Ada brucia: storia di un amore minuscolo – Il romanzo di esordio di Anja Trevisan

L’amore è giusto

Una mia collega lo scorso anno mi disse che l’amore deve essere una cosa semplice, se non lo è non è amore. 

Rino ha 24 anni e ama Ada – che per soli nove mesi è stata Beatrice – e dice che “se è giusto allora è amore”. 

Ma chi decide cosa è amore e cosa non lo è? Chi ha definito qual è il confine tra amore e dipendenza? 

Vorrei scrivere che Anja Trevisan con il suo romanzo d’esordio Ada Brucia fornisce una risposta a questa domanda. La verità è che, se possibile, Anjia rende ancora più indefiniti quei confini, già quasi inesistenti, che cercano di delimitare l’amore. 

La prima parte del romanzo Prima Ada racconta – come in ogni storia d’amore – il momento del primo incontro. Rino vede una manina sporgere dalla culla e questo per lui è già abbastanza. 

E se Ada Brucia racconta una storia terribile e unica, lo schema che l’amore di Rino segue è quello di ogni altro amore. Consapevole di essere diverso dagli altri, cosciente che il gesto che sta per compiere non può essere compreso, Rino cerca nei segni del caso la conferma per la sua scelta. Beatrice lo ha guardato, gli ha stretto forte il dito, si è protesa verso di lui come per farsi prendere in braccio. Tutti segnali che anche lei lo ama, che quello che sta per fare è giusto.

Il nonno di Rino sa che l’amore è giusto a prescindere. E una bambina – di quanti mesi? Sei, sette?  – la può amare, se gli capita di farlo. Di chi è la colpa? È malato, è pazzo? Sarà entrambe, chi se ne frega, ma l’ama. E allora torniamo al punto di prima: l’amore è giusto e allora è giusto che lei stia con lui.

Dentro e fuori: la realtà

Per convincere Ada a non uscire di casa Rino è costretto a raccontarle una storia. Fuori la terra brucia e Ada potrà uscire soltanto quando i suoi piedi saranno abbastanza grandi per entrare in scarpe come le sue. 

Dentro, invece, Ada è al sicuro. Lo sgabello, sul quale siede per osservare il mondo fuori dalla finestra, il divano verde dal quale guarda la tele, il loro letto, il bagno con la vasca bianca. Questo è il mondo di Ada. Dentro è dove Ada è cresciuta, dentro è la vita di Ada

Per tredici anni la loro casa è l’unica realtà che conosce, l’unica realtà che per lei esiste. La televisione, unico punto di contatto con il mondo fuori, è il simbolo della menzogna per eccellenza. Quante volte Bapo (Rino) le ha detto di non credere a tutto quello che vede in televisione? Ada non replica, è abituata a credere a tutto ciò che lui dice e a non porsi troppe domande. Bapu la ama e lei ama lui e questa è l’unica realtà che conta.

Ad un certo punto, però, qualcosa nell’equilibrio dentro la casa si rompe. Un giorno, Bapu è uscito per andare in paese e Ada è seduta sullo sgabello ormai troppo piccolo per le sue gambe, lo sguardo perso al di fuori della casa, vede arrivare Max. Per la prima volta dopo tredici anni Ada incontra lo sguardo di qualcun altro, per la prima volta non corre subito a nascondersi in cantina.

Da questo momento tutto cambia. Max va a trovarla ogni giorno e piano piano le fa capire che dentro è una bugia e che sì, fuori ci sono le persone cattive ma non tutte lo sono. Lui, ad esempio, lui è una persona buona e non le farebbe mai del male.

La vita di Ada è dentro. Max, Cecilia, Simone, Valeria e lo stesso Rino ne sono consapevoli. La fine del romanzo lo chiarisce in maniera ancora più forte. Sono passati anni, Ada è ormai trentenne e Rino è appena uscito di prigione e entrambi continuano ad amarsi, come hanno sempre fatto e come è giusto che sia, almeno per loro. Ma la loro casa presto verrà demolita e insieme a lei la possibilità che tutto torni com’era.

Perché la ama e Ada ama lui. Ma la verità è che la loro vita era là dentro, nella casa che ha venduto e che tra poco verrà distrutta, non qui fuori. Non in un appartamento in città in mezzo alla gente. Non in un mondo e in un tempo normale. Loro qui non ci sanno stare. Per vivere, per vivere bene e insieme, avevano bisogno di quell’universo che funzionava solo per loro, che lui aveva creato apposta per costruire gli ingranaggi della loro storia d’amore.

L’ossimoro del titolo

Ada brucia – storia di un amore minuscolo questo è il titolo completo del romanzo. L’amore tra Ada e Rino è minuscolo sì, minuscolo che la manina che Rino ha visto spuntare dalla culla e che gli ha fatto capire che Ada (Beatrice) doveva essere sua; minuscolo come Ada, che a un certo punto sembra non crescere più. I capelli neri e sottili hanno sempre la stessa lunghezza, le gambe magre vestono sempre pantaloni da uomo troppo grandi per lei. Tutto in Ada sembra essersi fermato al giorno in cui ha deciso di seguire Max.

Allo stesso tempo l’amore di Rino e Ada è enorme. Come la distanza che sembra separarli dal resto del paese e dell’Italia intera, come il tempo che scorre tra i simboli dell’orologio ogni volta che Rino esce di casa lasciandola sola, come gli anni che li separano e che per loro sembrano non contare nulla. L’amore di Rino e Ada è enorme e per questo non può essere compreso né accettato dagli altri. L’amore di Ada e Rino è così grande che l’unico posto in cui può sopravvivere, l’unica scatola che può contenerlo è l’insieme delle stanze dietro i tre scalini della veranda, le imposte sempre barrate e una porta di cui Ada non ha mai avuto la chiave.

Ada come Lolita?

È inevitabile leggendo Ada brucia non cogliere delle analogie con Lolita. Lo è già dalla copertina, che ricorda quella di una vecchia edizione del romanzo di Nabokov. Eppure, è altrettanto inevitabile non vedere le differenze che separano Lolita da Ada, Humbert da Rino.

La ninfetta di Nabokov è tutto fuorché ingenua e, pur essendo solo una bambina, è lei – e questo diventerà palese soprattutto alla fine del romanzo – a tenere il comando di quello che altro non è che un gioco di potere tra lei e il protagonista.

Lolita non ama Humbert e non lo ha mai amato. Ada, al contrario, ama Rino, continua a farlo e non conosce altro amore al di fuori di quello che prova per lui. Per Ada l’amore è Rino.

Così, se Lolita scappa senza ripensamenti, Ada non fugge. È convinta di poter tornare, ma ha bisogno, deve seguire Max. In lei non c’è traccia di malizia, non c’è intenzione di ferire.

Questa profonda differenza torna anche nel finale: Lolita non ha alcuna intenzione di tornare e quando Humbert la supplica di fuggire nuovamente con lei si dimostra irremovibile. Ada, invece, torna da Rino, pronta a riprendere da dove tutto si era fermato.

Ada Brucia e Lolita in apparenza raccontano storie simili; di abusi, di pedofilia, di diversità. In fondo, però, danno voce a due racconti completamente diversi. A fare la differenza è l’amore.

Lolita è un atto di confessione, Ada brucia è una favola, per quanto strano possa sembrare. Una favola in cui tutto viene capovolto e non è possibile distinguere i buoni dai cattivi; una favola in cui non è l’amore a vincere e per la quale non esiste il lieto fine.

Immagini: https://bit.ly/31LuETz, https://bit.ly/30Nu88k

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