uno dei due sbaglia, non comprende, fraintende, fugge: è il terrore di non essere all’altezza l’uno dell’altra, la costante paura di un passo falso che soffoca il coraggio di andare fino in fondo. Ed è questo però l’aggancio con cui l’autrice ci tiene coi piedi nel cemento della storia, a prendere coscienza, insieme ai suoi protagonisti, che quella normalità a cui tanto anelano potrebbe essere semplicemente accettarsi nella propria anormalità.

Impossibile non capitolare davanti all’autenticità di questi personaggi perché quanto ci è familiare questo continuo misunderstanding, quanto ci sembrano reali questi due protagonisti così simili, così profondamente legati, che non riescono a comunicare.

E quanto ci sembra naturale che l’unica via che trovano per farlo siano i loro corpi, la fisicità senza maschere, la carnalità che fa sentire liberi.

Con te non è come con gli altri.

Tu mi piaci più di chiunque altro.

Non è solo l’amore che li lega a farli sentire così, ma il fatto che questa sia l’unica via, un magnifico momento in cui sentirsi finalmente adatti e la Rooney ce lo mostra tenendoci in bilico tra due tinte differenti: Marianne e Connell dentro una stanza chiusa e Marianne e Connell nel mondo. Tutto cambia e questa variazione cromatica diventa quasi termica.

Perché un libro come Persone normali ci tocca tanto sulla pelle, fino a farci sollevare i peli delle braccia come una folata di vento gelido? Perché tutti almeno una volta nella vita ci siamo scontrati con il senso di inadeguatezza, tutti ci siamo sentiti inadatti, ma soprattutto tutti abbiamo anelato alla normalità cercando di nascondere la nostra anormalità.

Perché quando c’è lei devi sempre essere così strano? Lui ha aggrottato la fronte, sempre steso a occhi chiusi, la faccia rivolta al soffitto. Il mio modo di essere con lei è la mia personalità normale, ha detto. Forse è solo che sono una persona strana.

Questo è il fulcro della storia di Marianne e Connell: trovare il coraggio di rinunciare alla normalità, trovare il proprio posto nel mondo, fare pace con l’inadeguatezza alla vita.

Con Persone normali Sally Rooney si conferma la voce di una generazione e una delle autrici più interessanti del panorama letterario internazionale: aspettiamo con ansia il prossimo libro con cui ci lacererà il cuore.

Alessia Siciliano

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