Quando “La luna e i falò” diventa una graphic novel – l’adattamento di Marino Magliani e Marco D’Aponte

Che cos’è allora un paese per te?

Non lo so, ma so che un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via.

Sono nata in un paese che sorge su una collina e, un po’ come Pavese e un po’ come Anguilla, fin da ragazza il paesaggio fuori dalla mia finestra non mi sembrava abbastanza. Poi, un giorno, è successa una cosa strana: mi sono resa conto che ci sono momenti in l’unica cosa di cui sento il bisogno è proprio quel “non abbastanza”. Così ora, che sono lontana da ormai più di dieci anni, ogni volta che mi capita di tornare sulla “mia” collina mi prendo un attimo per osservare il paesaggio fuori dalla finestra con la consapevolezza di voler “soltanto vedere qualcosa che avevo già visto” perché, a guardarle una secondo – e anche una terza o quarta volta – le cose assumono tutto un altro valore.

Il 4 febbraio è arrivato in libreria l’adattamento in graphic novel di La luna e i falò, ultimo romanzo di Cesare Pavese. Come ogni volta che sento parlare di un adattamento di un grande romanzo mi ritrovo divisa tra due sentimenti contrastanti: la curiosità di leggerlo e il timore che non renda giustizia all’originale.

Questa volta conoscevo già la penna di Marino Magliani e il tratto di Marco D’Aponte per aver letto Quattro giorni, così come Tunué, e sapevo che non sarei rimasta delusa. Mi è bastato osservare la copertina per capire che avevo ragione.

Anguilla torna nel paese nel quale è cresciuto appena dopo la guerra. È partito che era una bastardo, un trovatello e ora torna dall’America che è diventato ricco e ha girato il mondo. Al suo rientro la collina dove ha trascorso l’infanzia è la stessa, ma anche profondamente diversa. Delle persone di un tempo non è rimasto nessuno, a eccezione dell’amico Nuto, e anche il paesaggio ha subito profondi cambiamenti. La guerra ha lasciato segni indelebili del suo passaggio sulle persone come sulla natura.

La misura delle stagioni

Adattare un romanzo come La luna e i falò al genere della graphic novel può risultare complesso per tanti motivi. Nel caso dell’opera di Pavese, il primo tra tutti è il tempo. Nel suo ultimo romanzo l’autore non segue un ordine cronologico per raccontare la storia, ma si serve di continui flashback per spostarsi avanti e indietro sulla linea temporale.

L’unità di misura del tempo di cui si serve però non sono i giorni, i mesi o gli anni: sono le stagioni.  

E tutti quei falò… che incendiavano la notte, e le stagioni…le stagioni che passavano voleva dire i giovanotti che la Irene e Silvia portavano alla Mora.

Il tempo de La luna e i falò è un tempo ciclico, che segue il turnare delle stagioni e dei lavori ad esse collegati. A questo si lega un’altra ciclicità, quella dell’alternarsi di lavoro e feste. Il legame tra Anguilla e la terra nella quale è nato, che però non è la “sua” terra, viene sottolineato da questa ciclicità. La sua vita segue l’alternarsi delle stagioni, i giovanotti che Irene e Silvia portano a casa, le feste in paese, le fasi della luna e i falò.

C’è però anche un altro tempo, più simile a quello che noi siamo soliti utilizzare. È il tempo lineare rappresentato dalla linea ferrata e dal tema, quasi ossessivo, del treno.

Comincia a spaventarmi. Il sole era già sotto, l’unico segno di civiltà era la ferrata e la fila dei pali. […] Poi venne il treno. L’avevo tanto aspettato. Quando tutto ritacque e tornò il buio, c’era quella fetta di luna che pareva una ferita di coltello e insanguinava la pianura e mi fece davvero spavento.

Uno sguardo a colori su ricordi in bianco e nero

Lo sguardo è ciò attorno a cui ruotano tutti i temi principali de La luna e i falò. Il ritorno passa prima dalla sguardo – in America Anguilla si ritrova a guardare un cielo coperto di stelle che comprende non essere le sue – così come il ricordo si compie attraverso lo sguardo.

In Stato di grazia Pavese dirà che “bisogna sapere che noi non vediamo mai le cose una prima volta, ma sempre la seconda. Allora le scopriamo e insieme le ricordiamo”.

Tutto l’ultimo romanzo di Pavese si costruisce sulla forza dello sguardo che diventa il legame più profondo tra passato, presente e futuro.

L’adattamento di Magliani e D’Aponte riesce a rendere magistralmente il complesso discorso dello sguardo, e lo fa intrecciando insieme – sia con la scrittura che con le immagini – tre punti di vista differenti: quello dell’Anguilla ragazzo, quello dell’Anguilla ormai uomo e quello di Pavese.

Il cambio di prospettiva viene affidato soprattutto alla forza dei colori. Vividi quelli danno corpo alla figura di Anguilla – ragazzo e poi adulto – così come a quelle di Nuto, Silvia, Irene e Cinto. Esplosioni di verde e rosso che colorano i paesaggi che fanno da sfondo alle vicende narrate – le colline, i vigneti, i campi ­­– e diventano sinonimo del passato, della storia inventata dalla penna dello scrittore.

In bianco e nero, invece, le parole e le figure del vero Nuto e di Pavese che intervengono per osservare e commentare la narrazione, come narratori onniscienti di una storia che hanno già vissuto.

La luna e i falò

Pavese ha riassunto il significato più profondo del suo ultimo romanzo nelle poche parole che ne compongono il titolo. La luna è il simbolo di quella ciclicità delle stagioni che governa la dimensione temporale del protagonista; i falò, invece, sono il simbolo e l’anticipazione della distruzione. Tutto il romanzo si fonda su un gioco di continui richiami e anticipazioni che il lettore sarà in grado di cogliere solo alla fine della narrazione – o addirittura a una seconda e più attenta rilettura – e che lo rende anche il lavoro più complesso e maturo dell’autore.

L’adattamento di Magliani e D’Aponte riesce a conciliare in maniera impeccabile le esigenze stilistiche di un genere come quello della graphic novel con quelle della narrazione di Pavese. La forza della storia di Anguilla passa in questo adattamento non più, e non soltanto, attraverso le parole ma anche e soprattutto attraverso la forza delle immagini e dei colori.

Le langhe con le loro colline, i campi e i vigneti ci appaiono davanti e ci accecano con i loro colori – tinte di verde brillante cariche di ricordi e speranze – così come la povertà, la sofferenza e la violenza risaltano sulla pagina, accese dal rosso del fuoco e della passione.

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